Forse non hanno ancora vinto gli aggressori dell’Ucraina, ma certamente stanno vincendo quelli che qui da noi hanno assistito all’aggressione desiderando come pazzi e lavorando sodo affinché il processo di denazificazione avesse corso senza intoppi, e soprattutto senza che incontrasse la resistenza fastidiosamente interposta sulla via della pace, il tragitto arcobaleno che avrebbe finalmente portato un po’ di gente perbene al posto del governo presidiato dagli omosessuali e drogati di Kyjiv.
Le ragioni che hanno mobilitato quel desiderio senza freni e quel lavoro indefesso sono tante e di natura diversa: un sano e franco egoismo, l’indifferenza per le vite e i diritti altrui calpestati, la turpitudine del ragionamento complesso circa le cause del conflitto, che notoriamente rimontano al Big Bang, altro che 2022, e non crederai mica che i torti stanno da una sola parte. Ma queste diverse ragioni, chiamiamole così, se pure connotate da gradi differenti di ignominia cospiravano nell’identica direzione: contro la vita e contro le ambizioni di libertà del popolo aggredito. A favore di chi lo ha aggredito e a favore di chiunque si proponesse di lasciarglielo fare.
Quello schieramento di complici sostanziali e formali degli aggressori – uno schieramento molto più diffuso, potente, ricco, spregiudicato di quello opposto, il minoritario ambito di decenza frequentato dai pochi che hanno tenuto il punto solo per amore di verità e di giustizia – dopo due anni è indiscutibilmente vittorioso.
La “stanchezza” causata da quella guerra, l’afflizione irrimediabile che essa ha prodotto, depauperando di ben diciotto euro il portafogli di chi è stato costretto a finanziare quegli irresponsabili che non si subordinavano al dovere morale della resa, insomma il sacrificio biennale cui è stato sottoposto il popolo della pace trova ora risarcimento nelle trincee abbandonate dagli ucraini per mancanza di munizioni e nei progressi dell’avanzata russa, quelle e questa poste a premiazione di tutta la sofferenza patita da quel giorno di due anni fa dalla geopolitica embedded in Raccordo Anulare, dai cortei «né con le stuprate né con la Nato» e dai reporter di guerra del Porcaio Unico Televisivo, perché era chiarissimo dal principio che il russo «stava puntando sui suoi obiettivi, e nel frattempo cercava di non spaventare la popolazione»
E, dopo due anni, la tragedia– la nostra tragedia –è che siamo noi a dover chiedere aiuto agli ucraini; chiedere che siano loro ad aiutarci a vincere sui loro nemici, che stanno qui non meno che laggiù, perché noi non siamo stati capaci di sconfiggerli. Questo possiamo dire, a nostro disonore, dopo due anni: che se non saranno sopraffatti, noi saremo due volte in debito con gli ucraini. Perché non li abbiamo aiutati come dovevamo e perché loro, resistendo alla sopraffazione, avranno aiutato anche noi.