Fiori d’arancio. Può sembrare strano, ma questo simbolo tradizionale delle nozze occidentali è ormai tra le prime preoccupazioni di Xi Jinping. Perché in Cina ci si sposa sempre meno e si fanno sempre meno figli, con potenziali conseguenze sull’economia e sulla società della Repubblica Popolare. Il numero di registrazioni di matrimonio ha toccato un minimo storico nel 2022. Le ultime statistiche del ministero degli Affari Civili indicano che l’anno scorso si sono sposate “solo” sei milioni e ottocentotrentamila coppie. Si tratta di una cifra bassa per una popolazione di ben oltre un miliardo, nonché del numero più basso dal 1985. Ma probabilmente anche da prima, visto che è proprio dal 1985 che i dati sulle registrazioni di matrimonio in Cina sono disponibili. Rispetto al 2021, il calo è stato di ottocentomila unità. Un calo su cui ha influito ovviamente la pandemia da Covid-19, ma che in realtà fa parte di una tendenza più ampia cominciata ben prima. Dopo il picco dei 13,46 milioni di nozze registrate nel 2013, primo anno della presidenza di Xi Jinping, le coppie sposate sono state sempre di meno.
Il calo dei matrimoni è il risultato di molteplici fattori. Con un Paese che è diventato più benestante rispetto al passato, sono cambiati gli stili di vita. Si studia più a lungo, si cerca una carriera professionale e ci si sposa più tardi. O non lo si fa proprio. Ma la ragione è anche economica. Avere una famiglia in Cina è diventato molto dispendioso. In un sondaggio tra studenti universitari condotto dal quotidiano Xinmin Evening Daily lo scorso agosto, il settantasette per cento ha dichiarato che la loro decisione se avere figli o meno dipenderà dalla situazione economica. E gli ultimi dati sulla disoccupazione giovanile urbana, giunta al picco del 20,8 per cento, non offre prospettive floride in tal senso.
Le conseguenze sono dirette anche sul fronte demografico. A gennaio, è stato ufficializzato il primo calo della popolazione per la prima storica volta dopo sessant’anni. Secondo i dati comunicati dall’Ufficio nazionale di statistica, nell’anno appena trascorso la Cina ha registrato 9,56 milioni di nascite a fronte di 10,41 milioni di decessi, con la popolazione ridotta di ottocentcinqauntamila unità. È la prima contrazione dal 1961, subito dopo la carestia durante il cosiddetto “grande balzo in avanti” di Mao Zedong.
L’anno scorso il tasso di natalità cinese è sceso a 6,77 nascite per mille persone, da 7,52 nascite nel 2021, il più basso mai registrato. In totale. Il primo calo degli ultimi sessant’anni somiglia all’inizio di una tendenza apparentemente irreversibile. Il calo registrato nel 2022 sembra destinato a essere l’inizio di un trend che durerà nel lungo periodo, con un impatto profondo sul futuro del Paese. Nel lungo termine, gli esperti delle Nazioni Unite sostengono che la popolazione cinese perderà centonove milioni unità entro il 2050, più del triplo rispetto alla stima del 2019. Con una conseguente diminuzione della forza lavoro e, probabilmente, della capacità produttiva che dovrà essere sempre più sostenuta dall’automazione.
Il calo sta già iniziando ad avere un impatto sul sistema educativo. Secondo i dati ufficiali forniti dal ministero dell’Istruzione del governo della Repubblica Popolare, infatti, nel 2022 è diminuito per la prima volta in quindici anni il numero di asili nido presenti nel paese. E non si tratta di una diminuzione di poco conto: in tutta la Cina sarebbero infatti scomparse oltre cinquemila scuole materne rispetto al 2021.
Nel 2022 sono risultati attivi in totale duecentottantanovemila asili nido in tutto il territorio nazionale, contro i circa duecentonovantaquattromila dell’anno precedente. Il calo rispetto agli anni precedenti è dovuto a un minor numero di studenti iscritti agli asili. E a soffrire sono soprattutto gli istituti di provincia. Nei territori rurali del Paese le iscrizioni di bambini sono in costante diminuzione a causa del continuo processo di urbanizzazione che ha portato una grande percentuale della popolazione a vivere nelle grandi città.
L’invecchiamento della società cinese potrebbe portare il Partito comunista anche a operare anche diverse riforme. A partire proprio da quella del sistema educativo. Tra le proposte, l’adeguamento delle quote di insegnanti, e la riconsiderazione della distribuzione regionale delle risorse per far fronte al crollo del tasso di natalità. Ma c’è anche la possibilità di una riforma delle pensioni. Sarebbe una mossa rilevante anche e soprattutto per il superamento di un tradizionale tabù della politica cinese. L’età pensionabile in Cina è tra le più basse al mondo: sessant’anni per gli uomini, cinquantacinque per le impiegate e cinquanta per le donne che lavorano nelle fabbriche. Norme non più in linea con l’andamento economico e demografico del paese.
Nel frattempo, il governo sta provando a reagire per provare a stimolare matrimoni e nascite con diversi strumenti, dall’introduzione della politica del terzo figlio agli incentivi fiscali, dal taglio delle tasse ai sussidi per la casa.
A maggio, prima della pubblicazione degli ultimi dati sui matrimoni, la Cina ha annunciato che lancerà dei progetti pilota in più di venti città per creare una cultura del matrimonio e della natalità per la “nuova era”, l’etichetta con cui ci si riferisce di solito all’epoca di Xi. La China’s Family Planning Association, un organismo nazionale che implementa le misure governative sulla popolazione e sulla fertilità, lancerà dei progetti per incoraggiare le donne a sposarsi e avere figli. In questo caso si agirà più sul fronte sociale che su quello economico, promuovendo l’accettazione di una famiglia più allargata rispetto a quella che i cinesi sono stati abituati a sperimentare negli ultimi decenni di Repubblica Popolare, con la parentesi della politica del figlio unico che ha avuto ripercussioni non solo pratiche ma anche e soprattutto psicologiche e culturali.
Preoccupati per il primo calo della popolazione cinese in sei decenni e per il suo rapido invecchiamento, i consiglieri politici del governo hanno proposto a marzo che le donne single e non sposate dovrebbero avere infine accesso al congelamento degli ovuli e al trattamento di fecondazione in vitro, per aumentare il tasso di fertilità. Per Xi e il partito invertire la tendenza è difficile, forse impossibile. Ma limitare i danni è fondamentale.