A un mese dall’anniversario di quel maledetto 24 febbraio 2022, l’invasione russa dell’Ucraina continua a mietere vittime. Accanto alla tragedia umana che viene riproposta quotidianamente dai media, godono di rilievo le analisi sugli incalcolabili danni all’economia del Paese e sui costi della sua ricostruzione. Meno i successi.
Lo scorso novembre, i ricavi delle esportazioni del settore tech ucraino hanno fatto registrare la cifra record di 5,5 miliardi di dollari, il tredici per cento in più rispetto allo stesso periodo nell’anno precedente. A giugno il ministero della Trasformazione digitale ucraino aveva fatto sapere che le aziende dell’information technology (IT) avevano mantenuto il novantacinque per cento dei contratti, continuando ad aumentare il volume dell’export. Le cifre sono state riconfermate in larga parte da un recente report di Lviv IT Cluster, una comunità di aziende, università e autorità locali: nel corso del 2022, l’ottantacinque per cento delle startup e delle aziende ha ripristinato le attività commerciali che svolgeva prima della guerra.
Nonostante i bombardamenti, la crisi e la mobilitazione generale, il cuore del mercato tecnologico ucraino non solo sta continuando a battere, ma ha persino aumentato d’intensità. I dati che testimoniano lo stato di salute dell’ecosistema tech rappresentano un trionfo per Kyjiv. Mentre il conflitto continua a gravare sulle casse del Paese, questo settore non solo fornisce stipendi ai lavoratori (assicurando gettito fiscale), ma contribuisce anche alla difesa militare: un’indagine della scorsa estate di Lviv IT Cluster aveva rilevato che settemila dipendenti IT rimasti nel Paese si erano arruolati nelle forze armate ucraine. L’apporto tecnologico fornisce ai militari comunicazioni criptate e difese informatiche; contemporaneamente, offre ai civili documenti d’identità digitali, avvisi di raid aerei e agevola i pagamenti online.
L’industria tech ucraina (specialmente quella legata all’esportazione di servizi IT) ha una sua particolare storia. È emersa negli anni Novanta, in parte come frutto della tradizione matematica dell’Unione Sovietica (vedi anche gli scacchi), in parte grazie agli investimenti nell’educazione scientifica e negli istituti informatici, che hanno gettato le basi per un settore fiorente. Così, negli ultimi due decenni si è imposta come uno dei principali player a livello internazionale. Oggi conta oltre duecentomila specialisti IT e uno dei più grandi bacini di talenti al mondo. Competenze avanzate di programmazione, alto livello di inglese e un fuso orario che si sovrappone bene sia agli Stati Uniti sia all’Europa vanno a completare il quadro di un pacchetto irresistibile.
Una parte dei meriti va a Volodymyr Zelensky. L’amministrazione dell’attuale presidente ha fatto investimenti coraggiosi per realizzare le sue ambizioni fin dal primo anno di governo, con l’istituzione del ministero della Trasformazione digitale nel 2019. Prima dell’escalation militare di Mosca, l’obiettivo del dicastero ucraino era quello di aumentare la “quota tech” del Pil, dall’attuale 4,5 per cento al dieci per cento; nel frattempo, rendere disponibile online ogni servizio pubblico e ampliare l’infrastruttura per l’accesso a Internet ad alta velocità.
Per raggiungere tali obiettivi, il trentunenne Mykhailo Fedorov – ministro per il Digitale – ha dato sfoggio di un pragmatismo politico volto a un innovativo soluzionismo tecnologico. Coordinandosi con il governo, ha promosso politiche favorevoli alle imprese: tassazione bassa, semplificazione delle pratiche burocratiche e deregolamentazione massiccia, oltre a vaste riforme anticorruzione e iniziative di finanziamento, come il Fondo ucraino per le startup (grazie al quale hanno visto la luce realtà come Mosqitter, che ha vinto la prestigiosa IT Arena Startup Competition nel 2021).
Poi sono arrivate le bombe. Ma l’infrastruttura digitale e l’economia tech dell’Ucraina si sono dimostrate straordinariamente resistenti dopo l’invasione su larga scala, con la forza lavoro che ha dimostrato di aver fatto tesoro dell’esperienza pandemica per implementare il lavoro smart e adattarlo al contesto di un Paese costantemente sotto il fuoco nemico.
Ora, il futuro dell’intero settore dipenderà dagli esiti della guerra. Gli investimenti dall’estero, più di ogni altra cosa, rappresenteranno un fattore chiave per la sopravvivenza di migliaia di realtà promettenti nate negli ultimi anni. Il Ceo di Lviv IT Cluster, Stepan Veselovskyi, ha svolto un’indagine estesa insieme al suo team, intervistando oltre cinquemila rappresentanti e imprenditori dell’industria tecnologica ucraina. Se si dovesse concretizzare lo scenario migliore – con la fine del conflitto, l’integrazione europea di Kyjiv e la liberalizzazione dell’economia – il settantotto per cento degli intervistati si dice certo di voler restare nel Paese e di non avere interesse a spostare la propria attività all’estero.