Un editoriale di Haaretz, amatissimo da grandi e piccini, si intitola “If it looks like ethic cleansing, it probably is”: se sembra pulizia etnica, probabilmente lo è. Se sembra talco, non si sa. Pochi giorni fa ho visto un video. C’era una ragazza molto giovane con i capelli colorati, una paralisi cerebrale, in sedia a rotelle, non verbale, con un tubo nell’ombelico, a petto nudo, con le cicatrici di una mastectomia.
Leggo i commenti, vedo che molte persone scrivono che avere una paralisi cerebrale è esattamente come non averla. Una diciottenne con paralisi cerebrale può dare il consenso a farsi amputare, la paralisi cerebrale non è un problema, il vero problema è chi dice che non è così. A me il dubbio è venuto. Ho pensato prima a Stephen Hawking, poi a Mengele. Ho pensato che se sembra un abuso, probabilmente lo è. Abbiamo smesso di credere a quello che vediamo. Questo comporta una cosa che di solito conduce a una morte orribile: l’estinzione del senso di pericolo. Se io non riesco a credere a quello che vedo, non riesco nemmeno a capire se quello che vedo può uccidermi oppure no.
«Se l’ansia ci invade è perché il nostro cervello non è in grado di percepire la differenza qualitativa tra il pericolo reale rappresentato dalla presenza di una tigre e il pericolo paventato di poter fare brutta figura in pubblico», lo scrive Lucio Della Seta nel libro “Debellare il senso di colpa”. Io quando ho mal di testa prendo un tranquillante perché quel mal di testa sarà sicuramente un tumore al cervello: continuo a provare dolore, ma allontano l’idea della morte.
Oggi se vedessimo una tigre nella stanza penseremmo a quel video che abbiamo visto su internet dove una tigre abbracciava quello che l’aveva curata per anni, penseremmo che la tigre non è cattiva perché la colpa è sempre del padrone, diremmo che è così che muore un antispecista. Avendo smesso di avere la tigre nella stanza perché abbiamo fatto entrare Glovo, è rimasta solo l’ipotesi di una brutta figura in pubblico. La propaganda è una questione di potere che parte dall’alto e non dal basso, ma dà l’illusione di partire dal basso per arrivare in alto. Mio figlio è in terza elementare e deve sempre scrivere quali sono i dati inutili in un problema di matematica, per fare esercizio dovrebbe leggere l’analisi sul numero di morti di Gaza del prestigioso The Lancet. Se sembra propaganda, è probabile che lo sia.
Intanto, i terroristi di Hamas dopo un lungo cercare hanno ritrovato le divise da terroristi e liberato tre ragazze. Durante la puntata di domenica di “Che tempo che fa” Fiorenza Sarzanini, vicedirettore del Corriere della Sera, ha detto: «Mi ha fatto molta impressione vedere oggi queste immagini di Gaza perché a Gaza c’erano questi uomini armati con il viso coperto in festa e non c’erano i civili ed è questo che secondo me sempre ci dobbiamo ricordare, che sono morti migliaia di bambini, migliaia di civili». Non credo che Sarzanini pensi che tutti i civili palestinesi siano terroristi, il che tuttavia spiegherebbe perché secondo lei non c’erano civili. Non credo nemmeno che non abbia visto i filmati della liberazione degli ostaggi. Non so perché trovi che la cosa impressionante di quel video sia una cosa che secondo lei non c’era.
Quello che so è che ho gli occhi. C’erano bambini, maschi adulti non in divisa, terroristi, quello che non c’era erano le donne, se non le tre ragazze. In nessun universo dire che quello che ha detto non era vero significa negare la realtà. Se non sembrano civili, è probabile che non lo siano. E se lo sembrano?
A Londra sono state arrestate settantasette persone durante una manifestazione di solidarietà con la Palestina. Volevano manifestare vicino a una sinagoga perché l’ambasciata è un posto poco antisionista. Insomma, per quindici mesi persone di buon cuore, professori, giornalisti, attivisti, scrittori, Jews Voice for Peace e transfemministe hanno detto: cessate il fuoco. Bene. Hanno cessato il fuoco. Bene. No, non va bene. Gente di buon cuore, professori, giornalisti, attivisti, scrittori, Jews Voice for Peace e transfemministe hanno detto: credete che basti? Deve finire quando ve lo diciamo noi. Non i civili palestinesi bombardati, non le famiglie degli ostaggi, non Israele, non Hamas, non l’Onu: lo devono dire loro. Gli anni spesi a parlare di sindrome del salvatore bianco, di salute mentale, di “bambini, salvate i bambini”, ha prodotto proprio questo: vi dico io occidentale bianco quanto e come potete vivere, ragazze rapite e messe sottoterra per un anno che stanno benone, bambini coi fucili in mano simbolo della resistenza o bambini morti che non sono bambini ma bambole. Se sembra una tigre, è probabile che lo sia. Le famiglie delle persone uccise dai prigionieri palestinesi liberati da Israele nello scambio con gli ostaggi hanno fatto ricorso alla Corte Suprema per non liberare uno dei detenuti nella lista.
Ho pensato molto a cosa avrei fatto se l’assassino di mio figlio o di mio marito o di qualunque altro mio parente fosse lasciato andare via per liberare un ostaggio. Se sembra la scelta di Sophie, probabilmente lo è.