Ventidue paragrafi per ventiquattro pagine, di cui due allegati. Il G7 del Lavoro di Cagliari, presieduto dalla ministra del Lavoro italiana Marina Calderone, si è concluso con una dichiarazione congiunta firmata dai ministri delle sette grandi potenze del mondo e dal commissario europeo Nicolas Smith. Titolo: “Verso un approccio inclusivo e umanocentrico per le nuove sfide nel mondo del lavoro”. Una lista di linee guida – molto teoriche e poco pratiche – su come affrontare l’impatto dell’intelligenza artificiale e dell’invecchiamento della popolazione sul mondo del lavoro, con un elenco di buoni propositi che andranno poi calati nella realtà dei singoli Paesi. E soprattutto nel mercato dell’intelligenza artificiale, che certamente corre molto più veloce dei lenti rituali da G7.
La «Dichiarazione di Cagliari», l’ha chiamata più volte la ministra Calderone, che nel capoluogo sardo è nata. Un documento che dovrebbe essere la prosecuzione del piano di Hiroshima, dove si era svolto il precedente G7 Lavoro sotto la presidenza giapponese.
Nel nuovo “Piano d’azione sull’intelligenza artificiale”, allegato alla dichiarazione congiunta, ci si pone l’obiettivo di promuovere «usi etici e socialmente responsabili dell’Ai per migliorare la vita dei lavoratori, aumentare positivamente il lavoro umano e aiutare tutte le persone a godere in sicurezza dei guadagni e delle opportunità derivanti dall’innovazione tecnologica». Nel documento si parla della necessità di aggiornare le competenze dei lavoratori e di creare sistemi di formazione continua, con una particolare attenzione ai lavoratori poco qualificati, quelli più anziani e ai dipendenti delle piccole e medie imprese.
Tra le urgenze elencate nel Piano d’azione, c’è la necessità di «affrontare gli squilibri di competenze tra domanda e offerta, lavorando a stretto contatto con le aziende» offrendo «una formazione più mirata, anche utilizzando i servizi per l’impiego pubblici e privati e promuovendo programmi di apprendistato e di riqualificazione a metà carriera». E si punta pure a fornire misure di sostegno all’occupazione e programmi di riqualificazioni per i lavoratori «più esposti all’Ai».
«È importante promuovere la cooperazione con le società che gestiscono le piattaforme digitali, aziende tecnologiche, parti sociali, società civile e i governi di tutto il mondo per garantire che le aziende rispettino i propri doveri di responsabilità verso i lavoratori nelle loro catene di fornitura dell’intelligenza artificiale», si legge.
Ampio spazio viene dato alla concertazione con sindacati e associazioni datoriali, che alla vigilia del G7 hanno presentato un loro documento sull’Ai ai ministri con una serie di richieste. «I risultati dell’intelligenza artificiale per i lavoratori sono più positivi nelle aziende che consultano i lavoratori e i loro rappresentanti», si legge nel documento dei ministri. Che chiedono che anche le parti sociali siano adeguatamente formate sull’Ai.
Il governo italiano ha presentato un disegno di legge, che è all’esame del Parlamento, per lo sviluppo dell’intelligenza artificiale. E il ministero del Lavoro costituirà un «Osservatorio sull’impatto dell’intelligenza artificiale, anche per capire in prospettiva di cosa avremo bisogno», ha annunciato la ministra Calderone. Ma, ha detto, «non lo faremo da soli. Lo faremo certamente con l’attiva partecipazione e il coinvolgimento delle parti sociali, valorizzando aspetti importanti che sono legati anche alla qualità dei processi di contrattazione collettiva». Poi, «se ci sarà necessità di intervenire anche per definire dei quadri regolatori, questo credo che sia assolutamente fattibile». Ma «l’obiettivo non è quello di individuare nella regolazione la gabbia all’interno della quale comprimere l’innovazione, però un sistema di regole che garantiscano l’approccio umanocentrico è richiesto da tutti dai gruppi di ingaggio dalle parti sociali e sicuramente è condiviso dai ministri che hanno firmato la dichiarazione».
La ministra Calderone ha poi spiegato che già nella piattaforma Siisl (Sistema Informativo per l’Inclusione Sociale e Lavorativa), quella creata per trovare un lavoro ai percettori dell’ormai ex reddito di cittadinanza, sono stati inseriti «elementi che, attraverso l’intelligenza artificiale, ci possano anche far comprendere quali sono le esigenze delle aziende e le attività che possiamo mettere a disposizione sul piano formativo». E «attraverso i dati, capire quali sono le professionalità di cui avremo bisogno». Perché, ha detto, «dobbiamo formare lavoratori e lavoratrici per il lavoro che c’è e ci sarà e non per quello che non c’è più».
Al di là degli annunci da G7, però, quello che sappiamo è che la piattaforma dotata di intelligenza artificiale di cui parla la ministra al momento non funziona o funziona male. Né abbiamo dati aggiornati sui risultati, se non qualche anticipazione disastrosa trapelata dai tecnici Inps. A ottobre dovrebbe essere pubblicato un monitoraggio trimestrale. Ma le vacancy caricate sono poche e le persone coinvolte sono solo più o meno centoquarantamila, meno della metà della platea prevista. E non si sa neanche in quali attività di politica attiva siano state avviate, se sono inserite in attività di formazione o se hanno trovato un lavoro. «Io ho altre cifre», ripete Calderone. Senza dire quali. Forse nella speranza che l’intelligenza artificiale faccia il miracolo e modifichi dei dati tutt’altro che positivi.