Sono 536mila gli studenti italiani che oggi affrontano l’esame di maturità. Si parte con la prima prova scritta, il tema di italiano comune a tutti gli indirizzi, e si prosegue poi giovedì 22 giugno con la seconda prova, che riguarda invece le discipline peculiari dei singoli percorsi di studio. Infine, il colloquio orale dall’approccio interdisciplinare.
Una maturità che torna dunque alla sua tradizionale formula dopo tre anni di regole più o meno diverse per via della pandemia da coronavirus. Già per la maturità del 2022 era stato ripristinato l’esame con due prove scritte e una orale, invece che una sola prova orale. Una importante differenza di quest’anno è che la seconda prova sarà di nuovo nazionale, cioè identica per tutti gli istituti di uguale indirizzo invece che ideata dalle singole commissioni: l’anno scorso era stata fatta questa deroga alle leggi per «tenere conto di quanto effettivamente svolto» dalle classi «anche in considerazione dell’emergenza sanitaria».
Il voto finale dell’esame sarà espresso in centesimi: per il credito scolastico sono previsti massimo 40 punti, per il primo scritto massimo 20, così come massimo 20 punti sono previsti rispettivamente anche per il secondo scritto e per il colloquio. La commissione può assegnare poi fino a cinque punti di “bonus” per chi ne ha diritto. Il voto finale dell’esame sarà dunque dato dalla somma di tutti i punti accumulati: 100 è il punteggio massimo (con possibilità della lode), 60 il minimo per il superamento.
L’ultimo cambiamento con cui si tornerà alle vecchie regole riguarda le commissioni d’esame: saranno composte da tre commissari interni, cioè docenti degli studenti, tre commissari esterni e un presidente esterno, provenienti cioè da altri istituti scolastici. Ancora nel 2022 tutti i commissari erano interni.
Ma questa sarà anche la prima maturità con ChatGpt al fianco di ragazze e ragazzi in modo diffuso. Secondo un sondaggio di Skuola.net, più di due su cinque si sono dichiarati pronti a prepararsi usando l’intelligenza artificiale evitando di perdere tempo su libri e appunti scritti. E quasi uno su dieci lo ha utilizzato mentre studiava o ripassava.
«Ci troviamo di fronte a una generazione che usa i device per prepararsi e che si troverà ad essere esaminata da una generazione che invece si è preparata soltanto sui libri di testo. Si crea una crasi sempre più ampia. Ci vorrebbe un percorso di formazione per fare in modo che gli insegnanti possano affrontare questo divario», dice Mario Rusconi, presidente dell’Associazione nazionale presidi di Roma. Paolo Notarnicola, coordinatore nazionale della rete degli Studenti Medi, spiega: «La scuola è rimasta indietro, la didattica e la valutazione sono basate su modelli del passato. Non si vuole che gli studenti copino? Basterebbe smetterla di puntare su verifiche impersonali e fare in modo che lo studente possa dimostrare, invece, un apprendimento più personalizzato. Per i docenti, invece, sarebbero necessari dei corsi di formazione per mettersi al passo con i tempi».