Profumo d’arteLa stanza del cioccolato

Ed Ruscha ricopre di cioccolato le pareti di una sala del Museum of Modern Art, con una installazione che pone al centro del pensiero artistico l’alimento che più di ogni altro mette d’accordo tutti, anche al museo

Un profumo intenso si sta diffondendo al sesto piano del Museum of Modern Art, dove è in corso l’installazione dell’opera di Ed Ruscha, una stanza in cui le pareti bianche di un museo sono diventati una stanza del cioccolato. Così la racconta la curatrice, Ana Torok: «Ruscha ha realizzato per la prima volta Chocolate Room mentre si trovava a Venezia, in Italia, nel 1970. In quel periodo stava esplorando ogni tipo di sostanza insolita per le sue stampe e setacciava i supermercati locali alla ricerca di nuovi materiali. Finisce per vedere dei tubetti metallici di pasta di cioccolato Nestle che gli ricordano i tubetti metallici dei suoi colori a olio, e così decide di usare il cioccolato, stampandolo in serigrafia su centinaia di fogli di carta e disponendoli su tutte e quattro le pareti di una stanza. L’opera deve essere rifatta ogni volta che viene presentata. Ecco uno dei costruttori, Edan McPherson, di La Paloma Fine Arts».

La famiglia McPherson, La Paloma Fine Arts, ha reso di nuovo tangibile il pensiero artistico in questa nuova installazione, partendo dal cioccolato fuso che è diventato fogli solidi che ricoprono le pareti. Un lavoro artigianale, che passa da spatole e bagnomaria, stendini e fogli che diventano mattoni di un progetto che mette insieme arte e cibo.

Chocolate Room è una stranezza nell’opera del prolifico Ruscha, oggi artista ’85enne nativo del Nebraska: in mezzo a dipinti, stampe e libri fotografici, questa è la sua unica installazione. È stata realizzata solo sette volte dalla sua creazione nel 1970, e mai prima di oggi a New York. Christophe Cherix, curatore capo del MoMA per le stampe e i disegni, l’ha definita «quasi mitica. Se ne legge, si sente parlare degli insetti, del profumo».

Nel 1995 le curatrici Ann Goldstein e Anne Rorimer inserirono questa follia in una rassegna di arte concettuale al Museum of Contemporary Art di Los Angeles, che l’ha acquistata nel 2003. Come dichiara al NYTimes Goldstein, oggi vice direttore dell’arte moderna e contemporanea dell’Art Institute di Chicago: «Credo che abbiamo sorpreso Ed con la nostra proposta di rifare l’opera, un’unione di pittura e arte concettuale”.

Nella pianta della mostra del MoMA, la “Chocolate Room” è fondamentale, in quanto collega i dipinti pop-art degli anni Sessanta e i libri concettuali di Ruscha alle sue stampe e ai suoi disegni in materiali insoliti come la polvere da sparo e il tabacco. Come il gusto, “il linguaggio viene dalla bocca”, ha sottolineato Michael Govan, direttore del Los Angeles County Museum of Art, dove la mostra si sposterà successivamente e dove la “Chocolate Room” sarà rifatta.

Da parte sua, Ruscha sembra affascinato dalla risonanza di questo gesto sano ed elegante, tappezzare una stanza con il cioccolato: «Non sono sicuro di dove mi abbia portato, non sono sicuro di averne imparato qualcosa. È solo quello che è».

Alla fine di marzo, mentre La Paloma stava ancora mettendo a punto la produzione, ho incontrato Ruscha nel Centro Studi Disegni e Stampe del MoMA. Il personale del museo aveva esposto alcuni esempi del suo lavoro, tra cui una foglia di riserva dell’originale “Chocolate Room”, abbronzata dall’età. Le strisce di fiordaliso della sua camicia in stile western facevano risaltare le sue iridi.

Nel 1970, il curatore Henry Hopkins invitò 47 artisti al Padiglione degli Stati Uniti per la 35a Biennale di Venezia. Più della metà si ritirò per protesta contro la guerra del Vietnam. Hopkins riservò una stanza per i progetti di stampa a rotazione, e quello di Ruscha fu il primo. Ma come è arrivata l’idea del cioccolato? Risponde l’artista: «Ero un po’ stanco di fare quadri consueti e ho pensato di usare materiali non convenzionali». L’anno precedente aveva realizzato “Stains”, carta imbrattata con qualsiasi cosa, dall’acqua del rubinetto di Los Angeles al sangue dell’artista. A Londra aveva lavorato a “News, Mews, Pews, Brews, Stews & Dues”, sei parole in caratteri gotici stampate con sostanze organiche come grasso e ripieno di torta, usando per lo sfondo un mix di caffè e sciroppo. «Il cioccolato ha un modo particolare di stendersi, quasi come un inchiostro. Volevo evitare di fare una esperienza pittorica ma semplici mattoni per decorare un muro». Così Ruscha e il mercante d’arte Brooke Alexander hanno raccolto tutti i tubetti di cioccolato Nestlé che sono riusciti a trovare. Il maestro stampatore William Weege era di stanza al Padiglione, e lui e Ruscha fecero passare il cioccolato fuso attraverso una macchina serigrafica, su carta Fabriano di lusso fatta a mano. Rifilarono i bordi e appiccicarono i fogli sul muro. L’arte, a volte, è fatta di semplici pensieri geniali.

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