Reazione a catenaLa destra non ha costruito un’egemonia politica, ha solo occupato tutti i posti disponibili

La Rai viene trattata da Fratelli d'Italia come un collegio uninominale dove chi vince prende tutto, senza considerare il pluralismo o l’efficacia della gestione. Risultato? I big se ne vanno, gli ascolti calano e i conti non tornano

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Come ha scritto Carlo Galli nel suo interessantissimo libretto “La destra al potere – Rischi per la democrazia?” (Raffaello Cortina Editore), i meloniani hanno fatto irruzione per la prima volta nelle stanze del potere «e sono entrati per restare, perché anche se non sono di eccelsa levatura sono conservatori tutt’altro che passatisti e anzi sono adeguati ai tempi calamitosi della post-liberaldemocrazia e della violenza globalmente circolante». Si vedrà presto se l’esperimento verrà coronato da successo.

Difficile dirlo ora, a quasi due anni dalla vittoria elettorale del 2022: Meloni pare ancora forte di consensi pur senza riuscire – è ancora una tesi di Galli – a costruire una vera egemonia, cioè una teoria politica vincente. Ci hanno provato e ci provano ma prendendo la questione dal lato sbagliato. Quello dell’occupazione, persino a livelli parossistici, di tutte le casematte da cui si guidano e modellano gli orientamenti del Paese.

Lasciamo stare Gennaro Sangiuliano, un uomo palesemente inadeguato alla bisogna. Anche la Democrazia cristiana occupava, ma lasciando vivere tutti, con l’occhio al consenso ma anche al fatto che l’Italia era tante cose e tutte andavano rappresentate. Fratelli d’Italia no. Gli basta ripetere un mantra stupidino: ci hanno votato e dunque tutto tocca a noi. 

La Rai viene dunque concepita come un collegio uninominale dove chi vince prende tutto. E così gli enti culturali, le Mostre, la Biennale, Francoforte, tutto ciò che è possibile arraffare. Con il paradosso di scatenare guerre tra i Fratelli, come ha scritto Carmelo Caruso sul Foglio, per cui il gran capo del Tg1, avamposto del melonismo televisivo, Gianmarco Chiocci, si sente non aiutato dall’azienda guidata dai Fratelli Sergio&Rossi, e addirittura penalizzato dal traino negativo che gli porta il fratellone Pino Insegno, uno che annoia persino con un quiz.

Vogliono cacciare dal Coni Giovanni Malagò ma non sembra abbiano grandi idee sul che fare, il che è tipico di una classe dirigente improvvisata – ma questo ministro dello Sport Andrea Abodi chi è? – che prima di prendere un’iniziativa ha l’assillo di prendere la poltrona, il resto si vedrà. 

Così si finisce a lottare nel fango con i cosiddetti alleati (a partire dal famelico Matteo Salvini ma sulla Rai Forza Italia non scherza) ed ecco la sorella della Sorella, Arianna Meloni, fare la parte di chi decide nomine, posti e funzioni naturalmente seguendo il manuale Meloni, altro che il Cencelli democristiano che al confronto era un inno al pluralismo. Dopodiché la Rai è allo sbando. I conti non tornano. I big fuggono. Ma più di questo miserevole assalto ai posti di comando i meloniani non sembrano di saper fare. L’egemonia è un’altra cosa ma loro non hanno gli strumenti per capirlo.

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