Nell’ultimo mese le democrazie europee hanno deliberato in forma unitaria decisioni capitali sulla condotta di guerra della Federazione Russa e la difesa dell’Ucraina. Esse non riguardano solo il vitale sostegno logistico e militare offerto dagli europei alla resistenza Ucraina, tanto decisivo quanto lo è quello fornito dagli americani (Canada incluso). Riguardano invece due decisioni politiche che dimostrano la maturazione collettiva realizzata, in tutta Europa, all’ombra della guerra.
La prima decisione politica consiste nell’istituzione del Registro dei danni causati dall’aggressione russa contro l’Ucraina, incrementati da una scellerata condotta bellica indiscriminata. Questa decisione, privata come molte altre di risonanza mediatica, è stata presa da quaranta Stati del Consiglio d’Europa riunitisi a Reykjavik, nella piccola Islanda, il 23 maggio scorso. Proprio la presidenza islandese del Consiglio ha stabilito come priorità del suo mandato la solidarietà e il sostegno verso l’Ucraina. L’Islanda lavora alacremente per assicurare il completo riconoscimento delle responsabilità dell’aggressione russa ed ha catalizzato un consenso condiviso dai più piccoli Stati alle potenze maggiori.
La scelta d’istituire il Registro dei danni sotto l’egida del Consiglio d’Europa – primo passo verso la realizzazione di un meccanismo di risarcimento completo – è una decisione politica di portata storica. Essa è coerente con l’espulsione della Russia dal Consiglio stesso decretata il 16 marzo 2022, ventisei anni dopo la sua adesione. Il Registro è attivato attraverso un accordo parziale allargato e realizza uno strumento essenziale per qualunque meccanismo di risarcimento delle vittime.
Soprattutto, rappresenta una tra le prime decisioni collettive giuridicamente vincolanti – se non la principale – per ritenere la Russia responsabile della sua condotta. Istituito per un periodo iniziale di tre anni, il Registro sarà utilizzato per raccogliere le prove e le informazioni relative alle richieste di risarcimento per danni, perdite o lesioni causate dall’aggressione da parte della Russia contro l’Ucraina.
Oggi risulta perciò del tutto evidente che gli Stati europei non nutrono affatto dubbi sull’attribuzione delle responsabilità della guerra, né sul fatto che essa durerà e neppure sulla necessità del loro impegno continuo e generale. Al contrario, le democrazie europee dimostrano di possedere ben chiara visione politica di ciò che è e di ciò che sarà questa guerra, al di là del primo concetto di vittoria per cui sopravvivere significa vincere. Riunite nelle proprie istituzioni comuni, le democrazie europee grandi e piccole condividono ormai un concetto realistico della guerra come evento col quale giocoforza coesistere fino al momento in cui essa fatalmente cesserà, restituendo a un patto di convivenza razionale le relazioni con la potenza aggreditrice nonché vita e libertà alle genti d’Ucraina che resistono.
Proprio vita e libertà per l’Ucraina è ciò che l’impegno del Parlamento europeo ha infine stabilito di affermare, seconda decisione sulla quale soffermarsi. I rappresentanti di questo corpo elettivo continentale – il più grande dopo quello indiano – hanno appena sancito con una risoluzione dal cospicuo significato politico il ruolo europeo per la «ricostruzione sostenibile dell’Ucraina e la sua integrazione nella comunità euro-atlantica», cioè nell’Unione Europea e nell’Alleanza atlantica. Secondo questa risoluzione, assai estesa e assertiva, il sostegno e l’assistenza senza precedenti fornito dall’Unione all’Ucraina continuerà per un tempo definito non in sé e per sé, bensì dall’esito della guerra.
Le parole vergate a tal proposito sono chiare e inequivocabili, determinate dalla condizione dell’Ucraina stessa: «Fino al pieno ripristino e al pieno controllo delle sue frontiere riconosciute a livello internazionale e durante tutto il processo di ripresa e ricostruzione sostenibili». Questa posizione non giunge certo inattesa e può sorprendere solo coloro che, distratti dalle proprie fantasie ’geopolitiche’, ignorano la gravità del momento e la sua brutale realtà scambiata per banale gioco di società. A tale realtà l’Unione Europea risponde invece, ormai da tempo, con una prassi di sicurezza collettiva forse priva di dottrina ma sussunta nelle parole della presidente del Parlamento europeo: «l’Ucraina è l’Europa, il futuro dell’Ucraina è nell’Unione Europea».