Ostinati e contrariI finti pacifisti nel Pd sono più di quanti si creda (e molti fanno il tifo per Schlein)

Nella campagna congressuale non si sta parlando dell’unica cosa che conta davvero, gli aiuti all’Ucraina. Intanto, a livello locale, emergono gruppi di elettori refrattari al sostegno pieno a Kyjiv

Che nel Partito democratico ci siano settori refrattari al sostegno pieno, dunque anche militare, all’Ucraina non è un mistero, ma che un intero gruppo regionale dovesse addirittura presentare un documento in tal senso è una novità.

Accade nelle Marche dove il gruppo democratico alla Regione ha deciso di scendere in campo a fianco delle associazioni pacifiste con un mozione che chiede alla giunta regionale di centrodestra di aderire alla campagna “Italia, ripensaci”, promossa dalla Rete Italiana Pace e Disarmo e da “Senzatomica”, nella quale si chiede «che il governo nazionale sia chiamato a rompere gli indugi e, dando voce alla maggioranza dei cittadini italiani, debba attivarsi concretamente con l’Unione europea per dichiarare superata la strategia sin qui perseguita di invio di armi a oltranza in Ucraina, azione che rischia di alimentare un’escalation della guerra fino alla deflagrazione nucleare, e si attivi per una soluzione diplomatica che preveda l’immediata cessazione del conflitto».

Si tratta evidentemente di una linea in totale contrasto con il voto di conferma degli aiuti militari alla Resistenza ucraina espresso qualche settimana fa dal Partito democratico e dalla gran parte del Parlamento.

La cosa ancora più strana è che l’appello ha convinto anche il gruppo di Fratelli d’Italia, la cui leader e premier, per non parlare del ministro della Difesa Guido Crosetto, è favorevole senza riserve al sostegno militare a Kijiv.

Ma non finisce qui. Il capogruppo del Partito democratico in Regione Marche Maurizio Mangialardi sta proponendo l’approvazione della stessa mozione anche nei congressi di circolo per dare al partito «un chiaro orientamento pacifista».

Ora, sarà pure un fatto locale e circoscrivibile ma è un segno di come la linea ufficiale Letta-Guerini, per intenderci, faccia più fatica ad affermarsi rispetto anche solo a pochi mesi fa. E quindi a proposito dei primi dati dei congressi dei circoli la domanda che viene spontanea è questa: non è che a gonfiare le vele congressuali di Elly Schlein spiri – anche – questo vento “pacifista”? È probabile. Anche perché in questa strana campagna congressuale di tutto si parla tranne che della cosa più importante di questo tempo, la guerra di Putin all’Ucraina, appunto, e non dibattendone apertamente ogni sentimento antimericano e contro gli aiuti militari è liberissimo di circolare malgrado la linea nazionale (va sempre reso merito a Enrico Letta) sia stata sempre molto chiara: con Volodymyr Zelensky, contro Mosca. Con tutti i mezzi. In accordo con la Nato e l’Europa.

Di certo il documento congressuale di Schlein sulla questione non è proprio il massimo. Confinato a pagina 26 (su 33) il tema viene affrontato quasi di passaggio: sostegno alla causa ucraina «senza però rinunciare alla nostra convinzione che le armi non risolvano i conflitti e che non possiamo attendere che cada l’ultimo fucile per costruire la via di una pace giusta».

La stessa Schlein ha detto recentemente che «è stato giusto sostenere la resistenza ucraina ma penso che la guerra non si risolve con le armi. Sono contraria alla corsa al riarmo europeo, questa è una china pericolosa». Sono distinguo, precisazioni, articolazioni di giudizio che nel Partito democratico hanno più consenso di quanto si creda. Il che può alimentare il dubbio, qualora la guerra dovesse durare a lungo e venisse richiesto un maggiore coinvolgimento dell’Italia, anche se non diretto, su quanto il Partito democratico potrebbe reggere su questa linea: dai maldipancia allo sganciamento il passo può essere breve.

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