Mentre l’e-commerce cresceva e i pacchi consegnati si moltiplicavano, in Italia alcuni produttori di scatole di cartone hanno visto impennare i ricavi e altri invece sono stati costretti a lasciare i dipendenti a casa o addirittura a chiudere i battenti.
Sono gli effetti del “cartello del cartone ondulato”, messo in piedi da una trentina di grandi aziende, italiane e non, che hanno alterato il mercato delle scatole per oltre un decennio. Fino alle sanzioni record dell’Antitrust comminate nel 2019 e confermate in queste ore dal Consiglio di Stato. Una valanga che ora potrebbe trasformarsi in richieste di risarcimenti miliardari a catena, investendo tutta la filiera. Perché anche i grandi e piccoli consumatori di imballaggi di cartone, da Amazon in giù, potranno entrare nel procedimento e chiedere la conta dei danni.
Una storia di concorrenza sleale, listini di prezzi comuni e riunioni segrete tra le imprese tutta a vantaggio dei colossi del mercato del cartone. Tra il 2004 e il 2017, l’accordo illecito che emerge dalle sentenze della giustizia amministrativa sarebbe costato circa sessantamila euro l’anno ai trecento piccoli scatolifici “trasformatori” italiani, quelli che acquistano i fogli di cartone ondulato per produrre gli imballaggi che ogni giorno viaggiano in tutto il Paese.
«A un certo punto abbiamo addirittura riscontrato che, sul mercato, i fogli di cartone ci costavano di più dei prodotti finali venduti dalle stesse aziende da cui acquistavamo la materia prima, visto che alcuni nostri fornitori, spesso, erano anche nostri concorrenti», racconta Andrea Mecarozzi, presidente dell’Associazione Italiana Scatolifici, realtà che oggi raggruppa un centinaio di scatolifici trasformatori, nata nel 2010 come scissione dall’associazione di categoria afferente a Confindustria. «Le anomalie erano sempre più evidenti. Non riuscivamo più a stare sul mercato», spiega Mecarozzi. «Così abbiamo unito le nostre forze e, stremati, abbiamo deciso di fare segnalazione all’Antitrust».
L’Authority ritiene fondata la denuncia e nel 2017 avvia l’indagine. «Nel frattempo, quattro aziende si sono “pentite”, raccontando i dettagli del cartello messo in piedi per controllare il mercato», prosegue Mecarozzi.
Le sanzioni per trentaquattro aziende arrivano nel 2019, con una multa da 287 milioni di euro, cifra record se paragonata alla media delle sanzioni dell’Authority. Le sentenze dell’Antitrust vengono immediatamente impugnate dagli imprenditori condannati, ma sia il Tar del Lazio, sia le recenti sentenze del Consiglio di Stato confermano l’impianto accusatorio e le multe.
Le indagini svelano l’esistenza di non uno ma ben due cartelli paralleli «anticoncorrenziali». Il primo controllava la vendita di cartone ondulato agli scatolifici e il secondo la vendita delle scatole ai clienti finali. E a essere coinvolti, come si legge nelle carte, non sono solo i colossi del cartone, ma anche la Gifco, Gruppo italiano fabbricatori cartone ondulato, l’associazione di categoria membro di Assografici, affiliata a Confindustria. «L’Antitrust ha confermato quanto avevamo riscontrato. Decidevano chi, quando e come far pagare», dice Mecarozzi. «Venivano stabiliti fermi produttivi, listini e variazioni di prezzo totalmente slegate dagli andamenti reali della materia prima».
Nell’intera vicenda ha avuto un ruolo determinante l’Associazione italiana Scatolifici che, affiancata dallo Studio Legale Lipani Catricalà & Partners, ha segnalato le anomalie all’Antitrust, permettendo quindi l’avvio del procedimento istruttorio. Il Consiglio di Stato finora ha confermato venti sentenze del Tar su trentaquattro. Negli unici quattro casi in cui il Tar aveva accolto il ricorso, il Consiglio di Stato ha ribaltato la decisione. Solo per alcune aziende sono state ricalcolate le sanzioni.
Nelle sentenze di Palazzo Spada, si parla di un «modo di agire comune sul mercato», con «scambi informativi» su «i prezzi o le quantità» allo scopo di «contingentare la produzione o ripartirsi il mercato» per «garantirsi vantaggi o extraprofitti».
Il Consiglio di Stato, nella sentenza che riguarda Gifco, fa riferimento a «due intese restrittive volte ad alterare le dinamiche concorrenziali nei mercati della produzione e commercializzazione di fogli di cartone ondulato e di imballaggi di cartone ondulato». La prima, chiamata «intesa fogli», viene descritta come la «definizione di prezzi di vendita dei fogli agli scatolifici non verticalmente integrati e il coordinamento dei livelli di produzione degli stessi». La seconda, chiamata «intesa imballaggi», riguarda la «definizione dei prezzi di vendita, ripartizione dei clienti (accordi di non aggressione) e delle forniture ai clienti condivisi (accordi di non belligeranza)». Il Consiglio di Stato parla di imprese favorite dall’associazione di categoria e di un fitto calendario di riunioni di vertice riservate alle imprese più influenti, con email «rivelatrici dell’intesa illecita».
In termini di volumi, l’Italia è il secondo produttore di cartone ondulato in Europa, dopo la Germania. Nel 2021, il comparto italiano ha prodotto 4,4 milioni di tonnellate di imballaggi in cartone, con una crescita del dodici per cento rispetto al 2020, grazie soprattutto al boom dell’e-commerce, visto che le scatole in cartone ondulato utilizzate per le spedizioni rappresentano più del novanta per cento degli ordini. Il comparto degli scatolifici “trasformatori”, composto da circa trecento piccole medie imprese, fattura complessivamente circa 1,3 miliardi di euro all’anno, occupando cinquemila persone.
Secondo uno studio commissionato all’Università Bocconi, tra il 2005 e il 2013 gli scatolifici “trasformatori” hanno perso il dieci per cento di quote di mercato a favore degli scatolifici “integrati verticalmente”. Dalle stime degli economisti, si ricava che il danno annuo per scatolificio è di circa seicentomila euro, pari a circa otto milioni di euro tra il 2004 e il 2017.
«Mentre l’imballaggio di cartone è cresciuto fortemente negli ultimi anni, tra l’e-commerce e la necessità di sostituzione della plastica, molti di noi vedevano ridursi il proprio lavoro, arrivando a dover tagliare il personale o addirittura alla chiusura degli scatolifici», racconta Mecarozzi.
Ora le piccole imprese strangolate dal doppio cartello si apprestano a chiedere la conta dei danni. Il valore stimato dei risarcimenti, secondo l’Associazione degli scatolifici, è tra 1,5 e 2,5 miliardi di euro. Qualche impresa sta già procedendo con la causa civile. E in tanti via via si accoderanno. Con gli studi legali che sono in fermento per accaparrarsi tra nuovi clienti, pronti a fare battaglia contro le aziende del cartello. Tra coloro che richiederanno somme di denaro ai colossi del cartone, potrebbero non esserci solo gli scatolifici. Se le tante imprese, più o meno grandi, che hanno acquistato scatole di carta, ritenessero di essere state danneggiate perché i prezzi erano superiori o alterati, potranno fare richieste di risarcimento.
«Oggi, a distanza di cinque anni dall’avvio delle indagini, non possiamo essere certi che la situazione sia cambiata», dice Mecarozzi. «L’impennata dei prezzi delle materie prime ha spiazzato il mercato, oltretutto in un momento in cui c’è stata una scarsa reperibilità della carta anche perché, con la sostituzione della plastica per motivi ecologici, la domanda è aumentata».