«Cos’altro deve succedere per renderci conto che viviamo in un pianeta senza confini e che abbiamo un urgente obbligo morale a mettere in campo tutte le misure per ridurre ogni forma di inquinamento?». Per l’economista Joseph Stiglitz, quella del clima è la più recente delle tante battaglie ugualitarie e democratiche condotte finora. Da quelle per l’accesso alle informazioni finanziarie che gli hanno portato il premio Nobel per l’economia nel 2001 al movimento Occupy Wall Street, ora si batte perché i governi agiscano in fretta sulla crisi climatica.
John Kerry, inviato speciale per il clima degli Stati Uniti, è a Pechino per riprendere gli accordi sul clima. Proprio Cina, Europa e Stati Uniti sono nella morsa del caldo. The Times ha titolato “Rome, the Infernal City”. Ma, secondo Stiglitz, «qualche speranza ce l’abbiamo» in merito a una nuova collaborazione tra i due Paesi che inquinano di più al mondo. Secondo l’economista, tra Pechino e Washington «sul cambiamento climatico c’è identità di vedute. Non potrebbe essere diversamente. Anche la Cina si rende conto dell’urgenza di agire, magari con tempi diversi», dice a Repubblica.
Resta il problema dell’avanzamento di una destra nel mondo che nega il cambiamento climatico. «Beh, noi abbiamo avuto l’esempio di Trump, che definirei di scuola», dice Stiglitz. «Oltre a disdettare l’accordo di Parigi, poi per fortuna ripristinato da Biden, aveva messo in giro calcoli economici apparentemente validi ma in realtà devastanti, secondo i quali gli investimenti per l’ambiente, dalle energie rinnovabili agli interventi idrogeologici, comportavano un carico finanziario eccessivo che sarebbe ricaduto sulle future generazioni. Peggio ancora: diceva che avrebbero comportato un costo smisurato sul debito pubblico».
Invece «è tutto il contrario. Gli investimenti fatti oggi avranno una valenza enorme per i nostri figli e nipoti nella misura in cui saranno loro risparmiati alluvioni, siccità, incendi, tempeste, uragani, ondate di calore. Un valore che mi sembra ben superiore, e lo è anche in termini economici. Una catastrofe ha bisogno di anni per recuperare, spese infinite, perdite umane. Tutto questo non ha prezzo, non solo: ha un preciso valore economico».
Stiglitz ha presieduto, con Amartya Sen e il compianto Jean-Paul Fitoussi, la commissione dell’Onu incaricata di redigere il “nuovo Pil”, di cui fa parte anche il clima. «A fianco della sicurezza individuale, della salute, dell’educazione, la vivibilità del pianeta è parte integrante, anzi qualificante, del futuro “well-being”», dice. «Se sapremo assicurare la sostenibilità in tutte le dimensioni – economica, politica, sociale, ambientale – potremo sperare nella lotta alle disuguaglianze e nella giustizia sociale. Solo allora avremo superato “l’efficienza” di Vilfredo Pareto, secondo cui era impossibile che qualcuno stesse bene senza che qualcun altro soffrisse».