Fuori dai radarRacconti di un tragico tempo sospeso

Cosa si fa del passato, quando non passa? Nella raccolta “Gli estinti” (CTRL books) Alessandro Monaci e altri diciotto autori e autrici raccontano le vite dolci, contraddittorie e violente di persone e luoghi che si fanno profeti di un futuro che (probabilmente) non arriverà

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(ottobre 2020)

Dopodiché Alessandro è sparito. L’hanno visto l’ultima volta sulla cima della Presolana alle 8 di domenica mattina. Ha parlato con una coppia di escursionisti, raccontando loro di essere partito alle 5 dalla sua baita e descrivendo alcune sue ascensioni compiute nei mesi precedenti. Si è fatto scattare una fotografia sotto la croce di vetta, poi gli altri due sono scesi. Di lui invece si è persa ogni traccia.

In Italia, da quando si è iniziato a contarle, sono scomparse mediamente 1.344 persone all’anno. Dal 1974 a oggi risultano spariti 61.826 individui [dati del primo semestre 2020]. Di questi, 45.028 sono minorenni (il 72,8%), 1.627 hanno più di 65 anni (2,6%). La metà circa (52%) delle denunce riguarda individui italiani. Uomini 63%, donne 37%. La percentuale alta dei giovani deriva da un automatismo burocratico: quando un migrante minorenne si allontana dalla comunità, spesso per provare a raggiungere paesi del Nord Europa, la denuncia parte d’ufficio. Gli stranieri rappresentano il 68% degli scomparsi under 18.

Denunce totali da quando è stata istituita la banca dati nazionale: 250.008. Nel primo semestre 2020 – quello del confinamento – 4.833, di cui 3.052 archiviate per ritrovamento. Le parole generano la realtà. O quantomeno la influenzano. Quando le parole sono troppe, la realtà si nasconde e frammenta, ci sfugge, si fa impalpabile, anche se di grossa sostanza. Disperso. Scomparso. Svanito. Evaporato. Estinto. Uno stormo di sinonimi che creano una cortina oltre la quale è difficile guardare. Abbiamo più parole per descrivere la scomparsa che la presenza. Eppure i termini non sono mai identici. Uguali. Equivalenti. Intercambiabili. Vi è una grossa differenza, per esempio, tra scomparsi e dispersi, che sono le due definizioni utilizzate in ambito legale e burocratico. La prima indica una persona che si è allontanata dalla propria dimora o abitazione in una situazione in cui le circostanze potrebbero far temere per la sua incolumità: è dunque una condizione che segue una denuncia, sulla quale si apre un’attività d’indagine da parte delle forze dell’ordine. Le persone disperse sono invece quelle di cui non si ha più traccia dopo delle calamità (un terremoto, una frana, un’inondazione) o durante una loro attività in ambiente impervio (che è il termine legale per indicare fondamentalmente “nella natura”) o acquatico.

Che in mare sia facile scomparire è intuitivo. Secondo dati dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, il 71% delle persone decedute in mare nel 2016 sono state classificate come disperse. Quello che è più difficile immaginare è quanto sia facile sparire anche nei boschi vicini ai centri abitati. Viviamo in uno degli ambienti più antropizzati del mondo. È arduo camminare in un qualsiasi luogo d’Italia per più di 15 minuti senza incrociare un segno dell’uomo. Eppure migliaia di persone sono sparite nel nulla.

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Il reportage completo su “Gli estinti, anime e luoghi che furono e che sono”, CTRL books, 384 pagine, 20 euro

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