Platessa, polpo e branzino. Tutti appena pescati al largo della costa di Fukushima. È l’agosto del 2023 e Fumio Kishida opta per queste tre varianti di sashimi, insieme a tre ministri del suo governo. Obiettivo? Spegnere i timori sulla sicurezza del pesce della regione limitrofa alla centrale nucleare che nel 2011 fu vittima del disastro causato dal terremoto e maremoto del Tohoku.
Pochi giorni prima, era iniziato il rilascio di acque reflue radioattive trattate dalla centrale nucleare. Un’operazione che, nonostante le rassicurazioni scientifiche, ha causato critiche e accuse da parte soprattutto dalla Corea del Sud e dalla Cina, dove è stato avviato anche un boicottaggio delle importazioni. Ma ha incontrato anche l’opposizione dei pescatori stessi, preoccupati dalle ripercussioni sulla già traballante reputazione dei loro prodotti ittici.
È forse questo l’evento più celebre a livello mediatico e legato alle politiche ambientali di Kishida. Forse, addirittura, uno dei più celebri in assoluto dei suoi quasi tre anni di mandato come primo ministro del Giappone. Nelle scorse settimane, Kishida ha annunciato il passo indietro: non si candiderà per un secondo mandato alla guida del Partito liberaldemocratico (Ldp), al potere quasi ininterrottamente da decenni. Il suo nome non sarà tra quelli che si sfideranno in vista del voto del 27 settembre, che deciderà automaticamente il prossimo premier e il candidato di punta alle elezioni generali che si terranno nel 2025.
Kishida ha una reputazione internazionale scintillante, soprattutto in Occidente, per il rafforzamento dell’alleanza di Tokyo con gli Stati Uniti e della sua partnership con la Nato. Nonché per la costituzione di una rete asiatica di sicurezza, attraverso una serie di accordi senza precedenti coi suoi vicini. Eppure, all’interno la sua popolarità era in caduta libera sin dal G7 di Hiroshima, nella primavera del 2023. A pesare un maxi scandalo sui finanziamenti al partito, a cui Kishida ha provato a rispondere smantellando alcune fazioni, il pilastro del sistema di potere politico giapponese. Non è bastato.
Mentre si aspetta di conoscere il successore, è tempo allora di fare un bilancio dei suoi tre anni da premier. A partire dalle politiche ambientali, che erano state indicate come una priorità del suo governo nell’autunno del 2021. Il bilancio appare controverso. Kishida ha infatti fissato una serie di obiettivi ambiziosi, ma non sempre ha predisposto le politiche in grado di raggiungerli. L’etichetta utilizzata sin dal principio è stata quella della realizzazione di una “trasformazione verde”. Obiettivo necessario, visto che il Giappone resta uno dei maggiori emettitori al mondo.
A maggio 2023, è stata approvata una legge per l’attuazione dell’iniziativa di “trasformazione verde”, volta a raggiungere l’azzeramento delle emissioni di gas serra a livello nazionale entro il 2050. Il governo emetterà ventimila miliardi di yen in obbligazioni di transizione verde nei prossimi 10 anni, con l’obiettivo di catalizzare più di centocinquantamila miliardi di yen di spesa pubblica e privata. Il piano prevede di finanziare il debito con un’imposta sulle emissioni di anidride carbonica a carico degli importatori di combustibili fossili a partire dall’anno fiscale 2028 e un sistema di aste per le quote di emissione che debutterà nell’anno fiscale 2033, ma i dettagli non sono ancora stati del tutto definiti.
Per quanto riguarda le energie pulite, l’obiettivo del Giappone è che rappresentino il trentasei-trentotto per cento della produzione di elettricità entro il 2030. Ma il programma va al di là delle rinnovabili (su cui c’è un grande focus sull’eolico offshore) e guarda con attenzione alle tecnologie emergenti, come la costruzione di reattori nucleari più piccoli, la cattura e lo stoccaggio del carbonio e l’uso di ammoniaca e idrogeno.
Soprattutto la proposta sul nucleare ha una rilevanza notevole anche a livello politico e sociale. Dopo il disastro del 2011, infatti, in Giappone si era diffuso un notevole scetticismo sull’energia nucleare. Secondo il ministero dell’Economia, del Commercio e dell’Industria, nel 2019 l’energia nucleare rappresentava solo il sei per cento della fornitura di elettricità del Giappone. Già a fine 2022 il nuovo obiettivo era diventato il venti-ventidue per cento: una cifra da raggiungere anche grazie al riavvio delle centrali nucleari che hanno superato il vaglio di sicurezza dell’Autorità di regolamentazione.
Alla base di questa accelerata ci sono le preoccupazioni per la carenza di energia (che si è manifestata a più riprese con una serie di blackout) e soprattutto i timori generati dalla guerra in Ucraina, con la minaccia che la Russia interrompa le forniture di gas naturale in seguito all’allineamento del Giappone con Usa Nato. La strategia di Kishida combina dunque l’attenzione alla riduzione delle emissioni con una rinnovata attenzione alla sicurezza energetica sulla scia delle incognite sull’equilibrio in Asia-Pacifico, che il premier uscente ha per primo paventato possa in futuro rischiare di diventare la “prossima Ucraina”.
Eppure, sulle politiche ambientali di Kishida non mancano certo i punti oscuri e i dubbi irrisolti. Vero che è stato fissato l’obiettivo della neutralità carbonica entro il 2050, dieci anni prima della Cina, ma nonostante le richieste internazionali Kishida non ha dato garanzie per l’abbandono totale della produzione di energia elettrica a carbone entro il 2030.
Anzi, secondo il piano energetico del 2021 si prevede di andare ben oltre, visto che alla fine del decennio si fissa ancora al diciannove per cento la quantità di energia derivante dal carbone. Anche nelle ultime edizioni della Cop, Tokyo ha dovuto incassare parecchio scetticismo, tanto che a più riprese ha ricevuto il famigerato premio “Fossile del giorno” dal gruppo ambientalista internazionale Climate action network. Il gruppo ha anche criticato l’impegno di Kishida a utilizzare ammoniaca e idrogeno per produrre energia termica a emissioni zero come un “sogno illusorio” e un “incubo da combustibili fossili”.
Secondo un report di Bloomberg dello scorso settembre, le emissioni di anidride carbonica di una centrale a carbone che brucia ammoniaca con un rapporto di co-combustione inferiore al cinquanta per cento emette comunque la stessa quantità di anidride carbonica di una turbina a gas naturale. Inoltre, la co-combustione di ammoniaca può emettere più protossido di azoto, un potente gas a effetto serra.
Anche la comunità imprenditoriale che spinge per gli investimenti nelle nuove tecnologie di riduzione delle emissioni di carbonio in Giappone ammette che queste potrebbero non essere in grado di entrare in funzione rapidamente. Tanto che la Japan business federation ha chiesto una transizione graduale verso la neutralità delle emissioni di carbonio, utilizzando il più possibile le migliori tecnologie già disponibili.
Tuttavia, il governo Kishida si è reso protagonista di programmi ambientali anche a livello internazionale. A febbraio, Tokyo ha annunciato che donerà tre milioni di dollari all’Amazon fund, un’organizzazione governativa brasiliana che cerca di monitorare e combattere la deforestazione nell’Amazzonia. E nel suo recente viaggio in America Latina, Kishida ha insistito molto sui progetti di cooperazione in materia ambientale con Brasile e Paraguay. L’uso diffuso della biomassa come carburante per automobili rende d’altronde il Brasile un partner ideale per le importazioni del Giappone, che sta cercando di trovare nuove fonti di energia per raggiungere l’obiettivo di emissioni nette zero nel 2050.
Il successore di Kishida dovrà provare a dare maggiore concretezza ai piani messi a punto negli scorsi anni. E dovrà inoltre continuare a gestire il dossier Fukushima, provando anche a spegnere i timori sulla tenuta delle centrali nel caso si verifichino nuovi forti terremoti. Uno scenario non così remoto, per un’area ad alta attività sismica come l’arcipelago nipponico che nelle scorse settimane è stato anche protagonista della prima allerta di sette giorni per un possibile megaterremoto.
Il 22 agosto, pochi giorni dopo l’annuncio del passo indietro di Kishida, la Tokyo electric power company (Tepco) ha intanto sospeso le delicate operazioni per il recupero dei resti del combustibile nucleare dei reattori della centrale nucleare di Fukushima. Prima di rimarginare del tutto quella ferita servirà mangiare ancora diversi sashimi.