Federica è una truccatrice e parrucchiera freelance di 26 anni. Si è trasferita a Milano da un paesino della Campania e in poco tempo è diventata richiestissima per sfilate e concerti.
Lisa, 31 anni, origini cinesi, ha aperto il suo salone di manicure e pedicure cinque anni fa a Milano. Qualche mese fa, proprio di fronte a lei, hanno inaugurato un altro salone, più bello e con più postazioni. Ma quello è quasi sempre vuoto, mentre Lisa è sempre piena.
Federica e Lisa sono due esempi della “Manicure Economy” di cui scrive Jon Hilsenrath sul Financial Times. Mentre riempiamo paper scientifici e pagine di giornali sui presunti pericoli di sostituzione dell’intelligenza artificiale, le loro storie sono altrettanto emblematiche dei cambiamenti che stanno attraversando il mondo del lavoro. Perché?
Quanto è umano lei Truccare il viso, pettinare e tagliare i capelli o mettere lo smalto sulle unghie sono attività «intime». Per un’ora o anche più si ha un contatto fisico ravvicinato. Non serve solo una buona tecnica, ma anche saperci fare con i clienti, creare uno spazio di comfort.
Negli ultimi anni, mentre la tecnologia e le delocalizzazioni hanno decimato diverse categorie di figure professionali poco qualificate, sono nati milioni di nuovi posti di lavoro nei servizi alle persone che richiedono contatto fisico, grandi capacità relazionali e interpersonali. Nuovi bisogni generati da una economia prospera hanno creato nuovi lavori che si basano tutti sulla presenza fisica.
Negli Stati Uniti, i posti di lavoro che hanno a che fare con il trucco e la cura della pelle sono passati dai circa diecimila del 2000 ai quasi settantamila del 2023. Quelli nel settore manicure sono cresciuti da meno di 30mila a quasi 150mila.
Mentre i call center venivano esternalizzati e i calzolai sparivano dalle strade, si sono moltiplicate specifiche figure professionali, alcune delle quali quasi inesistenti in passato: esperti di manicure e pedicure, massaggiatori, personal trainer, coach per la carriera, chef personali, psicoterapeuti, specialisti delle risorse umane (Guardare figura in basso). Tutti profili che ruotano intorno al «tocco umano», lontani dall’automazione di computer e robot.
Chi vorrebbe avere un robot come personal trainer?
Faccia a faccia «Quanto più il lavoro è stato requisito dalle macchine (o affidato a manodopera lontana a basso costo), tanto più l’economia ha creato posti di lavoro per esseri umani che interagiscono direttamente con altri esseri umani, lavori che richiedono qualcosa che i computer non hanno», scrive il Financial Times.
Il nodo centrale è la relazione interpersonale. I ristoranti potranno introdurre pure i robot per servire ai tavoli, ma ci sarà sempre chi preferisce fare due chiacchiere con il cameriere per farsi spiegare com’è stato cucinato un piatto.
Dal 1980, la spesa americana per i servizi è aumentata da circa la metà a due terzi del totale. E i posti di lavoro nel servizio clienti sono cresciuti per fornire quel «tocco umano» non facilmente sostituibile dalle macchine o dagli operatori di call center delocalizzati in Paesi lontani. Apple, Delta Air Lines e AT&T hanno provato a delocalizzare i lavori di assistenza clienti all’estero, ma poi ne hanno riportati alcuni negli Stati Uniti quando i clienti si sono lamentati delle barriere linguistiche e culturali.
Non chiamatele soft skill Mettiamo da parte quindi quelle dichiarazioni alla Elon Musk, secondo cui «arriverà un punto in cui non sarà più necessario alcun lavoro». La determinante per stabilire quanto un lavoro sia automatizzabile o delocalizzabile – scrive il Ft – può essere anche la centralità del contatto faccia a faccia e delle abilità sociali. Insomma, quelle competenze di cui tutti parlano spesso a sproposito, definendole «soft». Ma il fatto stesso che le definiamo «soft», forse, rivela la mancanza di comprensione su cosa siano davvero queste competenze e su come misurarle o svilupparle.
Ha scritto l’economista di Harvard David J. Deming: «A mio avviso, il termine appropriato per capacità come la risoluzione di problemi, il pensiero critico e il lavoro di squadra è “abilità di ordine superiore”».
Mani nelle mani Negli ultimi anni, le nuove tecnologie per la manicure, sotto forma di smalti semipermanenti o permanenti, hanno reso la cura delle mani più duratura e meno costosa. E con la manodopera a basso costo di molti saloni di bellezza, il prezzo di un servizio che prima era per pochi è diventato ormai accessibile a una platea più ampia.
In Italia il boom delle “Nail spa” si registra più o meno dal 2007, con l’avvento degli imprenditori cinesi nel settore. Difficile dire quanto lavoro regolare e quanto irregolare ci sia in questi negozi. Ma basta guardare le vetrine delle nostre città per capire che nel tempo si sono stratificati diversi livelli di offerta, man mano che i gusti si sono evoluti e un numero crescente di donne – ma anche alcuni uomini – hanno cominciato a rivolgersi a dei professionisti per la cura delle unghie, scegliendo di destinare parte del proprio reddito a questo servizio con cadenza regolare.
In Italia, nonostante la fiammata inflazionistica degli ultimi anni, la percentuale di spesa per i servizi di cura e igiene personale si sono contratti di poco e a in tanti hanno continuato a spendere come prima.
Secondo il Dipartimento del Lavoro americano, tra il 2012 e il 2022 il numero di saloni di bellezza per le unghie con più dipendenti negli Stati Uniti è raddoppiato. Sono nate le catene, si sono evoluti i prodotti e sono stati scritti libri e manuali. Esiste persino la “Nailympia”, una competizione globale per designer di manicure di alto livello. L’edizione 2024 si svolgerà ad agosto in Cina.
Ma anche in gara, una cosa non deve mancare: saper trattare con gli esseri umani. Quando prenotiamo per il taglio dei capelli o per la manicure, capita spesso di «prenotare anche il lavoratore» oltre che il servizio. Quello con cui magari riprendiamo il discorso della volta precedente o quello che non parla troppo (al contrario del collega troppo loquace).
(US Labor Department’s Occupational Employment and Wage Statistics)
Alice Economy
«Posso prenotare la manicure con Alice?», è la richiesta che si sente di più al telefono con il vivavoce nel salone milanese di Lisa.
Alice, oltre a essere precisissima quando spennella lo smalto semipermanente, è anche una delle poche ragazze del salone che parla benissimo italiano (oltre al cinese).
In quell’ora abbondante in cui stai faccia a faccia con le tue mani nelle sue, puoi farti pure una bella chiacchierata. Mentre l’assistente virtuale smista le prenotazioni al telefono.