Sono le dieci del mattino e una valanga di valigette, zaini e borse si riversa nei binari di Rava-Ruska, al confine tra Ucraina e Polonia. Circa duecento persone sono intente a spostare i loro bagagli dal treno con cui sono arrivati a Leopoli a quello che li porterà fino a Varsavia. Il viaggio dura circa dieci ore, ma si interrompe per un’ora a metà strada: i treni ucraini, infatti, sono costruiti per operare su binari con uno scartamento diverso da quello standard dell’Unione. Così, i passeggeri sono costretti a viaggiare su due mezzi diversi e a ritardare il loro arrivo nella capitale polacca (e dovendosi anche portare in giro per la stazione di Rava-Ruska le loro valigie).
La tratta, rimasta inattiva per quasi vent’anni, è stata rimessa in funzione a ottobre dello scorso anno: un passo in avanti verso la semplificazione degli spostamenti tra Unione europea e Ucraina. Resta però il problema che, alla frontiera, i treni ucraini devono terminare il proprio viaggio perché impossibilitati a viaggiare sui binari dei Paesi confinanti. La questione, poi, si complica quando si parla di trasportare merci, che devono essere scaricate e ricaricate su mezzi diversi.
A questo proposito, per l’Ucraina esistono due soluzioni possibili. La prima è ricostruire la rete ferroviaria per adattarla a quella europea (tecnicamente semplice, ma dispendioso in termini monetari e di tempo), mentre la seconda (complessa a livello tecnico, ma più economica e veloce) è usare attrezzature che permettano ai treni già in funzione di adattarsi a scartamenti diversi. Oggi, sembra che Kyjiv potrà orientarsi sulla seconda opzione grazie all’aiuto della Spagna,
L’azienda spagnola per il trasporto ferroviario (Adif), infatti, ha siglato un accordo per assistere il Paese in guerra in questo processo. L’obiettivo della cooperazione è riuscire a stimolare l’esportazione di prodotti dall’Ucraina verso l’Unione in modo da riportare la quantità e il valore di merci esportate ai livelli del 2021. La collaborazione tra Madrid e Kyjiv è fondamentale per facilitare il processo di integrazione europea dell’Ucraina: infrastrutture efficienti e moderne ricoprono un ruolo importante per garantire il principio di libertà di movimento all’interno dell’Ue in vista dell’entrata nell’Unione di Kyjiv.
La libera circolazione è parte dell’acquis dal 1957 (anno in cui venne firmato il Trattato di Roma), e si è concretizzata nel 2013 grazie alla creazione del Trans-European Transport Network (Ten-T), che ha l’obiettivo di facilitare il transito di merci e persone all’interno dell’Unione europea e nei Paesi del vicinato, in modo da stimolare gli scambi commerciali e, di conseguenza, la crescita economica.
La cooperazione tra Bruxelles e Kyjiv nel settore infrastrutturale è cominciata nel 2018 ed è diventata più intensa dopo lo scoppio della guerra, visto che i percorsi tradizionali per il traffico di merci sono stati riorientati in modo da non dover attraversare la Russia. Così, è diventato fondamentale diversificare le rotte commerciali per mantenere viva l’economia di tutta l’Europa e garantirne la sicurezza alimentare. In questo contesto è stata lanciata nel 2022 l’iniziativa europea dei “Corridoi di solidarietà”, che ha permesso all’Ucraina di esportare beni per un valore di circa quarantasette miliardi di euro e di importarne per novantasei miliardi.
Per agevolare i movimenti tra Kyjiv e Europa, oltre alla Spagna si sono attivati i Paesi confinanti con l’Ucraina, che sono per ovvi motivi i più interessati a migliorarne i collegamenti infrastrutturali.
Oltre alla Polonia, la compagnia ferroviaria ceca RegioJet ha inaugurato il 27 marzo il nuovo itinerario che collega Praga a Chop (città ucraina della Transcarpazia) passando per la Slovacchia. Il viaggio dura circa tredici ore e offre un’alternativa alla tratta (gestita dallo stesso operatore) già in funzione dal 2021 che collega Praga all’Ucraina attraverso la Polonia. Il fondatore di RegioJet, inoltre, ha dichiarato di avere intenzione di investire le proprie finanze per migliorare i servizi offerti nella stazione di Chop come «regalo per il popolo ucraino».
Il Paese più impegnato su questo fronte è la Romania. A nord di Bucarest, nella pianura danubiana, sono in corso dei lavori per costruire un tratto di autostrada lungo ventuno chilometri in circa due anni. In realtà, il progetto è stato ideato ben prima della guerra con l’idea di collegare la parte meridionale del Paese con quella settentrionale, che da sempre è svantaggiata rispetto al sud nel settore infrastrutturale, ed è finanziato dai fondi europei del Next Generation Eu post-pandemia.
In ogni caso, dopo il 2022 il progetto ha assunto una connotazione molto più urgente, e infatti procede a un ritmo sorprendentemente alto. L’obiettivo è facilitare, grazie al nuovo tratto autostradale, il transito di grano dall’Ucraina verso l’Unione e quello di armi in senso inverso. La cooperazione tra i due Paesi per migliorare i collegamenti infrastrutturali è iniziata pochi mesi dopo lo scoppio della guerra, con l’intenzione di riattivare tutte le tratte ferroviarie che attraversano i Carpazi.
A Hlyboka, al confine tra Romania e Ucraina, è nato poi un cantiere per costruire un hub intermodale (ossia un centro dove le unità di carico che trasportano merci vengono trasferite da un mezzo all’altro) che semplifichi il flusso di beni tra Kyjiv e il resto d’Europa.
Quando si parla di infrastrutture non si intendono solo quelle fisiche, ma anche quelle digitali. Per queste, il primato europeo spetta sicuramente all’Estonia (il cui soprannome è diventato e-Estonia per la sua tecnologia all’avanguardia), che si distingue infatti per la digitalizzazione dei servizi rivolti ai cittadini e ha deciso di condividere le proprie conoscenze con l’Ucraina attraverso la creazione della e-Governance Academy (eGA).
Kyjiv era già all’avanguardia in questo settore, ma con la guerra è diventato fondamentale che tutti i registri e documenti venissero digitalizzati per evitare che andassero perduti a causa dei bombardamenti. E l’aiuto degli estoni è stato cruciale per velocizzare questo processo.Così, anche chi si trova geograficamente lontano dall’Ucraina trova modi per sostenerla come può nei processi di integrazione e di interconnessione con i Paesi Ue. Anche l’Italia, nel suo piccolo, sta dando un contributo. Il 25 marzo, infatti, il sindaco di Milano Beppe Sala ha donato nove autobus Atm alla città di Dnipro – la prima parte di un regalo che consisterà in trentasette mezzi da consegnare al governo ucraino nelle prossime settimane.