L’espressione “diritti umani” viene talvolta usata colloquialmente per designare in modo generico i principi di “giustizia” o i valori connessi alla “società buona”. Talvolta, il termine è usato come sinonimo di “democrazia”. A rigore, tuttavia, l’idea dei diritti umani non è sinonimo di tali valori, anche se presenta importanti affinità con essi. In senso proprio, essa afferma che ogni essere umano ha certi specifici “diritti” o legittime rivendicazioni nei confronti della società in cui vive.
La società deve rispettare e tutelare la vita dell’individuo, la sua integrità fisica e la sua proprietà, oltre a determinate libertà e immunità e ad altri diritti civili o politici. La società deve anche perseguire la soddisfazione dei bisogni fondamentali degli individui e la realizzazione di altri diritti economici e sociali. Le nazioni del mondo si sono formalmente impegnate al rispetto dei diritti umani con la Carta delle Nazioni Unite, e la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, adottata dall’Assemblea generale dell’Onu nel dicembre del 1948, presenta un catalogo autoritativo delle libertà, delle immunità e dei diritti riconosciuti come diritti umani nella seconda metà del xx secolo.
I diritti umani derivano da alcuni principi condivisi relativi ai diritti e alle obbligazioni morali tra gli individui; la società è tenuta a garantire che tali diritti siano rispettati e goduti effettivamente dai cittadini, e che siano inoltre rispettati e applicati dai governi e dai funzionari dello Stato. Il fatto che i diritti umani assurgano al rango di diritti significa che essi non sono una questione di carità o di amore, e non possono dipendere dall’arbitrio dello Stato o del governo; essi spettano a ciascun individuo, e ciascun individuo li ha, “di diritto”.
La loro natura giuridica impone alla società di approntare leggi e istituzioni, o altri strumenti affinché gli individui possano effettivamente esercitarli. Il fatto che si tratti di diritti umani, a sua volta, comporta che essi riguardano ogni essere umano in quanto tale, indipendentemente da qualsiasi altra sua qualità o caratteristica, quali la razza, il colore, il sesso, la lingua, le convinzioni politiche, religiose o di altro tipo, la nazionalità o l’estrazione sociale, la ricchezza personale, la nascita, la cittadinanza, e via dicendo (anche se uno Stato è tenuto a garantire alcuni di questi diritti solo ai suoi cittadini, ad esempio il diritto di libero accesso al paese o il diritto di voto). Infine, il fatto che questi diritti siano qualificati come diritti umani implica che si tratta di diritti universali, che devono essere riconosciuti all’individuo in ogni società indipendentemente dalla maggiore o minore disponibilità di risorse, dal livello di sviluppo politico, sociale o economico, dal sistema politico o economico, dalla confessione religiosa o dalle convinzioni ideologiche (anche se la capacità di uno Stato di realizzare i diritti economici e sociali può essere condizionata dalla disponibilità delle risorse).
Secondo la concezione dominante, l’obbligo della società di rispettare e garantire i diritti umani non ha carattere assoluto. I diritti umani sono prima facie diritti, e la maggior parte dei diritti, se non tutti, devono piegarsi di fronte al diritto concorrente degli altri individui, o, spesso, alle esigenze o all’interesse comune della società. I diritti umani però non si piegano facilmente alle esigenze del bene comune e alla volontà della maggioranza; alcuni di essi sono fondamentali e possono essere compressi solo dinanzi a imprescindibili ragioni di interesse pubblico.
Uno Stato può prendere dei provvedimenti in deroga al suo obbligo di rispettare e garantire la maggior parte dei diritti (ma non tutti) solo quando un’emergenza pubblica minacci la vita della nazione, e nei limiti strettamente necessari. Nella teoria politica moderna, l’idea dei diritti è in contrasto con alcune concezioni di stampo utilitaristico, secondo le quali il principio guida di una buona società è la realizzazione del massimo benessere per il maggior numero di persone o la massimizzazione della felicità.
L’idea dei diritti umani è stata messa in discussione in particolar modo dai sostenitori del comunitarismo e da alcune correnti del socialismo, secondo le quali l’enfasi data ai diritti umani si rivela egoistica e atomistica, favorisce la divisione sociale ed è contraria alla democrazia e al benessere generale.
L’idea dei diritti umani contrasta anche con alcuni elementi presenti nelle religioni tradizionali, per le quali si tratta di un’idea laica e antropocentrica, e per alcuni suoi contenuti (la libertà religiosa, o l’eguaglianza tra uomo e donna) incompatibile con le loro leggi. Secondo l’ideologia dei diritti umani, tuttavia, il rispetto di ogni individuo rappresenta una condizione essenziale per una comunità fondata sul diritto e pienamente realizzata: ogni singolo individuo ha un suo preciso valore, e non può perdere la propria individualità in nome di un’astratta felicità complessiva o di un altrettanto astratto bene comune.
Sia che una società accetti lo Stato liberale e la libertà di iniziativa economica, sia che aderisca a una qualche forma di socialismo o a un’altra ideologia di stampo comunitario (laica o teocratica), la sua scelta ideologica non la esime dall’obbligo fondamentale di rispettare e garantire a ciascun individuo quelle libertà e quei diritti che sono indispensabili per una vita dignitosa.
Non esiste una giustificazione filosofica universalmente condivisa dell’idea di diritti umani. Nel XVII e nel XVIII secolo, molti sostenitori dei diritti umani li considerano come diritti “naturali”, inerenti all’essere umano in quanto tale. Altri, invece, accettano l’idea di diritti umani in quanto rispecchia le concezioni morali condivise dalla nostra epoca.
La Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo afferma che «il riconoscimento dell’intrinseca dignità e dei diritti eguali e inalienabili di ogni membro del genere umano è il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo». Naturalmente, la particolare giustificazione filosofica da cui trae origine l’idea dei diritti ne ha modellato il contenuto. Il giusnaturalismo è stato associato a certe concezioni aventi a oggetto le caratteristiche minime dello “Stato liberale”, secondo le quali esso ha il compito di tutelare il diritto “negativo” di ogni individuo alla vita, alla libertà e alla proprietà. Questi diritti fondamentali hanno trovato una più precisa espressione e un ulteriore ampliamento a seguito dello sviluppo delle idee liberali e democratiche, e della crescente diffusione dei governi parlamentari e del suffragio universale.
L’idea dei diritti si è inoltre arricchita di nuove dimensioni con l’aggiunta di diritti “positivi” a determinati benefici economici e sociali, in risposta ai processi di modernizzazione, industrializzazione e urbanizzazione, all’avvento del Welfare State e al crescente richiamo esercitato da varie forme di socialismo. Il contenuto dei diritti venne ampliato e istituzionalmente definito dopo la seconda guerra mondiale.
La Dichiarazione universale, che proclama i diritti ritenuti essenziali alla “dignità umana”, include sia diritti civili e politici sia diritti economici e sociali (i primi vengono abitualmente definiti quali diritti “negativi”, benché alcuni di essi richiedano anche un’organizzazione globale e misure concrete da parte della società: ad esempio, per realizzare un’equa amministrazione della giustizia penale o un sistema politico democratico. I diritti economici e sociali, viceversa, sono considerati generalmente come diritti “positivi”, ma secondo la definizione corrente essi includono anche diritti “negativi”, quali la libertà di scegliere il proprio lavoro o di costituire associazioni sindacali). La Dichiarazione elenca i seguenti diritti: il diritto alla vita, alla libertà e alla sicurezza della persona; la libertà dalla schiavitù e dalla servitù; dalla tortura e da trattamenti o punizioni crudeli, inumani e degradanti; il diritto a essere riconosciuto come persona di fronte alla legge; all’eguaglianza di fronte alla legge e all’eguale protezione di ogni individuo da parte della legge; il diritto a una tutela giuridica in caso di violazione dei diritti fondamentali; il diritto a non subire arresto, detenzione ed esilio arbitrari; il diritto a un processo pubblico ed equo per gli imputati di un reato, il diritto alla difesa, alla presunzione d’innocenza, e a non essere condannati in base a leggi penali retroattive; il diritto alla riservatezza, ossia la libertà da ingerenze arbitrarie nella sfera privata (famiglia, corrispondenza, casa ecc.) e alla tutela giuridica contro tali ingerenze; la libertà di movimento e di residenza all’interno di un paese e il diritto di poter uscire da qualsiasi nazione e quello di tornare nel proprio paese d’origine; il diritto d’asilo; il diritto ad avere una nazionalità, a non esserne arbitrariamente privati e a cambiarla; il diritto di sposarsi e di formare una famiglia; il diritto all’eguaglianza tra uomo e donna nel matrimonio e nello scioglimento del matrimonio; il diritto alla proprietà e a non esserne arbitrariamente privati; alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; alla libertà di opinione, di espressione, di associazione (e non associazione). La Dichiarazione afferma inoltre che la volontà del popolo deve essere il fondamento dell’autorità del governo e che ogni persona ha diritto a prendere parte al governo e ad avere eguale accesso ai pubblici uffici.
La Dichiarazione comprende al suo interno anche diritti economici e sociali: il diritto alla sicurezza sociale; il diritto al lavoro, alla libera scelta di un impiego e alla tutela contro la disoccupazione; il diritto a una retribuzione equa e proporzionata alla quantità e alla qualità del lavoro svolto; il diritto di associazione sindacale; il diritto al riposo e al tempo libero; il diritto a un tenore di vita atto a garantire la salute e il benessere dell’individuo e della sua famiglia inclusi alimenti, vestiario, abitazione e assistenza medica; il diritto all’istruzione, che a livello elementare deve essere gratuita e obbligatoria; il diritto di partecipare liberamente alla vita culturale. I diritti elencati dalla Dichiarazione non sono soggetti a distinzione di «razza, colore, sesso, lingua, religione, opinioni politiche, religiose e di altro tipo, nazionalità e origine sociale, proprietà, nascita o altra condizione personale» (art. 2). Ogni individuo ha diritto a un «ordine sociale e internazionale» in cui questi diritti e queste libertà possano essere realizzati (art. 28). La Dichiarazione non specifica eventuali limitazioni di tali diritti. L’articolo 29, tuttavia, afferma che ciascun individuo «ha dei doveri nei confronti della comunità, nella quale soltanto è possibile il libero e pieno sviluppo della sua personalità».
Inoltre, aggiunge: “Nell’esercizio dei suoi diritti e delle sue libertà, ognuno deve essere sottoposto solo a quelle limitazioni che sono stabilite dalla legge per assicurare il riconoscimento e il rispetto dei diritti e delle libertà degli altri e per soddisfare le giuste esigenze della moralità, dell’ordine pubblico e del benessere generale in una società democratica».
Da “Diritti dell’uomo” (Treccani), di Louis Henkin, 280 pagine, 13 euro