«Il problema principale è la crescita dei salari». «Non si può essere poveri lavorando». Alla vigilia dell’avvio delle riunioni del G7 Lavoro di Cagliari, centrato sull’impatto dell’intelligenza artificiale, i rappresentanti dei sindacati delle sette grandi potenze economiche mondiali, riuniti nel capoluogo sardo per il Labour 7, chiedono ai ministri di tornare con i piedi per terra e puntano il faro sulla necessità di alzare gli stipendi, soprattutto dopo gli anni di crescita dell’inflazione.
Dal Canada alla Germania, dal Regno Unito al Giappone, dagli Stati Uniti alla Francia, la questione centrale resta il lavoro povero. I sindacati e le organizzazioni datoriali del Business 7, insieme ai rappresentanti dell’Ilo, dell’Ocse e dell’Unione europea, hanno prodotto dopo due giorni di lavori una dichiarazione congiunta per «realizzare il progresso dell’intelligenza artificiale attraverso il dialogo sociale», chiedendo anche di «istituire meccanismi tripartiti a livello nazionale e locale» per «garantire un monitoraggio continuo dell’avanzamento dell’Ai».
Ma tutti hanno concluso che la priorità è «eliminare la povertà lavorativa». Lo ha detto nella sessione finale dei lavori il commissario europeo per il Lavoro Nicolas Smith, ma anche la viceministra del Lavoro britannica Alison McGovern e i delegati dell’Ilo, International Labour Organization. «La condizione del lavoro è una sfida per la democrazia, le nostre società e anche per la geopolitica», ha spiegato Smith.
I rappresentanti sindacali dei diversi Paesi parlano della necessità di rafforzare la contrattazione collettiva e di alzare il salario minimo legale. In ciascuno dei sette Paesi, le parti sociali hanno ruoli più o meno forti nella pressione salariale con le imprese. In Germania è il ministro del Lavoro che in questi giorni sta chiedendo di alzare il salario minimo. In Canada è stato da poco autorizzato un aumento. Negli Stati Uniti, il tasso di sindacalizzazione è in aumento dopo il Covid.
Dei sette Paesi del G7, l’Italia è l’unico a non avere un salario minimo fissato per legge. Negli Stati Uniti, in Giappone, in Francia e in Canada esiste dagli anni Novanta.
La ministra del Lavoro Marina Calderone, rappresentante del governo Meloni contrario al salario minimo, alza il sopracciglio a intermittenza, a seconda che si parli di salario minimo o no. E lo stesso fanno Maurizio Landini, Luigi Sbarra e Pierpaolo Bombardieri, segretari di Cgil, Cisl e Uil, seduti alla sua sinistra. La questione contrappone non solo sindacati e governo – che ha affossato la proposta di legge delle opposizioni – ma anche i sindacati stessi.
Luigi Sbarra resta contrario al salario minimo. «In Italia c’è la necessità di contrastare e combattere tanta povertà lavorativa», dice il segretario della Cisl. «Gli strumenti per realizzare obiettivi di crescita rimangono le buone relazioni sindacali e la estensione della contrattazione collettiva. Si prendano a riferimento i contratti più applicati e diffusi nei settori e si faccia valere questo per tutti».
Landini è accanto a lui, ma i due segretari sono agli antipodi sulla questione. «È sotto gli occhi di tutti che c’è un problema che riguarda anche la contrattazione che abbiamo fatto noi», dice il segretario della Cgil. «Esistono contratti, anche quelli firmati da noi negli anni passati, dove il salario è sotto la soglia dei nove euro. Ci sono contratti che per anni non sono stati rinnovati. Questa teoria per cui una legge sul salario minimo riduce la contrattazione, non è vera. Anzi, io penso che più leggi ci sono, più si rafforza il diritto di contrattare. E siccome in questi anni i salari nel nostro Paese non sono aumentati, è chiaro che abbiamo bisogno di una radicalità maggiore di quella che abbiamo avuto finora. Per tutelare i salari, bisogna aumentarli. Con la contrattazione nazionale, con il salario minimo e con una bella legge sulla rappresentanza».
Dopo le foto di rito sorridenti con i colleghi stranieri, passano il testimone ai delegati sindacali arrivati dal Canada, il Paese che avrà la presidenza del G7 del 2025. Nell’ultimo anno, il salario minimo canadese è cresciuto del 3,9 per cento.