Scoprire forme di vita elementare nel Sistema solare sarà una scoperta entusiasmante. Una rivoluzione scientifica e culturale. Scrivo “sarà”, senza prevedere un momento ipotetico, perché ritengo che le probabilità siano a favore dell’esistenza della vita negli oceani nascosti nel Sistema solare. Europa, Encelado e altri mondi nel Sistema solare proteggono sotto la propria superficie oceani di acqua liquida. Gli elementi chimici e le leggi della fisica e della chimica sono le stesse anche in quei luoghi.
Forse, protetti dalla coperta di ghiaccio, laggiù ci sono le medesime condizioni che hanno portato alla nascita della vita sui fondali degli oceani terrestri, quasi quattro miliardi di anni fa. Quando alziamo lo sguardo verso le stelle e ci chiediamo se intorno a esse orbitano pianeti simili al nostro, però, stiamo pensando a forme di vita complesse, a organismi dotati di coscienza e della capacità di osservare il cielo e farsi domande. In grado di costruire telescopi e scrivere poesie.
È molto probabile che in quegli oceani non troveremo forme di vita che hanno la curiosità e l’intelligenza dei cetacei e degli octopus o la capacità di modificare l’ambiente esterno come la specie Homo. Per trovare forme di vita intelligente o civiltà tecnologiche dobbiamo rivolgere lo sguardo fuori dal Sistema solare.
Esistono mondi abitati da altri osservatori? Ci sono almeno due ragioni che possono indurci a essere ottimisti. La prima, esposta già da Epicuro, è la vastità del cosmo. Nell’Universo osservabile esistono circa cento miliardi di galassie E ognuna di esse contiene cento miliardi di stelle: sembra impossibile pensare che in questa abbondanza non esista almeno un’altra stella in grado di ospitare e proteggere un’altra Terra.
La seconda ragione è l’universalità degli ingredienti della vita e delle leggi della chimica. I “mattoncini” della vita sono stati riconosciuti praticamente in tutto l’Universo. Gli aminoacidi, i composti che unendosi in catene formano le proteine, sono stati trovati nelle nubi interstellari dove si formano le stelle, sulle comete e nelle meteoriti. Anzi, è probabile che gli aminoacidi siano stati trasportati sulla Terra proprio da comete e meteoriti, contribuendo alla formazione delle prime forme di vita. Probabilmente i processi biochimici che hanno fatto nascere la vita sulla Terra non sono partiti da zero.
E tuttavia l’Universo è in gran parte inospitale. Appena fuori dal nostro pianeta, il corpo celeste più vicino, la Luna, ci ricorda che esso non è fatto per la vita. Sulla sua superficie non ci sono mai state condizioni favorevoli per la nascita di organismi viventi. I due pianeti più vicini a noi sono anch’essi inospitali: forse nel sottosuolo di Marte o nelle nubi di Venere troveremo un giorno tracce di microrganismi, o forse dei fossili, ma le sonde spaziali ci hanno mostrato scenari di deserti desolati.
Come abbiamo visto, probabilmente nel lontano passato entrambi i pianeti hanno ospitato oceani di acqua per un breve periodo cosmico. Forse sono durati abbastanza a lungo da permettere l’abiogenesi, ma di essi e della vita che potevano ospitare non è rimasta nessuna traccia: qualsiasi segno è stato cancellato da eventi cosmici che ancora non conosciamo.
L’abitabilità non è una condizione che dura per sempre. L’assenza di biosfere di Venere e Marte sembra sottolineare ancora di più la precarietà della vita sulla Terra, perché sulla loro superficie le condizioni adatte alla vita (se mai ci sono state) sono durate il tempo di un respiro, in termini cosmici. Quindi sappiamo che le regioni abitabili sono solo una piccola, infinitesima porzione del cosmo rispetto alla sua vastità. Sappiamo anche che sono destinate a non durare per sempre.
La conclusione a questo punto potrebbe essere ovvia: l’Universo non sembra essere fatto per la vita. La sua ostilità non impedisce però l’esistenza di altre Terre. Anzi, diventa ancora più urgente cercare di capire sotto quali condizioni cosmiche un pianeta può diventare abitabile e la sua biosfera resistere miliardi di anni. Proviamo a immaginarle, partendo da quanto abbiamo imparato finora.
La prima condizione necessaria è la stella. Dovremo cercare intorno a stelle simili al Sole, con temperature non molto diverse, che possano vivere almeno 4-5 miliardi di anni. Al momento, non sappiamo se i pianeti simili alla Terra sono frequenti almeno intorno alle stelle simili al Sole. Da quello che sappiamo ora, basandoci sulle osservazioni intorno a stelle più piccole e sui modelli teorici, ci attendiamo una grande abbondanza di pianeti rocciosi nella zona abitabile di stelle analoghe al Sole. E abbiamo già verificato che la Natura è molto prolifica nel produrre pianeti.
Tuttavia, per affermare di aver scoperto un’altra Terra non basterà trovare un pezzo di roccia sulla giusta orbita intorno a una stella gialla. Sarà necessario capire se quel pezzo di roccia è protetto da un’atmosfera, se quell’atmosfera garantisce il giusto equilibrio di effetto serra, se ci sono oceani di acqua dove la vita possa nascere, ma anche continenti di terre emerse dove possa evolversi verso organismi complessi in grado di osservare le stelle.
Ci sono altre condizioni essenziali per la vita come la conosciamo, ma queste saranno più difficili da verificare con i nostri telescopi. Vorremmo sapere se il pianeta è protetto da un campo magnetico, impedendo alle radiazioni cosmiche di erodere la sua atmosfera, e vorremmo sapere se ha un satellite come la Luna che aiuti a tenere stabile l’asse di rotazione. Sono tutte condizioni che hanno contribuito a rendere la Terra il paradiso che conosciamo.
© HarperCollins Italia
© 2023 Giovanni Covone
Da “Altre terre” di Giovanni Covone, 336 pagine, 14,50 euro.