Scudi ideologiciL’osceno uso dei morti per contestare a Israele il diritto di difesa

Dalle fogne social ai maître à penser, dai governatori di Regione alle “avvocate” dell’Onu, la routinaria deplorazione sulle vittime dei bombardamenti si veste da sensibilità umanitaria ma punta il dito sull'insanabile, antica colpa dello Stato degli ebrei

La destituzione del diritto di Israele di difendersi non si attua solo con la propaganda sul numero dei “civili” uccisi. Quella è la pratica più sbracata, oscena per come è perpetrata con identica spudoratezza non solo dai frequentatori anonimi della fogna social, ma dal segretario di partito, dal governatore di Regione, dall’editorialista coi fiocchi, dall’accademico illustre, dalla femminista passeggiatrice sopra i tunnel dove gli ostaggi sono torturati nell’attesa del colpo alla nuca.

Ma, appunto, non è il culmine dell’affronto civile quell’insistere sui numeri falsi dei morti civili. Il peggio è invece la contestazione a Israele del diritto di fare la guerra a chi vuole distruggerlo. Il presunto e solo teorico diritto di Israele di difendersi – quando pure, e cioè assai raramente, e certo non da parte di tutti, è riconosciuto – è esposto a revoca quando è esercitato. E a revocarlo non è l’addebito secondo cui, nel difendersi, Israele uccide i civili o ne uccide troppi, ma la constatazione che Israele “ha ucciso 40 Mila persone”. Senza arrivare ai propalatori di menzogne – estreme addirittura per Hamas – secondo cui Israele avrebbe ucciso “42 Mila civili”, o “50 Mila civili”, si resta comunque alla routinaria osservazione che indugia con deplorazione sulle decine di migliaia di morti. Ma non deplorazione umanitaria perché tante vite sono travolte, no: deplorazione perché Israele ne è responsabile.

Nel conto vanno ugualmente le migliaia di miliziani e terroristi uccisi. Nel conto di quella deplorazione che non registra con patimento la morte di tanti, ma che incolpa Israele per la morte di tanti, vanno anche i nemici di Israele. E ci vanno perché lo Stato Ebraico, secondo questa impostazione, è originariamente illegittimo e, quando non è originariamente illegittimo, ha perso di legittimità ora perché occupa illegalmente i Territori, ora perché fa l’apartheid, ora perché un ministro sale sul Monte del Tempio, ora perché un altro è fascista, ora perché Netanyahu è un criminale di guerra, ora perché Yoav Gallant invece pure, ora perché il 7 ottobre non viene dal nulla.

E uno Stato nato illegittimo o diventato illegittimo non può legittimamente considerare nessuno un proprio nemico. Non può dunque fare la guerra ai propri nemici perché non ha diritto di considerarli propriamente tali: una teoria che è esplicita nelle divagazioni di qualche finta avvocata dell’Onu, ma che impregna le dichiarazioni che da destra, dal centro, dalla sinistra e dal sedicesimo polo quotidianamente commentano l’ammontare dei morti della guerra di Gaza e ora del Libano, vale a dire la guerra di Hamas e di Hezbollah.

La guerra che Israele non avrebbe dovuto combattere perché, facendola, uccide. E Israele non può uccidere. Non può uccidere perché – unico Stato al mondo – fronteggia nemici che hanno diritto di essere nemici di Israele o almeno hanno il diritto di non essere perseguiti da Israele, un diritto loro proveniente dall’illegittimità di Israele.

A nessuno verrebbe in mente di attribuire ai combattenti di Berlino la colpa di aver fatto 400 Mila morti. Ma pressoché tutti – anche quelli che fanno le viste di trasalire solo per il numero dei civili uccisi – ripetono che “la reazione israeliana ha provocato decine di migliaia di morti”.
Perché Israele non può fare la guerra. Perché Israele non può lamentare di avere nemici. Perché Israele è Israele. Perché Israele è lo Stato degli ebrei.

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