Giù dal CarroccioIl lento affondamento politico della Lega

La possibile candidatura del generale Vannacci alle Europee ha generato uno scontro all’interno del partito che potrebbe portare alla disfatta di Salvini (mentre Forza Italia vede uno spazio politico)

Lapresse

Nella Lega la paura di non contare nulla è diventata una questione seria. Pensare di cambiare leader, oggi, a pochi mesi dal voto europeo, e con le ripercussioni che avrebbe la sostituzione di Matteo Salvini, sarebbe un terremoto che nessuno vuole. Non solo dentro il Carroccio. Anche Giorgia Meloni e Antonio Tajani vogliono che la coalizione, e quindi la maggioranza che sostiene il governo, vengano messi al riparo da crisi. Ma c’è qualcosa di nuovo in questi mesi passati e nei mesi a venire. Non si tratta della ribellione minoritaria di quei pezzi della vecchia Lega che è rimasta legata al vecchio leader Umberto Bossi. Cioè a coloro che nel nord guardano ormai a Forza Italia, in Lombardia in particolare. No, ci riferiamo a strettissimi collaboratori dello stesso Salvini. Personaggi di primo piano che sono stati ministri e che sono al vertice dei gruppi parlamentari.

Un esempio eclatante è il piemontese capogruppo Riccardo Molinari: oggi in un’intervista a Libero, quindi a un giornale di riferimento dell’elettorato di centrodestra, afferma che prima delle europee bisognerebbe chiarire la linea politica. «Noi dobbiamo avere un posizionamento politico chiaro e continuare a essere il partito che parla alle imprese e ai lavoratori, che rappresenta e punta a superare in tutto il Paese politiche parassitarie, che parla di pensioni e che ascoltai ceti produttivi. La Lega, insomma».

Ecco, la Lega insomma, quella del Nord, non più quella nazionale che aveva fondato Salvini. La Lega sindacato delle regioni settentrionali e che in massima parte si dichiarava antifascista, anche se poi ha sempre avute componenti ed esponenti che in gioventù avevano militato in formazioni di estrema destra. Ora, detto da un capo gruppo come Molinari, considerato un fedelissimo di Salvini significa che qualcosa davvero si è rotto, cambiato nella geografia della Lega. E ancora di più questo è vero se si pensa a quello che dice un altro leghista cresciuto accanto alla corte di Salvini, come Gian Marco Centinaio. L’ex ministro dell’Agricoltura, uno che di voti nel territorio lombardo ne ha: è pronto a disobbedire. Se verrà candidato il generalissimo Vannacci lui non voterà.

Era una voce circolata nella Lega, quella di esponenti di primo piano che soffrono della candidatura di un esterno, estraneo, ingombrante. Ma Centinaio è andato a dirlo in tv, a Tagadà. Spiegando che voterà un militante, uno del Partito, uno che in Europa o in Italia sui temi europei «si è fatto un mazzo così». Non uno che, a domanda, non si esprime su cosa farebbe in Europa, che non dice una parola contro Ursula von der Leyen, non si dichiara antifascista perché fascista lo è nel cuore. Vannacci toglierebbe voti e possibilità di andare a Strasburgo a un leghista vero. Per lui il partito dovrebbe spendersi non solo politicamente ma anche dal punto di vista economico, nonostante Salvini abbia sostenuto che non c’è alcun patto per finanziare la campagna elettorale del generale, come era filtrato in alcuni giornali.

Allora se mettiamo insieme Molinari, Centinaio e lo stesso Luca Zaia che ha detto di avere nostalgia della Lega Nord, viene fuori che Salvini ha i mesi contati. È ormai chiesto che dovrà rettificare molte cose, a cominciare dalla candidatura di Vannacci che snatura la Lega. Dovrebbe forse affrancarsi pure da partiti di estrema destra che convivono nello stesso gruppo europeo di Identità e Democrazia.

La Lega trema, Meloni è preoccupata, Tajani si frega le mani perché i problemi della destra possono solo far del bene a Forza Italia dal punto di vista elettorale. Poi le divisioni dell’area che fu Terzo Polo fanno il resto.

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