Dove va il lavoroBoom dei lavoratori autonomi, ma i contratti a tempo indeterminato diminuiscono

A luglio 2024, secondo i dati Istat, gli occupati superano per la prima volta la soglia dei ventiquattro milioni. Ma l’aspetto anomalo è che crescono unicamente solo gli indipendenti: settantacinquemila in più. E l’aumento non interessa gli under 35, tra i quali invece aumentano gli inattivi

(Unsplash)

Un altro record di occupati nel mercato del lavoro italiano. A luglio 2024, secondo i dati Istat, i posti di lavoro superano per la prima volta la soglia dei ventiquattro milioni (24,009 milioni). Il tasso di occupazione tocca sale al 62,3 per cento, mentre quello di disoccupazione scende al 6,5 per cento, ai livelli del 2007. Eppure, basta addentrarsi nei dati per capire che non va tutto bene. Anzi.

In un mese, gli occupati sono aumentati di 56mila unità. E l’aspetto anomalo è che crescono unicamente, e non poco, solo i lavoratori autonomi: settantacinquemila in più in un mese, proseguendo la crescita già registrata a giugno. Mentre calano i dipendenti: in un mese si contano meno dodicimila contratti a tempo indeterminato, meno seimila tra quelli a termine. Nell’ultimo anno, i lavoratori autonomi sono cresciuti di 249mila unità, pari a un aumento del 5 per cento. Gli occupati a tempo indeterminato sono cresciuti di ben 437mila unità negli ultimi dodici mesi. Ma il cambiamento maggiore che salta agli occhi è il calo di 196mila unità degli occupati a termine (-6,6 per cento).

Gli autonomi raggiungono i 5 milioni 233mila, i contratti stabili scendono a 16 milioni 19mila, quelli a termine si fermano a 2 milioni 757mila. Cosa significa per il mercato del lavoro questa nuova composizione e se si tratta di veri o falsi autonomi sono tutte domande che ci si dovrebbe porre.

Così come bisogna interrogarsi sulla battuta d’arresto che si registra nelle fasce più giovani, che invece avevano guidato la ripresa occupazionale post Covid. Il tonfo dell’occupazione a luglio si registra nella fascia di ingresso nel mondo del lavoro, cioè tra i 25 e i 34 anni. Tra questi, ci sono ventiquattromila occupati in meno, mentre si contano sessentaquattromila inattivi in più, a fronte di una diminuzione dei disoccupati alla ricerca di lavoro di trentaquattromila unità.

La crescita del lavoro autonomo, a quanto pare, non ha toccato i più giovani. E anche al netto della componente demografica, si vede che i giovani hanno ormai perso il podio. Sono gli over 50, ora, che restano alla testa dell’aumento dell’occupazione con un +2,3 per cento in un anno. Mentre gli under 35 restano fermi a un debole +0,3 per cento, interessati anche da una crescita preoccupante dell’inattività del +1,8 per cento.

Luci e ombre anche per le donne. Al contrario di giugno, quando le lavoratrici avevano subito un calo di quasi ventimila unità, a luglio si contano 54mila occupate in più, mentre per gli uomini l’aumento resta piatto a duemila unità. Un’ottima notizia, se ci fermassimo solo a questa cifra, per un Paese con un basso tasso di occupazione femminile. Ma non è proprio così, perché in un solo mese le donne inattive – che non hanno e che non cercano un lavoro – sorpassano addirittura le nuove occupate, con un aumento di 63mila unità, a fronte di una riduzione di 101mila unità delle disoccupate che un lavoro lo cercano.

Insomma, più che festeggiare i nuovi record, bisognerebbe capire cosa sta accadendo nel mercato del lavoro e cosa comportano queste novità soprattutto sul fronte dei salari e della produttività, dalla cui crescita dipende la crescita del Paese. Di che tipo di lavoro si tratta? Quanto viene pagato? Queste domande bisognerebbe porsi.

 

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