Ha ragione Annalena Benini. La scuola deve abolire i voti. Di più. Bisogna creare una nuova Scuola Superiore. La scuola italiana, nella sua connotazione costitutiva, è ancora quella pensata dall’impostazione della riforma degli ordinamenti scolastici che va sotto il nome di riforma Gentile, decisa nei venti mesi che vanno dal 31 ottobre 1922 al 1 luglio 1924 dal governo Mussolini. Su quell’impianto – a sua volta imperniato sulla legge Casati (1859-60) – si regge ancora oggi il sistema scolastico italiano. Gentile strutturò la sua azione appellandosi alla «obbedienza allo Stato e ai suoi legittimi organi», e non è un caso. Tra i principi ispiratori della riforma fascista c’è infatti l’idea dell’insegnamento come dovere di realizzare, attraverso l’educazione pubblica, un principio statuale autoevidente e assoluto: l’attualismo che genera lo Spirito.
La pedagogia gentiliana rifugge da ogni pluralismo fattuale e da ogni possibile discontinuità nel rapporto subalterno tra maestro e allievo, tra Stato e società. A fissazione degli obiettivi pedagogici di questa scuola c’è una gerarchia piramidale, che parte da un programma generale e va verso lo studente in maniera monolitica e unilaterale, che prevede il controllo diretto degli studenti, dei singoli professori e dei loro metodi di insegnamento. La standardizzazione passa dai corsi di studio e dall’organizzazione rigida e autocratica dell’organizzazione, della struttura tecnica di supporto e di ispezione, in un’articolazione basata sulla omologazione dei manuali, dei percorsi di studio e delle sedi e sull’accentramento del governo.
La scuola viene così a rafforzare quel carattere marcatamente classista che trova compimento nell’esaltazione della cultura come blocco da imparare più che come strumento da maneggiare, che si riflette nel rigore degli studi finalizzati alla formazione di una nuova classe dirigente improntata sulle esigenze di un modello rigido di ferrea disciplina e su quelle di un’economia dove lo Stato imprime la sua impronta a ogni livello.
La riforma Gentile prende il via con la centralizzazione del programma e la riorganizzazione e centralizzazione degli uffici e si pratica costantemente con il culto dell’ordine, della disciplina, della regola univoca, rivolgendosi fatalmente, nella sua struttura di base, a un paradigma marziale, quasi poliziesco, in cui il ministro è capo supremo e a seguire il corpo docente, con gli alunni meri soldati. In questo modo si crea una piramide costruita con i criteri della formazione forzata e del duro indottrinamento. È un modello pedagogicamente sbagliato, obsoleto e antistorico.
La nuova Scuola Superiore
La scuola di domani è una scuola orizzontale. Il programma educativo prevede l’ascolto, la cura, l’attenzione, il coinvolgimento, la centralità dello studente al fine di ottenerne l’autonomia – in riferimento alla sua esclusiva e irripetibile unicità – in un processo di valorizzazione dei suoi talenti e delle sue inclinazioni, al fine di inserirle armonicamente nel contesto culturale e sociale in cui vive. I principi educativi affondano le radici nella cultura liberale, che crede in un progetto di scuola aperta e inclusiva, dove l’alunno – la persona, con il suo programma individuale di vita – è al centro del progetto di un nuovo umanesimo esistenziale.
Agganciando la conoscenza teorica al progetto di vita personale, la nuova scuola promuove un progetto di studi aperto, coinvolgente e condiviso e la conoscenza delle molteplici possibilità esistenziali offerte dal presente e al contempo incoraggia lo sviluppo di tutte le intelligenze, creando per ogni individuo un percorso personalizzato formativo integrato e individuale, ovvero su misura, che ne consenta, attraverso una continua interazione con i docenti – intesi come esperti – e la realtà sociale, una crescita armonica personale costante e a tutto tondo e di riflesso sociale e collettiva.
La nuova scuola è portatrice di politiche e di istanze che favoriscono l’intercultura attiva. Le contaminazioni nascono dall’incontro tra i giovani, di provenienza geografica e culturale diversa, sia nazionali che internazionali, con lo scopo di insegnare l’importanza e la ricchezza della relazione, dell’incontro e dello scambio. Per fare in modo che la diversità diventi motore di crescita personale, di sviluppo, di coesione sociale, di pace e di libertà. I ragazzi della scuola proseguono il loro percorso in un programma di alternanza scuola lavoro che li porterà a dialogare con il territorio, le sue imprese e le sue strutture d’eccellenza, e a mettere in pratica le loro idee.
Nella nuova scuola non si danno voti, ma si consegna una scheda di valutazione finale a ogni singolo studente che ne mette in luce inclinazioni e vocazioni. Ci sarà un unico corso di studi chiamato Liceo.
Programma
Lezioni teoriche: filosofia pratica, etica, estetica, logica, fisica, matematica, scienze, storia contemporanea, antropologia, sociologia, diritto, inglese, design, fotografia-videomaker, storytelling e scrittura creativa.
Lezioni pratiche: i prodotti della terra e la loro trasformazione, studio della filiera alimentare, artigianato artistico (ceramica, modellismo, pittura), musica, nuovi modelli di turismo, nuovi modelli economici, nuovi metodi di produzione, attività manuali (idraulica, meccanica, elettricità), nuove tecnologie, sport.
Gli studenti verranno raggruppati in quattro gruppi (idealisti, pratici, innovatori, riformisti) distinti in base a quattro macro interessi individuati attraverso un questionario lungo, detto bilancio delle competenze, realizzato su ciascuno di loro, che porterà ad avere una scheda dettagliata di inclinazioni e talenti di ogni ragazzo. Alcune lezioni saranno comuni, altre dedicate e di gruppo, altre individuali. L’incontro tra gruppi eterogenei favorirà le contaminazioni e la circolazione delle idee.