Frontiere d’EuropaVoli bloccati e interminabili viaggi in treno, spostarsi in Ucraina è (ancora) molto difficile

In attesa del ripristino parziale del traffico aereo previsto nel 2025, Polonia, Romania e Moldavia rappresentano le principali porte d’accesso nel Paese, ma le grandi distanze complicano gli spostamenti

Passeggeri alla stazione di Myrhorod - Foto di Simone Matteis

Kyjiv, Kharkhiv, L’viv, Odessa, Zaporizhzhia. C’erano una volta, almeno fino a due anni e mezzo fa, gli aeroporti che collegavano l’Ucraina con i cieli d’Europa e di tutto il mondo, contribuendo ad alimentare il boom del settore turistico registrato nell’ultimo decennio. A poche ore dallo scoppio dell’invasione su larga scala, una delle primissime conseguenze fu la chiusura dello spazio aereo ucraino annunciata nella notte del 24 febbraio dall’Eurocontrol, l’ente preposto alla tutela della sicurezza sui cieli europei, per evitare il ripetersi dei disastri aerei che nel 2014 e nel 2020 causarono quasi quattrocento morti.

Di lì a poco, tuttavia, gli effetti sulla mobilità internazionale sarebbero stati decisamente più consistenti tanto che lo scorso febbraio, a due anni esatti dal riaccendersi del conflitto, il governo di Kyjiv e l’Agenzia europea per la sicurezza aerea hanno cominciato a ragionare seriamente su una possibile riapertura degli aeroporti ucraini. Un progetto parziale che rappresenterebbe però un notevole passo in avanti verso un primo ritorno alla normalità in un settore, quello dei trasporti, decisamente cruciale in un Paese grande due volte l’Italia e più vasto persino della Francia.

Intanto, mentre si attende la tanto agognata riapertura degli scali, eventualmente prevista comunque non prima del 2025 e solo nelle città di Kyjiv, Leopoli e Odessa, entrare e uscire dall’Ucraina continua a costituire un’impresa per tantissime persone, con tempistiche dilatate all’inverosimile. Lo scorso anno Linkiesta aveva raccolto una serie di testimonianze lungo la tratta polacca, per diverse ragioni ancora la più frequentata innanzitutto per la vicinanza con il piccolo aeroporto di Rzeszów, collegato direttamente anche con l’Italia, ma soprattutto con Przemyśl, a due ore e mezzo da Cracovia e ultima città al confine prima di entrare in territorio ucraino. Da qui, una volta superati i controlli, decine di taxi sono pronti a percorrere gli ottanta chilometri che conducono a L’viv, porta occidentale del Granaio d’Europa.

Foto di Simone Matteis

Arrivare in taxi dalla stazione ferroviaria di Przemyśl è il modo più semplice per raggiungere la frontiera con l’Ucraina ma, soprattutto, solo così è possibile passare a piedi evitando la coda perenne di macchine, camion e bisarche zeppe di veicoli incidentati, che una volta superato il confine verranno riparate per essere poi rivendute a prezzi sensibilmente più bassi. I taxi si fermano all’imbocco della stradina sterrata che conduce al gabbiotto doganale, gestito interamente da donne: da qui in poi gli uomini si vedranno sempre di meno, a parte quelli con la mimetica sparsi agli angoli delle città, sui mezzi dell’esercito o ai checkpoint allestiti lungo l’intera rete stradale, da est a ovest. Praticamente, tutti i maschi ucraini idonei all’arruolamento e che non siano impegnati sul fronte. Attraversare il confine a piedi richiede poco tempo, in tutto circa una mezz’oretta, e permette di passare di fianco alla colonna di mezzi che attende il via libera per procedere verso i controlli doganali.

Dalla Polonia, ad ogni modo, è più facile entrare che uscire: i treni notturni della tratta Karkhiv – Kyjiv – L’viv – Przemyśl percorrono oltre mille chilometri e ci impiegano all’incirca quindici ore, senza contare le lungaggini dovute al controllo passaporti a bordo treno all’altezza di Medyka, stazione al confine tra i due Paesi. Controlli che, una volta arrivati a Przemyśl, verranno comunque ripetuti dal personale di frontiera polacco, con tanto di scan per i bagagli e riconoscimento facciale per chi non è in possesso di un documento comunitario.

Foto di Simone Matteis

Spostandosi a Sud, entrare in Ucraina dalla Romania è tutto sommato abbastanza agevole, con l’aeroporto di Suceava poco distante dal confine e un traffico di mezzi e persone dirette a Cernivci certo non paragonabile con quello diretto a L’viv. Qui in macchina o a piedi ci si impiega una ventina di minuti, ma i problemi riguardano sia i collegamenti con lo scalo romeno, decisamente meno numerosi rispetto a Cracovia, sia la posizione periferica della città nei confronti dei principali centri del Paese. Da Cernivci è necessario attraversare un tratto di Carpazi in treno per arrivare a Kyjiv e da lì spostarsi verso L’viv o verso le regioni di Kharkhiv, Dnipro e fino in Donbas. Un percorso lungo e piuttosto scomodo così come quello che attende coloro che arrivano in Ucraina passando dalla Moldavia.

Dall’aeroporto di Chisinau la strada porta a Odessa, avamposto meridionale sul Mar Nero distante da Kyjiv quanto Trento da Praga, in linea d’aria. Alle difficoltà logistiche bisogna aggiungere anche che la vendita dei biglietti ferroviari ucraini per i collegamenti interni a lunga percorrenza apre all’incirca una ventina di giorni prima della partenza, per cui è fondamentale acquistarli per tempo per non correre spiacevoli rischi. Inoltre, da qualche mese è entrata in vigore una nuova stretta sulle prenotazioni, da effettuarsi previa autenticazione con l’app dei servizi pubblici ucraini, una misura resasi necessaria per contrastare il mercato nero dei biglietti ferroviari e mantenere un controllo quanto più saldo possibile sul traffico passeggeri in tutto il Paese.

Foto di Simone Matteis

Lunghe quasi ventimila chilometri, sia pure con velocità variabili a seconda dello scartamento dei binari, le ferrovie ucraine sono al tredicesimo al mondo per estensione del sistema ferroviario. Dall’inizio dell’invasione russa treni e stazioni si sono rivelati un elemento non centrale tra gli obiettivi di Mosca, soprattutto perché per ampi tratti il trasporto dei passeggeri utilizza linee differenziate rispetto a quelle impiegate dai militari e dalle merci. Che pure, in due anni e mezzo di guerra, sono riuscite a rimanere quasi completamente intatte garantendo lo spostamento di truppe e armamenti in tempi più rapidi rispetto a un viaggio su strada, dove i cartelli sono stati per la maggior parte divelti e le indicazioni satellitari costantemente manomesse nei luoghi strategici in modo da non fornire punti di riferimento geografici in caso di eventuale avanzata russa lungo le principali direttrici ucraine.

Fra vari tentativi di confondere il senso di orientamento del nemico fino a treni ad alta percorrenza che continuano a collegare la nazione da un lato all’altro, la resilienza dell’Ucraina potrà segnare un ulteriore traguardo nel momento in cui gli aeroporti torneranno in funzione, seppur gradualmente. Solo allora il Paese potrà dirsi finalmente entrato in una fase del conflitto meno critica, più sicura e forse perfino conclusiva. Ma questo, al di là dei mezzi di trasporto utilizzati dalla popolazione, solo il tempo sarà in grado di dirlo.

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