Inefficienza cronicaIl calo demografico colpirà i settori tradizionalmente poco produttivi

All’Italia mancheranno 3,7 milioni di lavoratori nei prossimi quattro anni, secondo le stime di Anpal. La carenza si sentirà soprattutto in quei comparti già meno efficienti, che generano meno valore aggiunto e sono meno appetibili per i giovani, come la ristorazione

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I prossimi anni saremo sempre meno in Italia e il calo demografico colpirà soprattutto la fascia più produttiva della popolazione, quella in età da lavoro. L’Anpal (Agenzia Nazionale Politiche Attive per il Lavoro) ha fatto i suoi calcoli: da qui al 2027 serviranno 3.798.600 persone, 1.073.400 saranno necessarie per accompagnare la crescita economica, mentre 2.725.200, la maggioranza, per sostituire i tanti italiani che andranno in pensione, quando il segmento più numeroso della popolazione, i figli degli anni Sessanta, si ritireranno.

I soli sostituti dei pensionandi del settore dei servizi costituiranno più della metà di questa platea, quasi due milioni.

Dati Anpal, 2023

Nel complesso dovranno essere trovate, per esempio, quattrocentocinquantaseimila persone nella sanità e nei servizi sociali, 423.700 nel commercio, 333.300 nei servizi di alloggio e nella ristorazione.

Dati Anpal, 2023

Se si va nel dettaglio delle professioni e si misura, oltre ai numeri assoluti, anche il tasso di fabbisogno, ovvero la percentuale di lavoratori necessari sullo stock esistente, appare evidente come sia il segmento dei professionisti qualificati dei servizi sanitari, come gli infermieri, quello in cui il ricambio sarà maggiore. Dovrà essere trovato un numero di addetti pari al 5,4 per cento della forza lavoro attuale. Non sarà facile.

Non sarà facile neanche trovare trecentoventunomila operatori non qualificati del commercio, che corrispondono al 3,8 per cento di quelli presenti in questo momento.

Ad essere caratterizzato sia da un tasso di fabbisogno più alto della media che dalla necessità di una nuova forza lavoro particolarmente numerosa è però soprattutto il comparto che include i professionisti qualificati del turismo e della ristorazione, come per esempio i cuochi e il personale da cucina, ma non solo. Ne serviranno tanti, duecentosettantaquattromila, il 4,2 per cento dei lavoratori attuali.

Dati Anpal, 2023

Il problema è che proprio questi settori, al contrario, sono stati interessati da un calo degli addetti. Paradigmatico è il caso della ristorazione.

Se nel complesso in Italia nel 2022 sono stati superati i livelli occupazionali pre-pandemici, in questo ambito, al contrario, alla fine dell’anno scorso mancavano ancora all’appello 3.696 lavoratori. La maggiore responsabilità, manco a dirlo, è della riduzione di ben 19.927 unità, ovvero del 5,9 per cento, della platea dei 20-30enni. Ma in discesa erano anche i 30-40enni e i 40-50enni.

A compensare i cali avvenuti tra 2019 e 2022 gli over-50, come in altri segmenti del mercato, e, forse un po’ a sorpresa, gli under-20, aumentati di ben il 12,8 per cento. Peccato siano numericamente pochi, e non possono coprire l’ammanco.

Se anche essi, come tutto fa pensare, al momento di iniziare la propria carriera lavorativa, cercheranno altri posti di lavoro più sicuri e meglio pagati la ristorazione continuerà a soffrire di una cronica carenza di personale.

Dati Confcommercio, 2023

Non aiuta a reperire personale, tanto meno qualificato e “pregiato”, il fatto che bar e ristoranti abbiano un tasso di sopravvivenza particolarmente basso, comune del resto ad altre piccole attività del commercio.

La Confcommercio ha calcolato che dopo cinque anni sono attive meno di metà delle imprese del settore costituite come imprese individuali, ovvero la forma giuridica scelta dal 47,9 per cento delle aziende della ristorazione, il 54,4 per cento nel Mezzogiorno.

Dati Confcommercio, 2023

La ragione principale è la solita, che perseguita un po’ tutto il sistema Italia, la scarsa produttività, che caratterizza molti altri servizi, guarda caso soprattutto quelli di cui c’è e ci sarà molta necessità di manodopera, come il commercio.

Le aziende di questo comparto sono produttive il quarantacinque per cento in meno della media (e la media è già ridotta rispetto ai livelli europei, ricordiamolo).

Se oltre alla ristorazione considerassimo anche i servizi di alloggio, il gap sarebbe solo di poco inferiore, del quarantadue per cento. La produttività di questi comparti è più bassa anche di quella delle costruzioni e della Pubblica Amministrazione, che non hanno mai brillato in tal senso.

Dati Confcommercio, 2023

Il fatto che mediamente ogni ristorante occupi solo 6,9 persone e ogni bar 3,9, il 59,6 per cento delle quali part time, certamente contribuisce a questi numeri.

I settori meno produttivi sono naturalmente anche più precari, non solo per i lavoratori, ma, come si vede, anche per gli imprenditori stessi.

Il futuro del mondo del lavoro in Italia dipende dai comparti più numerosi. Ai tradizionali difetti che li caratterizzano si aggiunge ora la scarsità provocata dal declino demografico, che è aggravato proprio dalla ridotta produttività. Accrescere questa, fare in modo che per ogni lavoratore venga generato più valore aggiunto, investire, innovare, aggregare, non serve solo a migliorare le condizioni degli addetti della ristorazione o del commercio rendendole più appetibili per i giovani, ma anche a rendere più efficiente tutto il sistema Paese. A patto di trovare i capitali, e questa è un’altra storia.

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