Ponte di comandoUn leader forte deve saper vincere al centro

In “On leaderhsip. L’arte di governare” (il primo volume della Silvio Berlusconi Editore), Tony Blair mostra come il capo di un governo solido e moderato sia in grado di sviluppare per tempo politiche e piani utili alla società

AP/Lapresse

Il leader ha bisogno di un centro forte, un centro capace di avviare e portare avanti il cambiamento in modo efficace e tempestivo. Il leader ha potere proprio perché è il leader. Da questo deriva la sua autorità. Sfruttatela saggiamente e le cose accadranno. Un centro forte è necessario perché, senza di esso, quell’autorità non può essere sfruttata. Rimane debole o dormiente. Se il sistema sa che il programma è guidato dal centro, invece, risponderà: i ministri saranno messi sull’avviso, gli inerti diverranno ansiosi e si metteranno sulla difensiva.

Ma un centro forte non si crea da solo. Organizzarlo è il primo compito del leader. Il primo passo è così ovvio che a molti leader che ho incontrato non viene neanche in mente: L’AGENDA! Quando ero leader dell’opposizione nel Regno Unito, prendendomi una pausa da una campagna elettorale che ci aspettavamo di vincere, feci visita al presidente Clinton alla Casa Bianca. All’inizio della nostra serie di incontri, mi disse: «Ricordami di dirti qualcosa di veramente importante, prima di andartene». Rimasi molto colpito; pensai che mi sarebbe stato rivelato un qualche importantissimo segreto di Stato. Al momento di andarmene, glielo ricordai. 

Mi guardò in modo solenne e disse: chiunque gestisca la tua agenda, quando sei un leader, è la persona più importante del tuo mondo. Hai bisogno di tempo per pensare, tempo per studiare e tempo per realizzare le cose per cui sei arrivato alla leadership. Perdi il controllo dell’agenda e fallirai. Confesso che rimasi un po’ deluso. Ma aveva ragione. Il tempo è il bene più prezioso. Potete essere assolutamente certi che quello che sembrava relativamente semplice quando non risparmiavate le critiche alla leadership precedente diverrà – quando vi troverete di fronte alla vita reale dipinta non a slogan, ma in una prosa complessa – un mondo più difficile. 

E senza il tempo per concentrarsi sui risultati da raggiungere, per elaborare le politiche giuste, per gestire politicamente i cambiamenti che state operando, scoprirete che la grande visione che avete elaborato con tanta fiducia quando eravate all’opposizione non si tradurrà mai in realtà. Gengis Khan, che creò uno degli imperi più straordinari della storia, disse: «Conquistare il mondo a cavallo è stato facile; il difficile è venuto quando si è dovuto smontare da cavallo e governare». È questa la sfida per il leader. Milioni di cose chiedono il suo tempo. Dignitari stranieri di passaggio, per esempio. Sono obblighi ineludibili, ma, a meno che non si sia impegnati in qualche grande impresa che comporta un coinvolgimento internazionale, si tratta, alla fine, di distrazioni.

Tutti vogliono qualcosa da voi o vogliono stare con voi. Colleghi in politica, uomini d’affari, vecchi e nuovi amici. Vi sono cerimonie cui presenziare, funerali e matrimoni cui non si può mancare, eventi di Stato in cui le chiacchiere oziose sono inversamente proporzionali al loro impatto sulla vita dei cittadini. Molti leader partecipano a riunioni dal primo mattino a notte fonda. Sono per la maggior parte improduttive. Ogni ora trascorsa così è un’ora perduta che distoglie dalla vera sfida: quella di governare. Coloro che gestiscono la vostra agenda degli appuntamenti, quindi, e hanno voce in capitolo su che cosa debba rientrarvi, devono essere persone di altissimo livello e avere con voi legami strettissimi. E devono seguire rigide istruzioni.

Dovete farvi vedere a un evento? Andateci, ma non fermatevi più di un’ora. O anche meno. Chi l’ha organizzato si lamenterà, se la prenderà con i vostri collaboratori, dirà che se non restate tutta la sera sarà una grave offesa, che nuocerà alla vostra leadership. Ma i vostri collaboratori devono tener duro. Essi devono essere abbastanza intelligenti, però, da sapere valutare. A volte dovrete restarci, tutta la sera. Il punto è: chi gestisce i vostri appuntamenti dev’essere veramente bravo, avere sensibilità per la politica con la «p» minuscola, saper dire di no con un sorriso. Per un leader dire di no è difficile: tenderebbe a dire sempre di sì. Ecco perché ha bisogno, alle sue spalle, di cani da guardia che resistano anche alle pressioni più forti.

I vostri ministri chiedono un po’ del vostro tempo. Dovete vederli, è ovvio. Ma non tutte le volte che vogliono. Chiede del tempo anche il Parlamento. Quando feci passare il question time del primo ministro da quindici minuti due volte la settimana nel pomeriggio a trenta minuti una volta sola a mezzogiorno, risparmiai letteralmente da un giorno a un giorno e mezzo di tempo. Un leader deve restare in contatto con la sua gente. Andare in giro per il paese, vedere le cose con i propri occhi, incontrare la gente del posto, mantenere una comunicazione costante: tutto questo è importante. Ma occorre ricordare che una visita di mezza giornata è probabilmente altrettanto efficace di una visita di una giornata intera. 

Andate, incontrate chi dovete, parlate, tornate indietro. Dovrete vedere quei dignitari stranieri. Sono relazioni importanti. Ma organizzate bene le loro visite. E riducete al minimo le vostre all’estero. Ancora una volta, dovrete farne. Ma rendete produttivo il tempo che vi richiedono: che ci sia il minimo di protocollo e il massimo di sostanza. I vostri responsabili del protocollo sono senza dubbio brave persone. Cui piace il loro lavoro. Piace viziare e adulare, organizzare cerimonie elaborate, fare di tutto un teatro. Ma non dovrebbe piacere a voi: vi fa perdere un sacco di tempo. Il tempo che non è dedicato a realizzare ciò per cui si è al governo riduce la capacità del leader di ottenere risultati.

Conosco leader la cui porta è sempre aperta, cosa che, inizialmente, alle persone piace moltissimo, perché si crogiolano alla luce del leader. E perché rende importanti anche loro. Ma abbastanza rapidamente – e nel governo le cose si muovono sempre molto più velocemente che all’opposizione – la porta aperta non affascina più, la gente chiede azione, alle aspettative subentra la disillusione, e, senza il tempo e lo spazio per concentrarsi, il governo perde il suo fascino e il leader la sua luce. Poi c’è qualcosa che troppo spesso si trascura: c’è bisogno di tempo anche per se stessi, per la propria famiglia, per rilassarsi, per lasciare che la tensione si allenti, anche solo per un momento.

La vostra agenda deve includere questo tempo personale. Tutti vi succhiano energie dalla mattina alla sera e, dalla mattina alla sera, voi impartite ordini e prendete decisioni: tutto ciò stanca, sfinisce. Quel tempo personale è un balsamo per la mente e lo spirito. Può sembrare strano, lo so, attribuire all’agenda un’importanza simile, quasi fosse un libro sacro. E so anche che esistono leader che sembrano non riposare mai e non perdere mai la concentrazione; ma se si è un comune mortale, seguire queste semplici regole pagherà un enorme dividendo in termini di efficienza.

Poi, è chiaro, c’è il resto del centro da organizzare. L’obiettivo dev’essere quello di creare una macchina competente che dia impulso al programma. Ne parlerò nei dettagli più avanti. Ma, in sostanza, se il centro dev’essere forte, va organizzato perché lo sia. Io ristrutturai il centro del governo nel corso del mio secondo mandato, dopo avere imparato la lezione nel primo. Nel primo mandato avevo dato una scossa al sistema perché si muovesse più celermente. E in una certa misura l’aveva fatto. Ma non abbastanza e, quando avevo smesso di pungolarlo, era tornato a rallentare il passo.

Scopo della ristrutturazione fu quello di mettere il centro, per così dire, al centro, dargli la capacità e la competenza di cui aveva bisogno per guidare il governo, renderlo responsabile nei miei confronti, ma anche rendere responsabile me delle mie stesse intenzioni. E fare in modo che fosse sempre attivo. Anche quando io ero distratto. La ristrutturazione coinvolse una varietà di settori: politiche, strategia, comunicazioni e risultati. Il concetto per cui essa è più nota è quello di Delivery Unit, ora diffusamente applicato a livello mondiale.

A fargli da levatrice fu Michael Barber, che compì un grande lavoro e scrisse un volume sul tema, Deliverology, che,credeteci, ho visto fra i libri di tanti leader che conosco. Ma non meno importanti furono altre innovazioni. Nella Policy Unit lo sviluppo delle politiche governative è monitorato da esperti, che possono anche suggerire miglioramenti o aggiustamenti. È importante osservare che questi esperti dovrebbero provenire non da dipartimenti governativi, bensì dalla squadra stessa del leader, ed essere dotati di una grande capacità in materia di analisi e politiche.

La Strategy Unit si concentra sul pensiero a lungo termine, che genera nuove idee e nuovi modi di guardare al mondo. Una Strategic Communications Unit è ovviamente vitale, perché altrimenti un governo parrebbe tecnocratico, anziché guidato da valori e mission. Essa deve fornire le comunicazioni di tipo strategico, destinate, cioè, non solo ai notiziari del giorno dopo, ma a spiegare con costanza l’attività dell’intero governo. Il centro del governo dev’essere quindi abbastanza forte da contribuire a elaborare le politiche, garantire la coerenza strategica, fare avanzare il piano, comunicarlo e, soprattutto, realizzarlo. Non mancheranno crisi, imprevisti, eventi improvvisi, scandali, shock, allarmi, deviazioni di rotta, ma il leader deve sempre disporre di una macchina incessantemente focalizzata sul raggiungimento degli obiettivi prefissati. Rendete FORTE il centro!

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Tratto da  “On leaderhsip. L’arte di governare” (Silvio Berlusconi Editore) di Tony Blair, pp. 384, 19,95 €

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