Tarquinio e la superba EllyCari riformisti del Pd, se volete fare politica è arrivata l’ora di alzare la voce

Nel dibattito interno sulle Europee fa discutere la proposta di Schlein di far guidare le liste a candidati che, una volta eletti, non seguirebbero la linea atlantica del partito sull’Ucraina né quella sui diritti

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Cari riformisti del Partito democratico, forse è venuto il momento di alzare la voce. Se non lo si fa quando si discute della strategia elettorale, di cui le candidature sono emblema e veicolo, quando lo si fa? È vero che ieri siete “usciti” pubblicamente più del solito, ma probabilmente bisognerebbe anche parlare chiaro fuori dalle mura del Nazareno, magari – che scoperta eh? – provando a coinvolgere gli iscritti, i simpatizzanti, gli elettori. In fondo, Elly Schlein ha vinto grazie agli elettori.

Le liste si stanno facendo e nemmeno in segreteria, ma in una chat che, come ha scritto Repubblica, si chiama E-team, cui partecipa il cerchio magico della giovane leader. Certo, l’ultima parola spetterà alla Direzione, come ha ricordato Simona Malpezzi: ma il rischio è che i giochi saranno già fatti.

L’unica a metterci la faccia in tv finora è stata Pina Picierno a La7: «Tutta la discussione deve essere riportata su un binario politico. Si fa tra l’altro nelle direzioni. Il Pd si tiene in piedi grazie ai suoi militanti. Non siamo l’Isola dei famosi. Non siamo un contest: i militanti sui territori devono poter dire la loro».

Va dato atto a Lorenzo Guerini di aver pubblicamente criticato e forse demolito la scelta di Marco Tarquinio, notoriamente anti-zelenskiano. In una lunga intervista a Huffington Post dice: «Io non ho né l’autorità né la propensione individuale a porre o mettere veti sulle persone. Ho invece l’interesse a far sì che il nostro partito, pur nel rispetto del pluralismo che come dice lei è una ricchezza, mantenga una linea chiara e intellegibile sull’Ucraina, che è in questo momento la questione delle questioni e non ammette spazi per ambiguità». Chiarissimo.

La candidatura dell’ex direttore di Avvenire sarebbe un’ambiguità, altro che «una ferita al mondo cattolico», come ha detto Andrea Orlando che pure dovrebbe essere uno attento ai diritti. Stupisce anche che stia zitto Alessandro Zan, quello dei nuovi diritti civili e sicuro candidato nel Nord-Est, sul fatto che lo stesso Tarquinio abbia sulla materia posizioni super-arretrate, come ha spiegato bene Maria Laura Rodotà su X: «Dice cose cattoliche: Eluana Englaro andava tenuta in coma, lelle e ghei non possono sposarsi e fare famiglie, non servono leggi anti omofobia e il diritto di abortire è presunto», insomma tutte cose legittime ma che non sono minimamente sovrapponibili alle scelte del Partito democratico, così come sul tema dell’Ucraina. Ha domandato giustamente Lia Quartapelle se stando così le cose Tarquinio seguirà il programma che il Partito democratico si è dato, sui diritti e sull’Ucraina, per i prossimi cinque anni.

Non siamo informati sulle idee di Tarquinio su Israele e il sionismo, ma a occhio ipotizzeremmo che sono opposte a quelle del manifesto della Sinistra per Israele che ha ricevuto l’adesione di tantissimi esponenti dem di primo piano ed è uno dei testi migliori partoriti dalla sinistra in questi mesi.

Ora, un partito che portasse a Bruxelles Tarquinio e Zan lasciando a casa Picierno, Irene Tinagli, Elisabetta Gualmini, Alessandra Moretti sarebbe strabico, sbilanciato. È in questo contesto politico-culturale che si è ventilata l’ipotesi di mettere in lista Ilaria Salis, la nostra connazionale ignobilmente trattata dai carcerieri ungheresi – per la cui liberazione deve muoversi Giorgia Meloni con il suo amico Viktor Orbán: l’Europa della sempre più pallida Ursula von der Leyen. Ma questo pannellismo senza Marco Pannella sembra strizzare l’occhio, e speriamo di sbagliarci, ai voti antifa più che a risolvere seriamente la questione. Cari riformisti, non è il momento di giocare di rimessa. Prendete la parola davanti agli elettori.

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