Se si ha la fortuna di incrociare lo sguardo di Lorent Saleh, è possibile rintracciare nelle linee del suo volto e nelle espressioni appuntite la rabbia e l’amore per la libertà che il popolo venezuelano in questi mesi ha sbattuto in faccia al mondo intero. Lui, freedom fighter, prigioniero delle carceri chaviste, uno dei nemici numero uno di Nicolas Maduro, torturato e salvato da una mobilitazione internazionale che lo ha portato a essere insignito nel 2017 dal Parlamento Europeo del Premio Sakharov (così come quest’anno i suoi compagni di lotta dell’opposizione democratica María Corina Machado e Edmundo González Urrutia), incarna, come scrive il poeta Eugenio Montejo, il «fragile miracolo di esser vivi».
Saleh parla dall’esilio spagnolo, in cui lotta e organizza la resistenza contro Maduro. E come fa chi porta le ferite sulla pelle di una dittatura, non fa sconti a nessuno.
Sono ore di tensione in Venezuela: prima l’arresto e poi il rilascio di María Corina Machado. L’opposizione spinge nelle piazze e Maduro si barrica nel palazzo e si autoproclama Presidente: quanto riuscirà questa volta la macchina repressiva a impedire la liberazione dei venezuelani?
Nei venticinque anni in cui il regime militarista si è insediato in Venezuela, è riuscito a mettere sempre più a punto il suo apparato di controllo, che si basa sul terrorismo: perseguitare, sequestrare, torturare e uccidere chi non si sottomette completamente al sistema. Solo nei primi dieci giorni del 2025, il regime venezuelano ha sequestrato settanta persone, tra cui giornalisti, minori, attivisti per i diritti umani e leader politici. Il numero di persone rinchiuse nei centri di tortura in Venezuela supera ormai i duemila. E sebbene siano sempre più violente, abbiamo visto come il 9 gennaio la gente sia scesa in piazza in tutti gli Stati venezuelani per dimostrare il proprio rifiuto delle elezioni rubate.
Cosa sta succedendo nelle gerarchie e nel cerchio magico di Maduro?
La coesione interna del regime si basa sulla complicità nelle attività illecite che commette, simile allo stesso modus operandi delle mafie tradizionali. La natura del sistema venezuelano è quella di un’organizzazione criminale che ha dirottato le istituzioni statali e si dedica al traffico di droga, alle estorsioni, alle miniere illegali e al contrabbando. Il controllo di tutte queste attività è condiviso tra i militari. Tuttavia, i ranghi delle forze armate e della polizia – cioè le truppe – non godono più di tutti i privilegi di cui godevano nei primi anni del regime. Per questo motivo, secondo i registri elettorali originali che è stato possibile recuperare e che ora sono protetti dalla Banca Centrale di Panama, Nicolás Maduro ha perso nei seggi elettorali delle caserme militari.
È stato possibile ottenere l’86% dei verbali dei seggi elettorali e metterli al sicuro grazie al supporto dei soldati che presidiavano i seggi stessi. Ora, come è possibile che in questa situazione non si sia arrivati a un crollo della struttura militare? Ebbene, a causa del terrore a cui sono sottoposti i ranghi interni. Gran parte dell’apparato repressivo – i servizi di intelligence e controspionaggio del regime – si sono concentrati sul controllo delle truppe negli ultimi cinque anni. Ecco la ragione delle centinaia di militari nei centri di tortura. Se ci fate caso, Maduro ha fatto della Dgcim (Direzione Generale del Controspionaggio Militare) e delle Milizie Armate il suo principale braccio esecutivo e il principale elemento responsabile della sua sicurezza: infatti, erano a capo dell’intera operazione di sicurezza durante l’inaugurazione illegittima del 10 gennaio.
Hai vissuto sulla tua pelle l’orrore del regime. Sei stato imprigionato, torturato e vivi in esilio in Spagna. Molti subiscono lo stesso trattamento, eppure Maduro ha goduto di un’enorme impunità. Chi sostiene il suo regime? Chi sono i suoi alleati in Occidente e nel mondo?
Attualmente i suoi due principali alleati sono il dittatore Daniel Ortega del Nicaragua e il dittatore cubano Miguel Díaz-Canel. Erano gli unici con lui alla manifestazione del 10 gennaio. Evidentemente, Russia e Iran hanno fatto del Venezuela la loro base operativa nelle Americhe. Ma c’è una realtà che merita di essere presa in considerazione: l’Europa continua a essere uno dei luoghi principali per il riciclaggio di denaro e per gli affari della dittatura; e lo stesso governo degli Stati Uniti per tutti questi anni ha finito per essere il principale finanziatore di questo regime a causa dell’acquisto di petrolio.
Esiste una saldatura tra i regimi illiberali, dalla Russia all’Iran passando per la Corea del Nord e il Venezuela. C’è anche una propaganda comune; molti sedicenti giornalisti sono abbracciati sia da Putin che da Maduro. Cosa pensa di questa guerra ibrida? E, secondo lei, l’Europa sta facendo abbastanza per combattere la disinformazione?
Questi regimi hanno un interesse comune: eliminare i sistemi democratici per espandere le loro reti criminali e le loro imprese. L’Europa finora poteva fare molto di più; ha dato troppo spazio a queste reti di riciclaggio e di propaganda.
Di cosa ha bisogno oggi l’opposizione venezuelana e cosa chiede all’opinione pubblica mondiale?
Primo: sostenere l’indagine della Corte penale internazionale sui crimini contro l’umanità commessi in Venezuela ed emettere un mandato di arresto per i responsabili. Essere coerenti con gli impegni assunti in materia di diritti umani e sanzionare tutti i funzionari del regime che commettono crimini contro l’umanità mentre godono di tutti i soldi dei loro crimini in Europa. L’Europa non può continuare a finanziare regimi criminali attraverso le sue aziende.
Secondo lei, l’Italia sta facendo abbastanza per sostenere il legittimo desiderio democratico del popolo venezuelano?
L’Italia sta facendo molto poco, al di là di foto e messaggi sui social media. Non si tratta più solo di sostenere i cittadini venezuelani che sono vittime di violazioni dei diritti umani, ma anche i loro cittadini italiani che sono tenuti in ostaggio nei centri di tortura da questo regime; hanno abbandonato il loro stesso popolo. Molte dichiarazioni e poche azioni.
Cosa chiederebbe al Presidente del Consiglio Giorgia Meloni?
Di rispettare i suoi doveri e impegni in materia di diritti umani, di bloccare le operazioni del regime in Italia, di chiedere l’immediato rilascio degli ostaggi detenuti nei centri di tortura, di imporre sanzioni ai funzionari del regime venezuelano con proprietà e affari in Italia, di chiedere alla Corte penale internazionale di accelerare le indagini. L’Italia non può più essere meta degli affari sporchi del tiranno venezuelano.
È di queste ore la notizia che un cooperante italiano, Alberto Trentini, è stato arrestato in Venezuela mentre portava aiuti umanitari lo scorso novembre. Da allora non si hanno notizie. La famiglia ha chiesto al governo di intervenire.
Come ogni dittatura, anche il Venezuela usa gli arresti proditori come merce di ricatto. Qualsiasi straniero nel Paese è a rischio sequestro. Costruiranno la narrazione che gli occidentali sono tutti mercenari e li useranno per negoziare affinché riconoscano Maduro come presidente.