I life hack degli stoici Fare filosofia significa imparare come morire, ma pure come vivere

Non idee effimere, ma azione: i pensatori di questo filone vanno giudicati più dalle loro biografie che dagli scritti. Non si rassegnavano all’esistente, né accettavano passivamente le ingiustizie, ma opposero alle tirannie una feroce resistenza, da cui possiamo imparare

Murales filosofo Lisbona
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Lo studio della filosofia ha come unico scopo quello di trasformarci in persone migliori. Come diceva Nietzsche, qualsiasi altro approccio è solamente una «critica delle parole fatta attraverso altre parole». Nessuna scuola di pensiero ha mai creduto più dello stoicismo – un’antica corrente filosofica nata in Grecia nel III secolo a.C. – che le azioni contassero più delle idee.

Fu Seneca, filosofo stoico dell’antica Roma ben lontano dagli insegnamenti accademici, ad affermare senza mezzi termini che l’unico fine della lettura e dello studio fosse quello di vivere un’esistenza felice. Eppure, il ruolo della filosofia nel mondo moderno non è questo. Oggi l’attenzione è incentrata sulle dichiarazioni dei personaggi di spicco, sui paroloni che usano e sui paradossi e gli enigmi con cui riescono a sbalordirci.

Non c’è da stupirsi se ci sembra essere fuori dalla realtà: lo è! Questo libro vuole proporre un tipo di saggezza diverso e molto più accessibile, simile a quello dei pensatori come Seneca – un uomo che si mise al servizio del suo Paese ai più alti livelli, sopportò esilio e lutti, combatté contro la sua ambizione e i suoi limiti personali e, infine, morì in modo tragico ed eroico cercando di mettere in pratica le teorie di cui si era fatto portatore.

A differenza dei cosiddetti “filosofi accademici”, come venivano chiamati – con un certo sarcasmo – già duemila anni fa, gli stoici erano più concentrati a capire come si vive: le scelte fatte, le cause per cui ci si spende, i principi a cui ci si attiene nei momenti di difficoltà. A contare per loro erano i fatti, non le parole.

La loro filosofia, quella di cui abbiamo bisogno oggi più che mai, non era fatta di idee effimere ma di azione. Le quattro virtù indicate dallo stoicismo erano semplici e dirette: coraggio, temperanza, giustizia e saggezza. Non dovrebbe sorprenderci, dunque, che possiamo imparare tanto dalle esperienze di vita degli stoici (le loro azioni) quanto dai loro scritti (le loro parole).

La saggezza tramandata dalle parole pubblicate da Catone l’Uticense è, per la verità, piuttosto scarsa: occupato com’era in battaglia e nello svolgimento dei suoi doveri pubblici, non ebbe il tempo di scrivere più di qualche frase. Ma le sue azioni integerrime e altruiste nel periodo del declino e della caduta della Repubblica ci insegnano molta più filosofia di qualsiasi trattato.

In questo senso, poco ci è rimasto delle teorie di Diotimo, uno stoico dell’inizio del I secolo a.C., ma la narrazione della sua frode letteraria ci dimostra con quanta facilità anche le persone più rette possano sbagliare. Lo stesso vale per Seneca, che durante il suo incarico nell’amministrazione di Nerone cedette a svariati compromessi in contrasto con le teorie che lui stesso professava, nonostante le parole di grande spessore giunte fino a noi nelle sue lettere e nei suoi libri.

Non ripercorreremo solo le vite degli stoici, ma anche le loro morti – che siano avvenute per omicidio, suicidio o, in modo più unico che raro, per le troppe risate, come nel caso di Crisippo. Cicerone una volta disse che fare filosofia significa imparare come morire. E così, la saggezza degli stoici non solo ci insegna a vivere, ma anche ad affrontare la parte della vita che più ci terrorizza: la fine. Con il loro esempio, questi personaggi del passato ci insegnano ancora oggi l’arte di morire bene.

Gli stoici che racconteremo qui sono perlopiù uomini. Il mondo antico era così: di dominio prettamente maschile. Eppure, questi erano uomini diversi dalla media dei loro contemporanei. I filosofi che troveremo venivano dai quattro angoli del mondo allora conosciuto: Cipro, Turchia, Egitto, Libia, Siria e Iraq. E sebbene le loro filosofie affondassero le radici in Atene, gli stoici si consideravano cittadini del mondo intero.

Il fondatore di questa corrente filosofica, Zenone di Cizio, di origine fenicia, è noto per aver rifiutato la cittadinanza ateniese perché la proposta entrava in conflitto con le sue profonde convinzioni cosmopolite. Lo stoicismo alla fine riuscì a farsi strada anche nell’antica Roma, dove si impose nella vita quotidiana condizionando il corso di uno degli imperi più vasti e multiculturali della storia.

Nei suoi primi cinquecento anni questa corrente filosofica raccolse seguaci tra le classi sociali più disparate: dal potentissimo imperatore Marco Aurelio all’umile schiavo Epitteto, che subì danni fisici permanenti nei suoi anni di prigionia, ma i cui scritti e il cui stile di vita furono di esempio e ispirazione per molte persone, incluso lo stesso Marco Aurelio.

Il nome di molti di questi filosofi potrebbe già esservi familiare, mentre altri potreste non averli mai sentiti nominare. Ma la storia di ognuno di loro, da Aristone a Diogene di Babilonia, da Porzia ad Antipatro, Panezio, Posidonio, Ario e Musonio Rufo merita di essere conosciuta – commercianti, generali, scrittori, atleti, genitori, professori, figlie o diplomatici che fossero.

Tutti loro hanno qualcosa di importante da insegnarci; tutti hanno percorso il sentiero della virtù in un modo da cui dobbiamo imparare.

L’aggettivo “stoico” indica oggi la capacità di sopportare il dolore con atteggiamento impassibile. Eppure, anche a uno sguardo distratto sulla storia di questi individui appare evidente l’enorme differenza tra le aspettative di quello stoicismo minore e la realtà dello Stoicismo con la S maiuscola. Quest’ultimo è una filosofia vibrante ed espansiva incarnata da persone che hanno amato, sofferto, lottato, combattuto con coraggio e a distanza ravvicinata nelle più grandi battaglie della storia, che hanno cresciuto i loro figli, scritto opere importanti, si sono distinte tra la massa, hanno avuto fede e hanno vissuto.

Ognuno immerso nel proprio tempo, questi filosofi hanno resistito agli stereotipi dello stoicismo minore, che li riteneva bestie da soma prive di sentimenti che nella vita potevano soltanto soffrire e guardare a se stessi.

Gli stoici non si rassegnavano allo stato di cose esistente, né accettavano passivamente le ingiustizie del mondo. Al contrario, si opposero con la “Resistenza” più feroce alla tirannia di Giulio Cesare, Nerone e altri personaggi del mondo antico, arrivando a influenzare note riforme democratiche.

Come fece da «balia severa degli eroi nel primo secolo dell’impero», per prendere in prestito le parole dello storico Richard Gummere, lo stoicismo svolse un ruolo analogo per molti secoli successivi, arrivando persino a ispirare i leader della Rivoluzione americana e patrioti come Thomas Wentworth Higginson, che durante la Guerra civile fu a capo di un reggimento nero a favore dell’U- nione (e fu traduttore di Epitteto).

Gli stoici furono sempre pronti a dare il sangue e la vita per un cambiamento, apprezzato o riuscito – o meno – che fosse.

Le vite degli stoici - copertina

Da “Le vite degli stoici. L’arte di vivere da Zenone a Marco Aurelio” di Ryan Holiday e Hanselman Stephen, Hoepli, 322 pagine, 19,90 euro