La componente antisemita e pro Hamas della sinistra, le falangi contestualizzatrici verdi e comuniste e la risulta parassitaria e boniniana dell’usurpata eredità radicale che hanno creduto di non sostenere formalmente la manifestazione dell’altra sera per la vita degli ebrei e di Israele rappresentano un’Italia non molto diversa, e per certi aspetti peggiore, rispetto a quella che stava a guardare mentre gli ebrei erano caricati sui carri bestiame.
Quella piazza romana, nella quale risuonavano le parole giuste e dovute di Piero Fassino, di Carlo Calenda, di Antonio Tajani, di Matteo Salvini, di Ignazio La Russa e degli altri, dei pochi altri che hanno fatto stecca nel coro delle assenze, delle latitanze equivicine ai macellai del 7 ottobre, delle nobili complessità che sconsigliavano la partecipazione perché, vedi mai, c’era caso che in vista dell’appuntamento elettorale europeo andasse a monte l’affascinante avventura due punto zero tra il progressismo dal fiume al mare e i diritti civili nel perimetro degli hotel di Bruxelles e Strasburgo, ecco, quella piazza effettivamente non troppo piena raccontava molto bene il significato che presso certuni ha avuto il pogrom del 7 ottobre e tutto quel che è successo dopo.
Quel che è successo dopo non solo lontano da qui, nelle strade palestinesi in cui i cadaveri degli ebrei massacrati erano fatti a pezzi e coperti di sputi, o negli aeroporti e negli alberghi dove si apriva la caccia all’ebreo, o nei ristoranti e nei negozi degli Stati Uniti presi d’assalto dalle turbe pro sgozzatori, ma quel che è successo anche qui, anche ai margini di quella piazza romana allestita dagli ebrei, partecipata da pochi buoni e giusti e disertata dai troppi, quei comunisti, quei verdi, quegli “europeisti” per calcolo spicciolo di collegio, gli stessi che invece partecipavano alla manifestazione femminaia dei giorni scorsi, quella che rivendicava il diritto donnista contro il patriarcato dell’imperialismo sionista, altro che la civiltà del sistema che sgozza gli omosessuali e propugna le virtù della lapidazione delle adultere.
C’erano spazi vuoti in quella piazza. Non era piena come quella sindacal-arcobaleno che scacciava le bandiere ucraine e israeliane e conveniva tanta brava gente che riteneva di soprassedere se c’era qualche trascurabile dettaglio goebbelsiano, qualche rivolo apologetico delle gesta degli eroi del 7 ottobre: perché dopotutto era importante esserci, sarai mica indifferente ai femmincidi, sarai mica insensibile alle sofferenze di quelle che si tagliano la ciocca mentre sono sottoposte all’imperio delle destre e al regime della desinenza maschilista.
La peggio Italia che riempiva le manifestazioni maggioritarie contro la violenza sulle donne, donne ebree a parte; la peggio Italia che svuotava la piazza in cui si chiedeva di non dimenticare gli ebrei uccisi in quanto ebrei dopo ottant’anni di retorica «Mai più».