À la carteL’Ue ha un problema con la democrazia partecipativa: i partecipanti

La Commissione lancia un nuovo esperimento, i Panel dei Cittadini europei. Ma chi ha preso parte alla Conferenza sul Futuro dell’Europa lamenta la mancanza di ambizione delle istituzioni

LaPresse

Un nuovo progetto di democrazia partecipativa è iniziato a Bruxelles. Dopo gli incontri della Conferenza sul Futuro dell’Europa, organizzata in cooperazione dalle tre istituzioni dell’Unione Europea, ora è la Commissione ad allestire il nuovo esperimento: i Panel dei Cittadini europei. Il primo incontro è avvenuto il 16 dicembre in uno dei palazzi dell’esecutivo comunitario a Bruxelles. 150 cittadini europei, spaesati ed entusiasti, hanno discusso il tema dello spreco alimentare. Come spiegano a Linkiesta fonti interne, la Commissione ha previsto per il momento tre Panel, ognuno dei quali si articolerà in tre incontri: due in presenza e uno online. Con una formula simile per certi versi a quella adottata per la Conferenza sul Futuro dell’Europa, dei cittadini comuni vengono invitati a partecipare a un dibattito che produrrà delle conclusioni scritte.

Anche in questo caso, le 150 persone vengono selezionate casualmente da una società esterna, che forma i Panel in modo bilanciato rispetto ai criteri di età, genere, nazionalità rappresentate, livello di educazione e status socioeconomico. I prescelti vengono raggiunti telefonicamente e invitati a partecipare all’evento, con spese di viaggio e soggiorno interamente a carico della Commissione.

Ogni Panel produrrà alla fine del ciclo di incontri una serie di «raccomandazioni», che la Commissione promette di tenere in considerazione per il suo lavoro legislativo. Ma se gli argomenti discussi dagli incontri della CoFoE erano stati in qualche modo suggeriti dai cittadini stessi, tramite una piattaforma digitale, in questo caso è la Commissione a scegliere di cosa si parla: spreco alimentare nel primo Panel, mobilità nel secondo e «mondi virtuali», tra cui il metaverso, nel terzo.

I tre argomenti, fanno sapere da Palazzo Berlaymont a Linkiesta, rientrano nel programma di lavoro della Commissione per il 2023, e in particolare fra le 35 iniziative che si allacciano alle proposte avanzate nel documento conclusivo della Conferenza sul Futuro dell’Europa

Le tematiche selezionate, scrive la Commissione, sono state scelte «sulla base della loro rilevanza per i cittadini»: una rilevanza stabilità però dalla Commissione stessa.

Le polemiche sulla Conferenza sul Futuro dell’Europa
L’istituzione di questi Panel di cittadini è stata rivendicata dalla commissaria alla Democrazia e alla demografia. Dubravka Šuica come uno dei risultati della Conferenza, visto che rappresenta l’adozione concreta di pratiche partecipative nei processi legislativi europei. L’altro, annunciato durante un evento di feedback della CoFoE tenutosi a Bruxelles all’inizio di dicembre, è l’inclusione nel programma 2023 dell’80% delle richieste formulate dai cittadini nella relazione finale, presentata formalmente alle istituzioni il 9 maggio scorso.

Ma i cittadini che quella relazione hanno contribuito a scriverla non sembrano molto soddisfatti. In una lettera rivolta a Palazzo Berlaymont criticano il fatto che delle loro 49 proposte, articolate in 325 misure specifiche, siano state scelte soltanto quelle più vicine alle sensibilità della Commissione.

«Uno sguardo più attento al programma del 2023 rivela che sono state semplicemente reintrodotte molte idee precedenti della Commissione, marchiandole come provenienti dalle proposte dei cittadini», si legge nella missiva di protesta, sottoscritta da un centinaio di cittadini che hanno preso parte alla Conferenza.

«Il programma attua una selezione delle nostre proposte, scegliendo quelle facili da realizzare. Le più ambiziose sono rimaste fuori, senza una chiara spiegazione. È esattamente ciò che temevamo». L’accusa di citizen washing si somma quindi a quella di cherry-picking: ignorare i suggerimenti più radicali, alcuni dei quali necessitano di modifiche strutturali alle regole comunitarie per essere trasformati in norme di legge.

Ad esempio, nella relazione conclusiva della CoFoE si propone di abolire il diritto di veto degli Stati membri, trasformando tutte le questioni decise all’unanimità in approvazioni a maggioranza qualificata, o di prevedere referendum europei «su questioni estremamente importanti».

I cittadini, quindi, non si sentono affatto rassicurati da come le istituzioni stanno dando seguito alla loro richieste e percepiscono piuttosto il loro ruolo come «un’elegante copertura per altri interessi politici». Una lettera simile è stata inviata anche al Consiglio dell’Ue, che perlomeno ha risposto: in sei pagine firmate dal ministro per gli Affari europei ceco Mikuláš Bek, si dettagliano i progressi fatti dai rappresentanti dei 27 Stati nell’implementare le proposte della CoFoE. 

Ma proprio il Consiglio, secondo una fonte comunitaria raggiunta da Linkiesta, ha lavorato per svuotare di significato il feedback event del 2 dicembre, in cui le istituzioni avrebbero dovuto spiegare lo stato di avanzamento delle varie proposte a un nutrito gruppo di cittadini invitati a Bruxelles. 

Nessuno è rimasto del tutto soddisfatto da questo evento, ha raccontato a Linkiesta Laura Maria Cinquini, una delle più agguerrite fra gli 80 rappresentanti dei cittadini della Conferenza. La delusione ha generato le due lettere di protesta e la promessa di continuare a monitorare il lavoro di Commissione e Consiglio, per «non sprecare l’opportunità unica di modellare un’Europa rinnovata e democratica». 

La partecipazione diretta dei cittadini alla democrazia europea è stata un vanto durante la Conferenza sul Futuro dell’Europa, ma a distanza di pochi mesi rischia seriamente di trasformarsi in un boomerang.

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