Dalla newsletter settimanale di Greenkiesta (ci si iscrive qui) – Architetto, urbanista ed esperto in pianificazione della mobilità pedonale e ciclistica, Matteo Dondé è un solido punto di riferimento per chi vuole capire come scardinare il modello “autocentrico” alla base delle città italiane. Nella sua carriera ha inanellato prestigiosi incarichi internazionali e nazionali, riconsegnando alle persone spazi precedentemente dominati dai mezzi a motore.
Di recente è stato scelto dall’amministrazione comunale di Trento per ridisegnare un quartiere sulla base del Piano urbano della mobilità sostenibile (Pums), che prevedeva la presenza di alcune Zone 30. Per farlo, al posto di chiudersi in uno studio (non c’è niente di sbagliato nel farlo, ovviamente), ha deciso di andare nelle scuole per coinvolgere attivamente le studentesse e gli studenti di una media e una elementare del quartiere. Il progetto si chiama “Gardolo, quartiere delle persone” ed è stato curato assieme ai tecnici comunali e alla società HELIOS.bz.
«Nel primo incontro a scuola abbiamo chiesto di immaginare la strada ideale, anche a livello di odori, profumi ed elementi visivi. In più, le studentesse e gli studenti dovevano provare a disegnare un cartello per dire agli automobilisti di fare attenzione», racconta Dondé, che è anche membro della task force del Comune di Milano per la Sicurezza stradale e la Mobilità attiva.
La parte più interessante, però, è arrivata dopo: «Nel secondo incontro sono stati loro a disegnare gli spazi. Sono diventati dei piccoli urbanisti per una mattina, avanzando delle proposte sugli arredi, i giochi e tanto altro. Hanno pensato alle zone d’ombra, a una bicicletta che – pedalando – potesse ricaricare le luci della piazza, a uno spazio coperto dal sole. Insomma, sono nati luoghi fondati sulle loro esigenze. La forza di questa partecipazione sta nella volontà e nell’energia di questi ragazzi e ragazze, che devono essere protagonisti del cambiamento», continua l’architetto, che successivamente ha tradotto le loro richieste in realtà (nei limiti del possibile).
Al posto di sei auto parcheggiate, come richiesto dai piccoli urbanisti, sono nate nuove panchine, alberature in vaso per l’ombreggiatura e un orto didattico curato dagli studenti e dalle studentesse. L’asfalto è diventato color arcobaleno, e in futuro verrà installato anche un tavolo da ping pong. Saranno proprio gli alunni e le alunne, all’inizio del prossimo anno scolastico, a decidere il futuro di questo spazio sperimentale: tenerlo così com’è oggi, integrarlo con altri elementi o cancellarlo e tornare com’era prima (siamo pronti a scommettere che non accadrà).
«L’obiettivo è il solito dell’urbanismo tattico, ossia far toccare con mano il cambiamento. Quella piazza non è solo per i ragazzi e le ragazze, ma anche per i genitori che attendono all’uscita da scuola. È un’occasione di socializzazione per tutti, un luogo in cui stare. Tutto ciò è nato al posto di sei auto parcheggiate il novantadue per cento del tempo. E il nome della piazza scolastica è stato scelto collettivamente dai bambini e dalle bambine (Pedrolli Land, ndr)», conclude Matteo Dondé. Una piazza davanti a una scuola disegnata (anche) dagli studenti e dalle studentesse che quel luogo lo vivono quotidianamente: è tutto così giusto.