Molti giornali continuano a scrivere che i convegni di Milano e Orvieto dello scorso weekend siano stati imperniati sulla costruzione di un centro. Errore. In entrambe le occasioni si è detto chiaramente che l’obiettivo era ed è quello di contribuire alla crescita del centrosinistra, possibile a patto di mutarne gli assetti programmatici e culturali. Probabilmente si fa confusione tra centro e l’ipotesi di una nuova formazione politica moderata, quella che qualcuno chiama la nuova Margherita, un’idea al momento nebulosa tranne che per un aspetto: se mai nascerà, la nuova Margherita non sarà equidistante dai due poli ma interna al centrosinistra, un nuovo centrosinistra.
Dunque anche i due convegni di sabato hanno rafforzato l’assetto bipolare del sistema politico sul fronte del centrosinistra (e peraltro non ci sono segnali di uno smottamento dell’attuale centrodestra) modificando caso mai i termini della discussione interna dei progressisti e più in particolare del Partito democratico, ammesso e non concesso che Elly Schlein abbia voglia di aprire un dibattito interno di tipo nuovo. Severo, su questo, Arturo Parisi: il fatto che la segretaria «non riesca a promuovere il confronto tra le diverse posizioni all’interno del partito è implicitamente il segno di un suo fallimento». Ancora non è chiaro a tutti che la stessa figura di Ernesto Maria Ruffini va contemplata nel quadro del centrosinistra, come un arricchimento di questo polo e non come una candidatura terzista.
Un problema continuerà ad averlo Giuseppe Conte, forse non a caso del tutto assente da queste discussioni, la cui pretesa di non voler stare né di qua né di là trincerandosi dietro la vaga classificazione di “progressista” non regge alla prova della realtà, e prima se ne rende conto meglio sarà per lui. D’altra parte la conferma dell’assetto bipolare italiano è perfettamente congruente con la dinamica internazionale che si è ufficialmente aperta ieri con il terrificante discorso d’insediamento di Donald Trump a cui ha voluto partecipare Giorgia Meloni, ufficialmente iscritta alla tecno-destra mondiale.
Di fronte alla reazione guidata dal nuovo presidente americano che in Italia è rappresentata dalla presidente del Consiglio c’è poco da sdottoreggiare di un centro autonomo dai due poli. Viene dunque da concludere, su questo punto, che i discorsi sul “centro” riguardano ormai solamente Azione di Carlo Calenda e Orizzonti liberali di Luigi Marattin, due forze non esattamente in grado di incrinare il bipolarismo. Loro puntano ad attrarre i consensi di chi rifiuta sia Schlein che Meloni, ma almeno finora la gente ha mostrato di non crederci. Poi certo starà soprattutto al Partito democratico essere capace di recuperare voti nel mare dell’astensionismo e amalgamare forze nuove nel suo campo. E su questo nessuno può scommettere. Ma il centro è morto.