Sovrapprezzo di guerraIsraele sta combattendo contro Hamas e contro la sua stessa leadership

Per lo Stato ebraico è difficilissimo affrontare un conflitto contro un nemico feroce se il suo governo è guidato da figure deboli o impresentabili, come Netanyahu e i suoi ministri di estrema destra

AP/Lapresse

Israele combatte la guerra contro Hamas a Gaza con un’enorme zavorra: la sua leadership. Un Paese che combatte un conflitto con un nemico feroce, che manda a morire i suoi figli migliori, ha bisogno infatti di potersi identificare in un centro di comando politico di grande vigore e moralità, che sappia unificare le sue energie, che renda tollerabili i suoi lutti. Così è stato per tutte le guerre di Israele, quando la leadership corrispondeva a personaggi omerici dalla statura morale e politica di David Ben Gurion, Moshe Dayan, Yitzhak Rabin, Golda Meir e lo stesso Ariel Sharon.

Oggi, purtroppo, non è così, a tutto vantaggio di una Hamas che sta dimostrando nelle centinaia di chilometri di Gaza una resilienza superiore alle previsioni.

Il problema di Israele in guerra è sempre Benjamin Netanyahu, che continua a sporcare e indebolire la leadership nazionale difendendo una accozzaglia di suoi ministri di estrema destra che pronunciano frasi indifendibili, che propugnano la pulizia etnica dei palestinesi e che isolano il Paese sulla scena internazionale

Non solo. Ministri di estrema destra che in piena guerra, incuranti dei lutti, si scatenano in una campagna elettorale cinica e irresponsabile. Ministri che boicottano le trattative per il rilascio degli ostaggi, della cui vita palesemente nulla gli importa, e minacciano, come ha fatto Itamar Ben-Gvir, di provocare la crisi di governo se verrà accettato lo scambio con prigionieri palestinesi: «Un accordo sconsiderato equivale a smantellare il governo».

E, ancora, Itamar Ben-Gvir e Bezael Smotrich hanno sorpassato tutti i limiti della decenza politica organizzando domenica scorsa un meeting a Gerusalemme con migliaia di partecipanti per urlare il loro impegno ad annettere a Israele la Striscia di Gaza, oltre la Cisgiordania. Una Striscia, si badi bene, che nessun ricordo biblico o profetico lega alla Israele storica, che non è mai stata abitata da ebrei e che è sempre stata abitata dai fenici filistei e poi da arabi.

A questo meeting – questo è stato l’elemento politico ancora più grave – hanno partecipato ben undici ministri di Netanyahu, molti del Likud (uno ha affermato che bisogna espellere i palestinesi con la forza da Gaza) e per di più i lavori si sono conclusi con una gioiosa danza scatenata.

Danza che è suonata irridente e sconcia in un paese che ha perso milleduecento vittime del pogrom, duecento militari caduti a Gaza e che ancora vive col fiato sospeso per la terribile sorte dei suoi centotrentasei ostaggi, incatenati nei tunnel di Gaza. Danza che conferma che Itamar Ben-Gvir e Bezael Smotrich non sono solo degli irresponsabili revanscisti para-fascisti, ma anche che sono di ben corto e contorto intelletto.

Dunque, un meeting elettorale e provocatorio, con espliciti contenuti coloniali e di pulizia etnica, che esponeva stand con le mappe dei nuovi insediamenti ebraici nella Striscia e addirittura i progetti completi e particolareggiati per i quartieri di villini residenziali sul mare da costruire sulle rovine delle case distrutte dei palestinesi.

Bene, di fronte a questa palese, stupida e sporca provocazione, Bibi Netanyahu non ha saputo dire nient’altro che «ognuno ha le sue idee». Non ha condannato la volontà di espellere i palestinesi, non ha preso le distanze dall’evidente colonialismo dei suoi pessimi ministri.

Per lui la tenuta del governo viene prima di ogni cosa, prima soprattutto dell’interesse nazionale. Ed è d’altronde evidente nelle sue dichiarazioni che lui stesso è già impegnato in una campagna elettorale che sa di ineludibile. Enorme è il prezzo che Israele paga per l’irresponsabile, ma piena, copertura di Netanyahu di questi suoi impresentabili alleati.

Si pensi che larghissima parte della documentazione che il Sudafrica ha presentato alla Corte dell’Aja per sostenere l’accusa a Israele di genocidio dei palestinesi è costituita proprio dai progetti di annessione della Cisgiordania e di Gaza dei ministri Ben-Gvir e Smotrich. Gli avvocati di Israele davanti al tribunale, infatti, sono ora costretti – in piena difensiva – a dimostrare che la volontà di espellere i palestinesi da Gaza e dalla Cisgiordania più volte proclamata dai due ministri, unita alle molte vittime dei bombardamenti, non corrisponde a quella dell’intero governo. Una sciagura etica per Israele.

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