Istarska županija La ricchezza dell’Istria, dal paesaggio al piatto

Una penisola da scoprire attraverso i suoi prodotti più rinomati, dal vino all’olio d’oliva, dal tartufo al formaggio

Foto di Dirk Gonçalves Martins su Unsplash

Attraversare la penisola istriana a piedi (o in bicicletta), partendo da Trieste per arrivare fino alla sua punta estrema, Capo Promontore, è il modo migliore per vedere, percorrere, apprezzare – e assaporare – la sua incredibile ricchezza paesaggistica e naturale, che riassume in circa 2820 chilometri quadrati ambienti molto diversi tra loro, dalle rocce del Carso alla costa mediterranea, passando per boschi, pascoli, vigneti e oliveti.

Luoghi dove i quattro tipi di terra istriana (bianca, grigia, nera e rossa) coesistono e a volte si fondono. Dalle cime dei massici del Monte Maggiore e della Cicceria, dove domina l’Istria bianca, aspra, carsica e calcarea, al terreno grigio di flysch dell’Istria centrale, composto da marna, arenaria e calcari morbidi, alla terra nera delle coltivazioni, la più fertile e ricca di humus, fino alla terra rossa, la più diffusa nelle zone di clima mediterraneo, con tonalità che vanno dal rosso al rosso-marrone o rosso-giallo, composta da argilla, sabbie e particelle di polvere.

Non è solo varietà di suoli, ma anche di microclimi, dalle temperature alpine al calore mediterraneo, e di lingue. I tre Paesi in cui è divisa la piccola penisola triangolare, Italia, Slovenia e per la parte maggiore Croazia, si sovrappongono nella toponomastica e lo stesso borgo ha almeno due nomi, quello antico, veneziano, o del più recente possesso italiano, e quello della consuetudine, sloveno o croato. A volte simili, a volte del tutto diversi, a volte semplici traduzioni, raccontano una storia complessa, eppure identitaria nei suoi punti di riferimento territoriali.

Che sono, anche, un racconto di paesaggi, di coltivazioni, di cibi che spesso ricordano l’Italia, di uve. A partire dalla malvasia istriana, una varietà bianca autoctona, di lontane ascendenze elleniche, diffusa nei territori della Serenissima dai veneziani, che, come tutte le malvasie, oltre una trentina nel bacino del Mediterraneo, vanta una tradizione viticola secolare. E che cambia aroma e intensità a seconda della zona e del tipo di terreno. Tanto che alcuni produttori sfruttano queste differenze per crearne diverse versioni. Rosso, tannico, aspro, un po’ selvatico, anche se la tecnica vitivinicola degli ultimi anni lo hanno reso più lieve e domestico, il terrano è l’altro vino tipico, coltivato soprattutto nella parte nordoccidentale, che si abbina ai robusti piatti tradizionali di carne, selvaggina, prosciutto e pecorino, ed è uno degli ingredienti essenziali della istarska supa, la zuppa istriana a base di vino rosso, olio d’oliva, sale, pepe e pane bianco tostato, che un tempo era il pasto dei contadini e un ricostituente per i convalescenti.

Dall’interno alla costa, quasi onnipresente, l’ulivo è un tratto caratteristico dell’ambiente e il patrimonio istriano per definizione: in Croazia l’olio d’oliva è il prodotto di esportazione più importante. Nella penisola la sua coltivazione conta duemila anni, undici varietà autoctone, in particolare le cultivar Busa e Carbonera, che sono le più diffuse e, per via della varietà dei terreni e del clima, una peculiare ricchezza di tipi e sapori.

Una presenza antica, testimoniata da scrittori come Marziale, Strabone e Pomponio Mela: gli ulivi e la loro coltivazione furono introdotti dai coloni fenici e greci ed ebbero una grande espansione in epoca romana, ma la produzione istriana di vino e olio è attestata in ogni epoca, così come l’usanza, diffusa fino all’Ottocento, di conservare l’olio in grandi orci di pietra.

Dopo un periodo di declino, provocato da una serie di gelate e dall’abbandono delle terre, l’olio extravergine di oliva è tornato un prodotto di punta e per conoscere varietà e produttori l’appuntamento da seguire sono le Giornate dell’olio d’oliva novello, ogni fine novembre a Dignano/Vodnjan, il centro di maggior produzione, con un programma di assaggi, conferenze, oil bar, masterclass, serate gastronomiche a tema. A Pola, il Museum olei Histriae ripercorre la storia millenaria dell’ulivo nella regione, oltre a raccogliere i migliori produttori.

@Istravirgini

La valle del Quieto/Mirna, soprattutto nella zona della foresta di Montona o della Serenissima, luogo di antiche leggende locali su magie, fate e giganti tra cui un’icona del folklore, Veli Jože, che, come nelle sagre nordiche, usò i cerri del bosco per combattere i nemici, è l’epicentro della ricerca e della raccolta del tartufo, sia bianco che nero, che vi fu scoperto per la prima volta nel 1929 e dagli anni Novanta è diventato un altro prodotto simbolo del territorio, tutelato dallo Stato croato, che concede licenze contate. I piatti a base di tartufo, disponibili quasi tutto l’anno nei ristoranti grazie alla diversa stagionalità delle raccolte estive e invernali, sono una specialità istriana e comprendono soprattutto frittate e le caratteristiche paste locali, i fuzi e i pljukanci.

In cima a una rupe carsica a picco sulla valle, il borgo di Montona/Motovun, nato su un antico castelliere celtico, è un incantevole balcone affacciato sul fiume e sui vigneti di terrano, ricco di edifici storici, dal Medioevo al Rinascimento, che ricordano l’eredità veneziana, e di bar e ristoranti che, oltre ai tartufi, in primavera offrono un’altra tipicità, i gustosi asparagi selvatici. In un palazzo del diciottesimo secolo, sulla piazza su cui si apre l’antica porta cittadina, l’Hotel Kaštel, con il suo complesso di stanze, alloggi indipendenti, spa, bar e ristorante tipico, è un ottimo punto di appoggio per esplorare l’Istria centrale e anche per godersi il fresco dei castagni centenari.

Un tempo terra di estesi pascoli che oggi sopravvivono soprattutto sull’altopiano carsico della Cicceria/Ćićarija, l’Istria ha un altro punto di forza nei formaggi e nella ricotta, di capra, di pecora e di mucca, e in prodotti caratteristici come il formaggio intero a base di latte misto di vacca e pecora avvolto nelle foglie di noce e nel Gran Istriano, un “grana” tutto locale che però non viene pressato ma si assesta spontaneamente in grandi forme. Il luogo di riferimento per gli appassionati è Sanvincenti/Savičenta/Svetvinčenat dove ogni settembre attorno al castello Morosini Grimani si tiene il Festival del formaggio, che richiama e premia i più importanti produttori istriani, con degustazioni, vendita e l’imperdibile elezione di Miss Capra e Mister Caprone. Il paese offre anche un curioso parco a tema medievale nel castello di Sanc. Michael e, ogni agosto, un festival dedicato.

Con l’istarski pršut, il magrissimo e saporito prosciutto crudo d’Istria Dop, il formaggio è l’antipasto tipico di ogni trattoria, a volte in abbinamento alle grappe artigianali tipiche, la biska, la ruda e la medica, che possono servire tanto da aperitivo come da digestivo. La biska si ottiene unendo all’acquavite un macerato di vischio bianco e giallo e per il suo aroma erbaceo e il sapore gradevolmente amarognolo è apprezzata anche come aperitivo; la ruda, dal colore verde quasi fosforescente, si ottiene mettendo in infusione nell’acquavite i rametti della ruta ed è ottima, dicono gli istriani, per curare i problemi di stomaco. La medica si produce aggiungendo alla grappa il miele, di cui il liquore prende il colore intenso.

Ma il ritrovato re dell’Istria è il boškarin o boscarino, un bue autoctono di razza podolica, grigio-bianco dalle corna lunghe che ne è anche il simbolo. Ai contadini serviva sia per il cibo sia per il lavoro nei campi e infatti, con l’avvento dei trattori, il numero di questi animali, di cui si racconta che trasportarono le pietre per costruire l’Arena di Pola, iniziò a diminuire bruscamente, fino a ridursi a un centinaio di capi alla fine degli anni Novanta. Oggi, un programma di recupero sovvenzionato dallo Stato croato ne ha portato gli esemplari a oltre 2500 e ne ha rilanciato l’allevamento, esclusivamente a pascolo, per scopi alimentari.

La carne di boscarino è considerata un prodotto di qualità e utilizzata per molte preparazioni, dai salumi al ragù alla lingua ai tagli classici come il carpaccio e le costate. Per ammirarne l’aspetto maestoso, e apprezzarne il sapore, l’appuntamento è a Canfanaro/Kanfanar, per la festa di san Giacomo, con una rassegna che premia l’esemplare più bello.

Quasi sulla costa, dove l’Istria diventa più mondana e i ristoranti propongono ottimo pesce cucinato secondo la tradizione mediterranea, Bale/Valle d’Istria è un piccolo, delizioso borgo veneziano dove si parla italiano (ospita una delle maggiori comunità italofone della penisola) e dove la taverna Kamene priče propone alloggio, un ristorante tipico e rassegne di musica jazz in una serie di piccole sale e terrazze.

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