I protocolli dei savi della televisionL’aggressione antisemita di Milano non viene dal nulla

Il gentiluomo che ha insultato un anziano e un bambino davanti alla Scuola Ebraica è la conseguenza delle chiacchiere di politici, giornali e altre istituzioni che incolpano Israele, ovvero gli ebrei, di qualsiasi cosa

AP/Lapresse

Agisce su procura di molti mandanti il gentiluomo che sabato scorso, davanti alla Scuola Ebraica di Milano, aggrediva due ebrei, un vecchio e un bambino, al suono di “pezzi di merda”, “assassini”, “figli di puttana”.

La delega a esercitare quella violenza è stata conferita a quel delinquente dai tanti che in questi mesi hanno smerciato le verità rivoltate e le pagine odiose dell’inesausto romanzo antisemita, naturalmente articolate nei paragrafi presentabili della “critica al governo israeliano” e del richiamo alle “risoluzioni dell’Onu”, l’Internazionale pacifista guidata dal signore secondo cui il 7 ottobre non viene dal nulla e diramata negli uffici che ospitano i server di Hamas.

L’energumeno che l’altro giorno ha aggredito quel vecchio e quel bambino, l’uno e l’altro carichi della colpa di essere ebrei, è stato mandato lì dal malvissuto stalinista secondo cui Israele ha perso il diritto di essere uno Stato, se mai lo ha avuto. È stato mandato lì dal giornalismo che a far tempo dal pomeriggio del 7 ottobre, mentre ancora saliva il fumo dei bambini bruciati nel kibbutz sionista, denunciava il tratto indiscutibilmente terrorista di Israele. È stato mandato lì dagli officianti democratici delle manifestazioni from the river to the sea, organizzate sempre nel tempo dell’apericena del 7/10 e mentre ancora sbrodava il sangue dai genitali delle ragazze ebree rapite e violentate dai “combattenti”.

Quel signore, che gridava “assassino” e “figlio di puttana” a un bambino bardato di colpa ebraica, è stato mandato lì da tutti quelli che ritenevano di non dire nulla, di non fare nulla, se non magari condividere l’iniziativa, mentre Amnesty International “rimuoveva e deponeva nel cestino” i volantini con le immagini degli ebrei rapiti il 7 ottobre. È stato mandato lì dai giornali e dai talk che ossequiano la sedicente avvocata dell’Onu, quella che gli Stati Uniti e l’Europa sono soggiogati dalla lobby ebraica e che compila rapporti in cui spiega che gli ebrei stanno facendo ai palestinesi ciò che i nazisti hanno fatto agli ebrei. Quell’aggressore di Milano, le cui gesta erano commentate dalla fogna social con innumeri “bravo!”, “ha ragione!”, “ha fatto bene!”, è stato mandato lì dall’editorialismo pacifista che canta la bellezza dei cortei “Free Free Palestine” trascurando, o degradando a simpatica intemperanza, i falò delle bandiere israeliane e il comizio che si conclude con “il 7 ottobre ha insegnato al mondo il significato di ‘resistenza’”.

Quel pericoloso figuro, non diverso in nulla rispetto ai ragazzotti che ruttavano nelle birrerie di Monaco, se non nel fatto che trova anche più consenso, è stato mandato lì dai cari parlamentari progressisti bensì in gitarella a Rafah a chiedere “Ceasefire on Gaza now”, ma mai visti neanche morti con un cartello “Ceasefire from Gaza”, perché diecimila missili sui civili israeliani rappresentano il dettaglio francamente sopportabile, se non meritato, da parte dell’entità sionista che fa apartheid e genocidio da settantacinque anni.

L’azione di quel violento bifolco, cui solo gli imbecilli e i conniventi assegnano il peso di un fungibile teppismo, si compie su istigazione di quella conglomerata politica, sociale ed editoriale. E gli strilli in faccia a quel vecchio e a quel bambino sono la ventriloquia di una platea soltanto un po’ meno disinibita.

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