«Josep Borrell, l’alto rappresentate dell’Ue per la politica estera, ci ha detto che deve essere uno Stato membro ad avviare il percorso per istituire i Corpi civili di pace in Europa. Alla luce di quello che abbiamo costruito da Ventotene a oggi, perché non può essere ancora l’Italia a iniziare questo percorso? Chiediamo che il ministro degli Esteri Antonio Tajani porti questa proposta nel governo italiano e a Bruxelles».
Dopo la prima conferenza organizzata a Kyjiv, in Ucraina, il 15 ottobre scorso, il Movimento europeo di azione non violenta (Mean) ha presentato alla Camera dei deputati un Manifesto per la creazione dei Corpi civili di pace europei (European Civil Corps), che sarà il documento per una raccolta firme in tutta Europa. Proprio mentre corre parallela al Parlamento europeo una proposta di risoluzione, già sottoscritta da 18 europarlamentari di diverse nazionalità, che sarà discussa a gennaio in una corsa contro il tempo per arrivare a un testo concreto prima delle elezioni di giugno 2024. Un lavoro frutto di nove viaggi degli attivisti del Mean in Ucraina, dopo l’aggressione russa del 24 febbraio 2022. Da allora, sono stati portati a termine trentasei gemellaggi tra comuni italiani e ucraini, oltre alla costruzione del Peace Village di Brovary e i Summer Camp per permettere a mamme e bambini di «cambiare aria» dalla scenario di guerra.
Alla Camera, il Mean ha sottolineato la centralità dei Corpi civili di pace in ogni scenario di guerra, dall’Ucraina al Medio Oriente. «Quando c’è una guerra, dire chi ha sparato prima e chi ha sparato dopo non è utile», ha detto Marianella Sclavi, portavoce del Mean. «È invece utile capire chi aveva la responsabilità di impedire che si sparassero. Se nel Donbas ci fossero stati i corpi civili di pace, forse non saremmo a questo punto».
Nel Manifesto vengono delineate le caratteristiche e gli obiettivi di questo nuovo istituto europeo, immaginato già nel 1995 da Alex Langer, allora eurodeputato del Gruppo Verde. Un corpo di pace, in pratica, composto da operatori competenti della società civile presenti sul campo, in grado di prevenire escalation e conflitti. Con una scuola – la cui sede è ancora da decidere – per creare quelle competenze nella risoluzione dei conflitti che sarebbero servite nel Donbas dieci anni fa.
«Abbiamo capito che delegare solo ai governi la costruzione della pace non funziona», ha detto Marco Bentivogli, tra i sottoscrittori del Manifesto. «Dobbiamo coinvolgere sempre più la società civile. La nostra politica prenda posizione e dica se è a favore oppure no. I corpi civili di pace si muovono lo stesso, ma il riconoscimento istituzionale sarebbe in grande salto di qualità».
La deputata Federica Onori, del Movimento Cinque Stelle, che ha ospitato gli attivisti del Mean alla Camera, si è impegnata a presentare a Montecitorio una interpellanza al ministro Tajani. Mentre l’eurodeputato Massimo Castaldo seguirà la partita all’Europarlamento.
«Noi non stiamo dicendo che questa è la strada per fermare le guerre», ha spiegato Angelo Moretti. «Ma con la guerra arrivata a due giorni di macchina da qui, mentre i conflitti intorno a noi si moltiplicano, tutti cittadini devono sentirsi responsabili della pace. Noi continueremo a sostenere la resistenza ucraina contro l’invasore russo, ma quando arriveremo a una tregua dovremo già essere schierati con i Corpi civili di pace».
Nel corso della conferenza di Kyjiv a ottobre, il Mean aveva individuato un comitato di otto esperti. «Oggi abbiamo fatto un altro passo avanti, portando i Corpi civili di pace a Roma, al Parlamento italiano», ha detto Moretti. «L’Europa è rimasta priva di quella difesa comune sognata a Ventotene, ma ora può e deve fare la differenza nella costruzione competente della pace». Ora la palla passa al governo italiano.