Spiacevolmente insensibileIl «lato oscuro» e antisemita di Roger Waters (secondo i suoi collaboratori)

Un documentario denuncia l’ex co-leader dei Pink Floyd, anche con le parole di Bob Ezrin, il mitico produttore di “The Wall”. Per non parlare del suo putinismo sulla guerra russa all’Ucraina, contro cui invece si impegnano David Gilmour e Nick Mason

Foto Piergiorgio Pirrone - LaPresse

“The Dark Side of Roger Waters”: anche Bob Ezrin, il mitico produttore di “The Wall”, è tra i testimoni che denunciano l’antisemitismo dell’ex-leader dei Pink Floyd in un documentario appena uscito. “Il lato oscuro di Roger Walters”, il titolo, è ovviamente, alla lettera, una voluta citazione di “The Dark Side of the Moon”: l’album sul “Lato oscuro della luna” che nel 1973 rappresentò il primo vertice del gruppo, e la cui realizzazione è stata a sua volta raccontata in un famoso documentario. Ma un «lato oscuro» era anche quello che portava all’impazzimento del protagonista di “The Wall”, album e film che sono un altro vertice dei Pink Floyd.

Tastierista, pianista e percussionista, oltre che produttore, nato in Canada, Ezrin è stato un personaggio che ha fatto la storia del pop anni Settanta. Adesso ha deciso di denunciare parole e comportamenti di Waters che giudica antisemiti. Allo stesso modo di Norbert Statchel: un sassofonista che una volta commise l’errore di dirgli che sua nonna era una ebrea polacca morta nell’Olocausto. Subito, Waters cominciò a esibirsi nella presa in giro di una contadina ebrea polacca. «Adesso hai conosciuto tua nonna! Come ti senti adesso?», gli chiese. Statchel si indignò, ma un collega gli consigliò di lasciar perdere se voleva mantenere il suo lavoro. Il sassofonista racconta anche che durante un tour in Libano il gruppo si fermò in un ristorante, dove a Waters furono offerti diversi piatti vegetariani. Furioso, il musicista sbottò: «Portatemi via questo cibo ebreo!».

A sua volta, Ezrin racconta di aver sentito Waters improvvisare una canzone con un’allusione spregiativa per l’agente della band Bryan Morrison, anche lui ebreo. «Non ricordo la circostanza esatta, ma qualcosa come…, l’ultima riga del distico era, “…perché Morry è un dannato ebreo”». Testimonia però che Waters non riesce ad ammettere di essere essere antisemita. «Se penso che si consideri antisemita? Scommetto che non lo farà, e anzi sarà la prima persona a dire: “Non sono contro niente, sono per tutti”. Ma come persona con una potente piattaforma pubblica, ha la responsabilità di capire che ciò che fa influisce sulle altre persone, quindi potrebbe non esserlo, ma cammina come tale, starnazza come tale, nuota come tale, quindi dal mio punto di vista è funzionalmente una papera». Citazione di un famoso detto anglosassone.

Il documentario rivela anche e-mail di Waters del 2010 in cui si suggeriva di includere negli spettacoli un maiale gonfiabile dipinto con il messaggio «Dirty Kike»: termine dispregiativo per gli ebrei negli Stati Uniti. Il musicista avrebbe anche preso in considerazione l’idea di «bombardare» il pubblico con coriandoli a forma di stelle di David, simboli del dollaro, svastiche e altro ancora.

Il documentario viene giusto a un anno dall’annullamento di un concerto di Waters in Polonia, che aveva evidenziato lo scontro tra la sua linea sempre più filo-Putin e l’impegno fortemente filo-ucraino dei suoi ex-compagni. E il 3 febbraio scorso in una intervista al Berliner Zeitung aveva attaccato duramente “Hey Hey Rise Up”: la canzone dedicata all’Ucraina dai suoi ex-colleghi David Gilmour e Nick Mason, pubblicata legittimamente col nome della band. «Ho visto il video e non mi sorprende ma è una gran tristezza, incoraggia la continuazione della guerra. Un tempo ero legato al nome dei Pink Floyd, è stato un periodo importantissimo della mia vita, una cosa enorme: associare quel nome a una guerra per procura mi fa tristezza. Non hanno chiesto di fermare il conflitto, di fermare il massacro, di riunire i capi di Stato per negoziare. Sventolano senza senso la bandiera blu e gialla»

Nell’occasione, aveva anche espresso il suo dubbio che «Putin [fosse] un gangster più grande di Joe Biden e di tutti coloro che sono responsabili della politica americana dalla seconda guerra mondiale»: «Putin governa con ponderazione, prendendo decisioni sulla base del consenso del governo della Federazione Russa». A parte ripetere la propaganda putiniana su Euromaidan, Waters aveva anche poi detto che «gli attivisti della lobby israeliana» stanno cercando di far cancellare i suoi concerti in Germania e che «gli israeliani stanno commettendo un genocidio. Proprio come ha fatto la Gran Bretagna durante il nostro periodo coloniale… Credevamo di essere intrinsecamente superiori alle popolazioni indigene, proprio come fanno gli israeliani in Palestina». Si diceva inoltre a favore del boicottaggio a Israele e spiegava che invece avrebbe suonato ancora a Mosca, «dato che Mosca non gestisce uno Stato di apartheid basato sul genocidio degli abitanti indigeni».

Il tutto aveva provocato l’ira di Polly Samson: giornalista, scrittrice, unica donna ad aver scritto testi per le canzoni dei Pink Floyd, ma soprattutto moglie di Gilmour, per un cui album ha anche cantato e suonato il pianoforte, e sua volta con radici ebraiche. E il 6 febbraio gli aveva rivolto un tweet di fuoco: «Purtroppo [Waters] sei antisemita fino al midollo», aveva scritto. «Anche un apologeta di Putin e un bugiardo, ladro, ipocrita, evasore fiscale, uno che canta in playback, misogino, malato di invidia, megalomane. Basta con le tue sciocchezze».

«Roger Waters è a conoscenza dei commenti incendiari e del tutto inesatti fatti su Twitter da Polly Samson, che lui confuta completamente. Attualmente sta ricevendo consigli sulla posizione da prendere», fu la risposta, che minacciava velatamente azioni legali. «Ogni parola è dimostrabilmente vera», ritwittò Gilmour a favore della moglie.

A maggio c’era poi stato un tour in Germania in cui Waters si era mostrato sul palco in abiti nazisti, e che aveva portato a contestazioni e denunce della polizia. Si era difeso spiegando che in realtà l’impersonare il protagonista di «The Wall», Pink, nel delirio che lo porta a immaginarsi dittatore, non era apologia, ma ammonimento contro il nazismo. Più in generale Waters respinge le accuse di antisemitismo, spiegando che lui è solo un critico severo dello Stato di Israele. «Ho passato tutta la mia vita a denunciare l’autoritarismo e l’oppressione ovunque li vedessi. Quando ero bambino, dopo la guerra, il nome di Anna Frank si sentiva spesso in casa nostra, era diventato un ricordo permanente di ciò che accade quando il fascismo non viene controllato. I miei genitori hanno combattuto contro i nazisti nella seconda guerra mondiale e mio padre pagò il prezzo più alto». Era un sottotenente, caduto durante lo sbarco di Anzio.

Ma Gilmour ha invece invitato a vedere il documentario con un altro tweet che allude al precedente appoggio della moglie. «Sporco Kike” “Cibo ebreo” “Dannato Ebreo”. È Roger Waters antisemita? Guarda The Dark Side of Roger Waters ora e decidi da solo». In effetti, “The Dark Side of Roger Waters” sembra quasi la dimostrazione che il chitarrista dei Pink Floyd aveva invocato a favore della moglie.

Roger Waters ha risposto. O meglio, ha detto di aver deciso di rispondere ora: dopo che lo avevano appunto contattato sui punti tirati in ballo nel documentario, e aveva ritenuto che «non meritassero una risposta». Spiega dunque di avere per tutta la vita utilizzato la notorietà che il successo gli ha dato per sostenere i diritti umani universali, e «rendere il mondo un posto migliore, più giusto e più equo per tutti i miei fratelli e sorelle, in tutto il mondo, indipendentemente dalla loro etnia, religione o nazionalità, dalle popolazioni indigene minacciate dall’industria petrolifera statunitense alle donne iraniane protestando per i propri diritti». Che questo è il motivo per cui è attivo nel «movimento di protesta non violento contro l’occupazione illegale della Palestina da parte del governo israeliano e il suo trattamento vergognoso nei confronti dei palestinesi». «Coloro che desiderano confondere questa posizione con l’antisemitismo rendono un pessimo servizio a tutti noi». Ammette però: «La verità è che sono spesso chiacchierone e incline all’irriverenza, non riesco a ricordare cosa ho detto 13 o più anni fa. Ho lavorato a stretto contatto per molti anni con molti ebrei, musicisti e altri. Se ho fatto arrabbiare le due persone che compaiono nel film, mi dispiace».

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