Le osservazioni critiche della Commissione europea su alcune scelte contenute nella manovra finanziaria del governo, in particolare riguardo ai contanti, ai pagamenti elettronici e alla cosiddetta rottamazione delle cartelle, non ne intaccano il giudizio complessivamente positivo, che Giorgia Meloni e l’intera maggioranza hanno rivendicato ieri per tutta la giornata, come prova della loro «credibilità» e solenne smentita delle profezie di bancarotta pronunciate dagli avversari.
Si ripete così un copione già visto molte volte con i populisti al governo. Prima fanno campagna contro l’Europa, tanto sulle questioni economiche quanto sull’immigrazione, lanciando proposte assurde e demagogiche (dalla flat tax al blocco navale, quando non parlano direttamente di uscita dall’euro o dall’Ue), e poi, chiamati dagli elettori alla prova dei fatti, pensano di cavarsela con il gioco delle tre carte.
Della manovra la Commissione ha infatti apprezzato soprattutto la prudenza sui saldi, che era quanto aveva raccomandato all’Italia. Si fosse trattato di un altro governo, per Fratelli d’Italia e Lega sarebbe stata senza dubbio l’ennesima prova di asservimento ai «diktat di Bruxelles». In questo caso, invece, è la prova della loro «credibilità». È semplice: quello degli altri è asservimento, la loro è credibilità. Però non parlano d’altro che dell’ipocrisia della sinistra.
Quanto ai rilievi critici, le osservazioni della Commissione si sono appuntate su «una disposizione che innalza il tetto per le transazioni in contanti da duemila a cinquemila euro; una misura equivalente a un condono che permette la cancellazione di debiti fiscali pregressi relativi al periodo 2000-2015 e non superiori a mille euro; e la possibilità di rifiutare i pagamenti elettronici di importo inferiore a sessanta euro senza essere sanzionati». Sulla questione del contante e dei pagamenti elettronici l’ipocrisia della destra ha raggiunto però un livello più alto del solito, che merita forse un approfondimento.
Con una mano, infatti, tagliano il reddito di cittadinanza o il bonus cultura sostenendo che al loro posto si debbano introdurre «misure mirate», perché non è giusto dare soldi anche a chi non ne ha bisogno, come la sinistra (se non fosse ipocrita) dovrebbe essere la prima a riconoscere. Con l’altra mano, però, fanno di tutto per scassare il mirino, rendendo più difficile la lotta all’evasione e al sommerso, e infinitamente più facile la vita agli evasori: quando incassano e quando spendono (e quando non pagano le multe).
In tal modo i contribuenti onesti, ammesso che ne sia ancora rimasto qualcuno, sono beffati due volte: la prima perché pagano a evasori spesso molto più ricchi di loro scuole, strade, ospedali e tutti gli altri servizi; la seconda perché li devono omaggiare pure delle «misure mirate» del governo, che finiranno dritte nelle loro tasche, sconosciute al fisco.
Ogni volta che un esponente di Fratelli d’Italia ripete che il problema dell’evasione sarebbe rappresentato dai grandi gruppi, dalle grandissime aziende, dalle mega multinazionali (magari pure straniere, così non si perde neanche il voto dell’amministratore delegato), non sta solo giustificando l’evasione di tutti gli altri – cioè il principale problema dell’Italia: l’evasione di massa, il lavoro nero e l’evasione fiscale come costume diffuso, come cultura condivisa – ma sta anche contraddicendo il principale argomento del governo contro reddito di cittadinanza, bonus cultura e ogni altra «misura a pioggia». Ed è un vero peccato, ma forse non è un caso, che di tutti gli argomenti da loro utilizzati fin qui fosse anche il più convincente.