Pace e petardiBreve guida alla retorica inattaccabile dell’esercito dei giustificatori antisemiti

Che si tratti della sinagoga di Bologna o del 7 ottobre, lo schema è sempre lo stesso: minimizzare un atto di odio contro gli ebrei, definendolo una legittima protesta politica contro Israele. Poi però se l'episodio viene chiarito o smentito, accusare gli ebrei di vittimismo o di aver manipolato la vicenda per tornaconto personale

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Come ha notato (mi pare soltanto) l’amico Guido Vitiello, il dibattito – chiamiamolo così – sul caso bolognese dei giorni scorsi, con i disordini che in quella città hanno lambito gli edifici della Comunità Ebraica e la sinagoga annessa, denuncia il ricorrere ormai addirittura tipizzato dell’approccio antisemita. In un primo momento, quando non si trattava del fatto che la sinagoga fosse stata vandalizzata – perché quella era la notizia – la fogna antisemita si mobilitava per scriminare, quando non per rivendicare la giustezza, del gesto. Una scritta sulla «giustizia per Gaza» sul muro della sinagoga, infatti, era l’innocuo se non addirittura dovuto segno di sdegnata denuncia del genocidio in corso laggiù. 

Insomma, secondo un’impostazione che ormai gode di qualche buon riscontro, se non è proprio encomiabile è almeno comprensibile che gli ebrei del mondo, siccome non emettono dichiarazioni sul nazismo di Israele, siano molestati nei loro luoghi di culto. Dopo di che, quando emerge che il vilipendio non si esercita proprio proprio proprio sul muro della sinagoga, ma su quello del civico a fianco, quella medesima fogna si smuove nella denuncia della fake news, con gli ebrei che neppure si lamentano di un gesto dopotutto meritato, ma addirittura se lo inventano nel quadro della solita lamentazione vittimistica.

Il tutto, ovviamente, con solerte sottolineatura del fatto che il presidente della Comunità bolognese ha dichiarato che la sinagoga  – per quanto destinataria di petardi e bombe carta  – non è stata danneggiata. E pace, ovviamente (cioè silenzio), sul fatto che il medesimo presidente ha pur denunciato la «guerriglia» avvenuta, certo non a caso, proprio davanti agli edifici della Comunità.

Come dovrebbe capire chiunque, se, alla notizia di un possibile gesto antisemita, prima si mobilita l’esercito di giustificatori che ne reclama la nobiltà umanitaria e ne rinnega il tratto odioso e poi, a notizia “smentita”, arrivano le guarnigioni di rincalzo a denunciare “la bufala”, ebbene a squadernarsi non è il democratico culto della verità né la doverosa tigna che mette i puntini sulle i, ma solo e soltanto il più bieco e budellare pregiudizio antiebraico. 

Che è poi quello che oppone i veri decapitati palestinesi a quelli finti del 7 ottobre, quello che indugia sulle mancanze probatorie circa le violenze sessuali contro le donne ebree, quello che evoca la frase di un ministro israeliano sull’assedio di Gaza a riprova dell’intento genocidiario ma non si occupa – «ovvio che lo condanniamo!» – del macellaio di Hamas quando chiede il sangue delle donne e dei bambini per dare vigore alla causa rivoluzionaria.

La stessa feccia, insomma, che si tratti di rinfacciare Gaza agli ebrei bolognesi o invece di proclamare dal pulpito dell’Onu che il 7 ottobre non viene dal nulla.

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