Qualcosa di buono, tutto sommato, i social media hanno pur fatto. Non voglio riconoscere loro tutto il merito, ma certamente hanno contribuito alla risurrezione della pittura figurativa. È infatti il corpo, oggetto-soggetto che pareva abbandonato da decenni, a tornare protagonista tra una pausa e l’altra dall’ormai radicata abitudine di fruire di immagini altrui, tra scroll a destra e manca, un voyeurismo fagocitante e insaziabile.
La figura umana, intera o nel dettaglio, cattura immediatamente l’attenzione dei nostri occhi, evoluti nei millenni a dar priorità a tutto ciò che ricordi il corpo. Ed è proprio su questi canali che avviene la grande maggioranza della ricerca di curatori, galleristi, collezionisti e artisti stessi; logico pensare che gli algoritmi fomentino questa crescente voglia di figurazione.
In un vasto oceano di pittura, riusciamo a individuare alcuni fari che reggono il confronto con il passato e gettano, pennellata dopo pennellata, solidi basi per il futuro. Si pensi a Sahara Longe (Londra, 1994), che, popolando le sue tele con persone nere, riesamina le gerarchie visive e le tradizioni storiche dell’arte nel contesto di rielaborazioni contemporanee di dipinti antichi. Delphine Hennelly (Montreal, 1979) concentra la sua produzione sul rapporto madre-figlio, esplorato attraverso la lente dell’espressione gestuale, del linguaggio del corpo come canale di espressione dei sentimenti.
Oxana Tregubova (Russia, 1990) dà origine a forme e figure che lentamente entrano in scena, addomesticano una natura che poco a poco si ritirare, perde la forza espressiva e catastrofica, diventa docile sotto il passo dell’uomo. Maria Fragoso (Messico, 1995) attinge dallo stile e dalle narrazioni dei surrealisti messicani, celebrando la sua cultura e affrontando il concetto di genere e identità queer.
Con Daria Dmitrenko (Ucraina, 1993) veniamo catapultati all’interno di una lotta che origina nel subconscio dell’artista e si manifesta sulla tela che viene girata e capovolta, le forme mutano in continuazione, i colori precari rischiano di essere stravolti. La tela è in costante evoluzione, come le creature che la popolano: emozioni, ricordi, sogni e incubi a cui vengono donati un volto, delle membra.
Concludiamo con Danilo Stojanović (Croazia, 1989), la cui poesia pittorica è ricca di dicotomie e dà vita a entità straordinarie col potere di rendere superfluo il rigore prospettico, in una dimensione dove la composizione spaziale si basa interamente sul posizionamento e sul rapporto tra esse.