Il mercato del lavoro italiano continua a crescere, ma non cresce per tutti allo stesso modo. Ad agosto 2024, si sono aggiunti quarantacinquemila posti in più, toccando un nuovo record di ventiquattro milioni e ottantamila occupati. Eppure è ancora un quadro a tinte fosche quello tracciato dall’Istat nel suo report mensile. I nuovi occupati sono tutti uomini, mentre le donne perdono seimila posti di lavoro. E tutti dipendenti, mentre gli autonomi tornano a calare a picco dopo il boom di luglio. Ma la cosa che più salta all’occhio è la crescita degli inattivi di quarantaquattromila unità in un mese, soprattutto tra i più giovani.
Il grande bacino degli scoraggiati, quelli che un lavoro non ce l’hanno e non lo cercano nemmeno, si allarga ancora. Tanto che in un anno, rispetto ad agosto 2023, si contano ben centoseimila inattivi in più, di cui novantaduemila donne.
La bassa partecipazione al mercato del lavoro resta uno dei grandi mali dell’economia italiana. Il tasso di occupazione al 62,3 per cento, seppure il più alto di sempre, è all’ultimo posto in Europa. Con il tasso di inattività che sale al 33,4 per cento – al secondo posto in Europa – raggiungendo la soglia del 42,3 per cento nella componente femminile.
Gli inattivi crescono ancora soprattutto tra i più giovani. In un mese, tra gli under 35 sono ventitremila in più. In un anno se ne contano centosessantaseimila in più, di cui novantaduemila nella fascia più giovane 15-24 anni e ben settantaquattromila tra i 25 e i 34 anni. Sotto i 35 anni, si contano ancora quasi sei milioni di inattivi, vale a dire la metà del totale.
Ad agosto, in particolare, sono stati soprattutto gli uomini ad aver alimentato il bacino dell’inattività. Nella componente maschile del mercato, mentre si sono aggiunti cinquantamila occupati e i disoccupati sono diminuiti di trentasettemila unità, gli inattivi in più sono trentamila in un mese. Tra le donne, invece, calano sia le occupate (seimila in meno) sia le disoccupate (ottomila in meno), ma ci sono quattordicimila inattive in più.
E se a luglio a crescere erano stati solo gli autonomi, stavolta è la fetta del lavoro indipendente a crollare, con quarantottomila unità in meno (anche se in un anno sono cresciuti di centoventitremila unità). Un sali e scendi, accompagnato dalla crescita costante dei contratti a tempo indeterminato (settantacinquemila in più in un mese), mentre i contratti a termine tornano a salire anche se di poco (più diciottomila). Complessivamente, in un anno nel mercato si sono aggiunti oltre cinquecentomila occupati permanenti, con un calo di centoquarantaquattromila occupati a termine.
Considerando le fasce d’età, è evidente come l’invecchiamento delle popolazione incida sulla composizione e gli andamenti del mercato. Su quasi cinquecentomila posti di lavoro in più in un anno, gli occupati over cinquanta sono duecentosettantatremila in più, seguiti dai 35-49enni, tra i quali si contano centoventicinquemila occupati aggiuntivi.
Al netto della componente demografica, però, gli occupati crescono maggiormente nella fascia 35-49 anni (+1,6 per cento), mentre l’inattività cresce molto sotto i trentacinque anni (+2,9 per cento).
Tutti segnali che il mercato è diviso tra chi un lavoro lo cerca e lo trova e chi invece smette del tutto di cercarlo. Un quadro complesso che richiederebbe insomma qualcosa in più delle celebrazioni dei record mensili.