A pochi chilometri a sud della città di Eindhoven, nei Paesi Bassi, ha sede un’azienda fondamentale per l’economia mondiale: si chiama Asml ed è l’unica a produrre alcuni macchinari essenziali per la fabbricazione di microchip, che a loro volta permettono la produzione di molti altri dispositivi elettronici.
Grazie all’aumento della domanda di microchip, nei prossimi dieci anni Asml assumerà settantamila nuovi dipendenti. Al momento, tuttavia, solo ottomila troverebbero una casa vicina al loro futuro posto di lavoro.
Quella di Eindhoven non è l’unica zona dei Paesi Bassi in cui la crisi abitativa si fa sentire: in tutto il Paese mancano circa trecentonovantamila case e il prezzo di quelle che esistono già è aumentato del centotrenta per cento nell’ultimo decennio. Il ministro dell’edilizia pubblica Hugo de Jonge aveva pianificato di costruire novecentomila nuove case entro il 2030, ma con la caduta del governo e l’aumento del costo delle materie prime e dei tassi di interesse, le probabilità che la promessa venga mantenuta sono molto scarse.
«Per alcuni politici olandesi, le persone migranti sono la causa principale della crisi abitativa olandese», ha dichiarato a Linkiesta Jereon Doomernik, professore di scienze politiche all’Università di Amsterdam. Anche se in maniera non troppo evidente, questa credenza è alla base della caduta dell’esecutivo di Mark Rutte, avvenuta a inizio luglio.
«Il governo è caduto a causa del mancato accordo tra i partiti sul piano per limitare non solo le richieste di asilo, ma il numero di ricongiungimenti familiari. Il Partito Popolare per la Libertà e la Democrazia (Vvd) ha proposto infatti di garantire il ricongiungimento solo a chi ottiene lo status di rifugiato, e non anche a chi ottiene la protezione sussidiaria», ha spiegato Doomernik, riferendosi al tipo di protezione che viene garantita alle persone migranti che non possiedono i requisiti per essere riconosciute come rifugiate, ma che potrebbero comunque correre il rischio effettivo di subire gravi danni tornando al loro Paese di origine.
È vero: l’anno scorso nei Paesi Bassi sono arrivate circa quattrocentomila persone migranti, quasi il doppio rispetto al 2021. Ma l’aumento dei prezzi delle case e degli affitti non è dato principalmente dal loro arrivo, quanto dall’incontro tra le conseguenze della guerra in Ucraina sull’economia europea e quelle di anni di scelte politiche neoliberali.
«Dal 2010 in poi, i governi hanno incentivato gli investitori stranieri ad acquistare immobili che erano destinati all’edilizia pubblica. A causa delle proteste dei cittadini, il governo uscente e il ministro De Jonge hanno invertito la rotta», ha spiegato a Linkiesta Wouter van Gent, professore di geografia urbana all’Università di Amsterdam. In pochi anni, comunque, l’edilizia pubblica olandese ha smesso di essere un motivo di vanto per la popolazione: conta 2,6 milioni di abitazioni ad affitti calmierati ma, come in Svezia, per ottenerne una bisogna aspettare in media dieci anni.
«Siamo un Paese piccolo e non possiamo avere città sempre più grandi, riserve naturali, un settore primario gigantesco, comode autostrade e fabbriche dell’industria pesante senza modificare l’ambiente in cui viviamo. Per questo motivo, la politica olandese è costretta sempre più spesso a prendere decisioni importanti in termini di consumo di suolo», ha aggiunto van Gent. Una delle misure più recenti prevede il divieto temporaneo di costruire in alcune aree sensibili o senza tenere conto delle emissioni di azoto rilasciate durante i lavori.
Anche il settore primario ha un ruolo fondamentale nel consumo di suolo: i terreni agricoli, infatti, occupano il sessantacinque per cento della superficie dei Paesi Bassi. «La mia speranza è che limitare il consumo di suolo da parte delle aziende agricole possa creare più spazio.
Ovviamente, molte aziende non sono d’accordo e sono pronte a chiedere risarcimenti enormi», ha dichiarato van Gent. Alle scorse elezioni provinciali, tuttavia, la maggioranza dei voti sono andati proprio al BoerBurgerBeweging (BBB), un partito che difende gli interessi degli agricoltori e degli abitanti delle aree rurali.
In assenza di soluzioni migliori e in attesa delle prossime elezioni, previste per novembre, la strategia più semplice rimane quella di convincere gli stranieri – persone migranti, turisti e studenti stranieri – a non andare nei Paesi Bassi e limitare il loro impatto sull’edilizia pubblica e sul mercato degli affitti.
L’anno scorso, l’Università di Amsterdam ha comunicato ai suoi studenti provenienti dall’estero di non iscriversi all’università in caso non avessero trovato una stanza entro metà agosto. Negli ultimi sedici anni, infatti, il numero di studenti stranieri è aumentato molto più rapidamente rispetto a quello degli studenti olandesi: l’anno scorso, gli studenti stranieri che frequentavano il primo anno di università ha superato il quaranta per cento del totale.
Sulla stessa linea, quest’anno il comune di Amsterdam ha lanciato la campagna «Stay Away», una serie di spot che prendono di mira gli uomini inglesi tra i diciotto e i trentacinque anni e loro comportamenti inappropriati quando si trovano in vacanza.
Il messaggio è chiaro: finché la crisi abitativa olandese non sarà risolta, almeno voi state a casa vostra.