Aleksandr Lukašenko, presidente bielorusso in carica dal 1994, ha firmato una legge che gli garantisce l’immunità totale e permanente dai processi penali e che vieta ai leader dell’opposizione che vivono in esilio di candidarsi alle future elezioni presidenziali.
Un dispositivo che teoricamente si applica a tutti gli ex presidenti e ai membri della sua famiglia. Ma di fatto la questione riguarda soltanto Lukašenko, che ha 69 anni ma governa la Bielorussia, in modo piuttosto autoritario, da 30.
Come altri capi di stato del passato, anche Lukašenko sembra sia stato colto dal terrore di essere defenestrato, o semplicemente sconfitto da qualche avversario più democratico di lui. Il risultato finale, però, è che la legge rafforza ulteriormente il potere di Lukašenko e inibisce eventuali sfidanti alle prossime elezioni presidenziali bielorusse, che si svolgeranno nel 2025.
Per i candidati presidenziali le regole diventano ora molto, troppo, stringenti. Nessun candidato possibile tra leader e attivisti dell’opposizione accolti negli ultimi anni nei Paesi vicini, come quelli del Baltico. Da oggi possono candidarsi soltanto i cittadini bielorussi che risiedono stabilmente nel Paese da almeno vent’anni e possono dimostrare di non aver mai avuto un permesso di soggiorno all’estero.
Nell’agosto 2020 Lukašenko è stato eletto per la sesta volta e in Bielorussia è esplosa la protesta per una vittoria elettorale che l’opposizione e l’Occidente hanno bollato subito come fraudolenta. Nelle carceri bielorusse, in quel periodo c’erano trentacinquemila detenuti, molti dei quali erano abitualmente torturati e, una volta usciti, hanno lasciato il Paese.
Astuto e spregiudicato, Lukašenko con questa legge ha poi ben pensato di proteggersi in caso di caduta. Nel testo è scritto che se il presidente dovesse lasciare il potere, «non potrà essere ritenuto responsabile delle azioni commesse in relazione all’esercizio dei suoi poteri presidenziali».
Insomma, un’immunità e una serie di privilegi che non finiscono mai anche per i membri della sua famiglia: a loro dovrà essere garantita protezione statale per tutta la vita, oltre ad assistenza medica e assicurazione sugli infortuni. Non basta, dopo le dimissioni, il presidente è di diritto anche membro permanente a vita della Camera Alta del parlamento.