Chiaroscuro Il 2025 sarà un anno positivo per la finanza, ma negativo per l’industria italiana

La ricerca presentata nella prima edizione del New Year’s Forum ha coinvolto centodieci esperti del mondo delle imprese, della ricerca, della comunicazione e della politica. E secondo Paolo Gentiloni: la nuova amministrazione Trump sarà «una sveglia per l’Europa»

Sarà un anno positivo per la finanza, ma negativo per l’industria metalmeccanica. E la crescita economica ne risentirà. Preoccupano molto il calo demografico e la sostenibilità del welfare, un po’ meno il mercato del lavoro. Prevale il pessimismo sulla tutela dell’ambiente. Ma l’elefante nella stanza restano i grandi cambiamenti nei posizionamenti geopolitici, con l’arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca e le nuove concentrazioni di potere.

È questo il quadro di grande incertezza che viene fuori per il 2025 dalle risposte dei centodieci esperti coinvolti nel New Year’s Forum, il nuovo think tank coordinato da Marco Bentivogli e Valeria Manieri, che si riunisce per la prima volta a Roma nella sua edizione zero, con un comitato scientifico composto da nomi come Marta Dassù, Ferruccio De Bortoli, Antonella Polimeni e Vittorio Emanuele Parsi. Lo studio, realizzato da Swg e FB&Associati, ha coinvolto esperti del mondo delle imprese, della ricerca, della comunicazione e della politica, interrogati sul futuro a breve e medio termine dell’Italia e dell’Europa.

Sulle prospettive per la finanza domina l’ottimismo: per il cinquantotto per cento degli intervistati, il 2025 sarà un anno positivo per i mercati, solo il 15,5 per cento non fa previsioni positive. All’opposto le prospettive per l’industria metalmeccanica: per il settantotto per cento, il 2025 sarà un anno negativo; solo il 4,4 per cento vede qualche spiraglio di positività. Il mercato del lavoro italiano per il 24,4 per cento andrà bene e per il 41,8 per cento peggiorerà. Scetticismo anche sulle prospettive di crescita per l’Italia (il 47,5 per cento è pessimista) e la qualità della vita, giudicata in peggioramento dal 41,6 per cento degli esperti.

L’Italia, secondo gli intervistati, ha grandi sfide davanti a sé per restare a galla. In primis la sostenibilità dei servizi di welfare (considerata una delle sfide prioritarie per il Paese dal quarantacinque per cento degli intervistati), seguita dalla gestione degli impatti del mutamento demografico (trentaquattro per cento). Agli ultimi posti, l’approvvigionamento energetico, l’efficientamento dei sistemi produttivi e l’uguaglianza di genere.

Gli esperti coinvolti nella ricerca prevedono per il prossimo anno una forte crescita della domanda di assistenza sanitaria, che richiederebbe però una riforma dei servizi territoriali e delle politiche di prevenzione, una rivalutazione del rapporto tra pubblico e privato, oltre che politiche mirate a garantire l’invecchiamento in salute. Dall’altro lato, però, la denatalità pone anche un problema di mancanza di manodopera, che potrà avere un impatto notevole sull’economia. Fondamentale sarà quindi, dicono, la capacità di produrre innovazione, da cui deriva anche la necessità di un forte investimento nell’istruzione.

Un’attenzione particolare viene posta dagli esperti intervistati ai cambiamenti in corso nel mercato del lavoro. L’aggettivo più usato per descrivere il futuro del lavoro è «sfidante». Le sfide dell’innovazione da un lato potranno disegnare un futuro di lavoro altamente qualificato capace di produrre ricchezza diffusa, ma dall’altro produrranno anche un diffuso lavoro povero e precario con impatti difficili da gestire dal punto di vista del consenso e della tenuta sociale. Solo il 5,8 per cento pensa invece che il lavoro umano sia destinato a scomparire, sostituito dall’intelligenza artificiale.

Sul fronte politico, poi, per oltre la metà degli esperti intervistati il nuovo anno presenterà non poche difficoltà anche per quanto riguarda le democrazie occidentali (sessantuno per cento di opinioni negative), la tutela dell’ambiente (cinquantacinque per cento) e i rapporti tra Stati Uniti ed Europa (cinquantatré per cento).

Un’attenzione specifica nella ricerca è posta sulla trasformazione delle democrazie in corso e sulle nuove concentrazioni di potere, anche se l’indebolimento dei sistemi democratici e il rischio dell’ascesa dei modelli autocratici in Occidente divide esattamente a metà le opinioni del gruppo di esperti.

Gli intervistati sottolineano quasi all’unanimità la perdita di centralità di istituzioni come l’Onu e l’Ue, che sembrano oggi incapaci di rispondere ai bisogni di cooperazione internazionale per cui sono nate. Allo stesso tempo, la riduzione della partecipazione sociale e politica e la tendenza ad accentrare le funzioni di governo da un lato e l’aumento della centralità delle grandi imprese tecnologiche dall’altro, aprirebbero a nuovi modelli di potere oligarchico e tecnocratico. Una nuova forma di potere, fondato sul controllo delle tecnologie e delle risorse che le alimentano. Davanti a questi scenari, secondo gli esperti coinvolti, i prossimi anni saranno centrali per definire il futuro dell’Unione europea nel panorama geopolitico internazionale. Ma solo un intervistato su quattro vede la possibilità di una reale transizione verso gli Stati Uniti d’Europa.

La necessità di una nuova centralità dell’Unione europea è stata sottolineata nell’intervento dell’ex premier ed ex commissario europeo Paolo Gentiloni. «Davanti alla concentrazione di potere delle grandi piattaforme, con il ritorno della logica degli imperi al centro degli equilibri internazionali, è un tempo complicato per chi scommette su un ordine multilaterale», ha detto Gentiloni. «Ci sarebbe bisogno di un potere buono, di una potenza che muove in una direzione favorevole».

E la scommessa non può che puntare su «una potenza europea». Che deve agire con velocità. Perché, ha detto Gentiloni, «non possiamo aspettare che si insedi il nuovo governo tedesco o che si stabilizzi il quadro francese. C’è una responsabilità enorme sulla commissione europea che deve prendere subito decisioni importanti. Draghi e Letta hanno indicato un percorso». Gentiloni si è detto ottimista, perché le sfide che arriveranno dalla nuova amministrazione Trump saranno un «sveglia per l’Europa». È nei momenti di difficoltà che «percorsi complicati diventano possibili».

 

X