Atroci, le immagini della guerra. Ma è più atroce usarle per negare la verità della guerra, che è un’altra cosa rispetto all’atrocità della guerra. E per capire la verità della guerra si tratterebbe di capire se Israele ha diritto di ricercare e neutralizzare i terroristi del 7 ottobre oppure no. È perfettamente legittimo sostenere che quel diritto non ce l’ha, perché Israele occupa una terra altrui, perché il 7 ottobre si è consumato un atto di comprensibile resistenza a quell’occupazione, perché a Gerusalemme ci sono i rettiliani, perché Netanyahu è come Hitler e perché Big Pharma e Hollywood sono in mano agli ebrei. Basta dirlo senza tanti giri di parole, come coraggiosamente (bisogna ammetterlo) fanno certi consulenti dell’Onu e i pacifisti che gridano «Fuori i sionisti da Roma» sventolando le immagini dei bambini bombardati e strappando quelle dei bambini rapiti.
Si tratterebbe di capire, ove mai fosse riconosciuto a Israele il diritto di ricercare e neutralizzare i terroristi del 7 ottobre, se le uccisioni di innocenti provocate durante l’operazione militare di questi mesi debbano essere considerate per addossare a Israele la responsabilità di averle fatte – giudicando caso per caso se erano evitabili, se erano sproporzionate, se erano deliberate, eccetera – o se invece debbano essere considerate per revocare a Israele quel diritto di difendersi.
Si tratterebbe di capire se le immagini di un prigioniero maltrattato sono adoperate per dire che non bisogna maltrattare i prigionieri, o invece per dire che non bisognava farlo prigioniero; per dire che bisogna fargli rimettere gli abiti quando è accertato che non ha armi e dunque è innocuo, o per dire che il suo diritto alla riservatezza comprende la facoltà di portare una cintura esplosiva senza che un soldato si permetta di spogliarlo; per dire che l’immagine di un bambino con le mani alzate è oscena, o per dire che la gloriosa resistenza ha il suo bel diritto di portarsi un po’ di bambini mentre tira un razzo contro il tank sionista.
Si tratterebbe di capire se bisogna fare indagini e ottenere la punizione dei responsabili se e quando un’autoambulanza è gratuitamente presa di mira, o se bisogna rivendicare il diritto dei terroristi di trasportare armi nelle ambulanze.
Si tratterebbe di capire se bisogna imputare a Israele di aver fatto troppi morti per far saltare un tunnel usato dai terroristi, o se bisogna proteggere il diritto dei terroristi di scavare tunnel per nascondere arsenali ed entrare in Israele per trucidare milleduecento persone e rapirne alcune centinaia: e per rifarlo, dal fiume al mare, come hanno promesso.
Si tratterebbe di capire se bisogna chiedere a Israele di fermarsi davanti a un ospedale, e chiamare Israele a rispondere se non lo fa, o se bisogna riconoscere ai terroristi di farne il proprio rifugio, anche perché il tunnel non era proprio proprio proprio sotto l’ospedale, signori miei, ma a diciotto metri e mezzo dalla sala parto e a venticinque dalla radiologia.
Si tratterebbe di capire quali sono i diritti e i doveri in gioco. Il dovere di Israele di tenersi i terroristi a un passo da casa? Il diritto dei palestinesi di tenersi i terroristi in casa propria? Il dovere di Israele di rispettare l’autodeterminazione terroristica? Il diritto dei palestinesi di farsi comandare da una setta di macellai?
Solo dopo aver risposto a queste domande, e secondo che si risponda in un modo o nell’altro, le immagini della guerra possono essere adoperate per distribuire colpe e reclamare giustizia. Solo dopo che ci si mette d’accordo sul fatto che l’obbligo di non sparare a un bambino non riposa sul diritto dei terroristi di farsene scudo.