Stato di dirittoNon fateci scegliere tra la giustizia politicizzata e la giustizia sottomessa alla politica

Per combattere lo storico protagonismo dei pm, il governo Meloni vuole piegare la magistratura all’esecutivo, come già avviene in molti regimi illiberali. Ma la democrazia si basa su contrappesi, non su giudici complici o pubblici ministeri persecutori

Unsplash

Vorrei che il Governo non mettesse ancora a dura prova la mia convinzione, stavo per scrivere fede, nella separazione delle carriere. Io voglio un giudice che possa giudicare, ascoltate accusa e difesa, senza il retropensiero che un giorno quel pubblico ministero cui dà torto si trovi a decidere della sua carriera nel Consiglio superiore della magistratura che li unisce, e senza che legami di altro genere possano influenzare le sue scelte. Voglio un pm che si batta per la sua convinzione di colpevolezza dell’imputato senza disporre di strumenti diversi dall’avvocato che gli si contrappone. 

Cose semplici che normalmente tutte le democrazie offrono in termini di garanzie ai cittadini. Però queste scorribande di Giorgia Meloni e dei suoi sostenitori, vecchi e ahimé nuovi, nelle terre fumose delle cospirazioni giudiziarie e geopolitiche alle volte mi creano dubbi. Vogliono davvero Meloni, Matteo Salvini, Antonio Tajani una magistratura sottomessa e condiscendente come cercano di ottenere gli amici della nostra presidente del Consiglio, come Viktor Orbán e i suoi camerateschi alleati?

La mia risposta è semplice: sì lo vogliono. Questo fa vacillare la mia fede? No, perché questa maggioranza politica agisce con la stessa mentalità delle toghe politicamente organizzate che negli ultimi trent’anni hanno cercato, spesso riuscendoci, di determinare le scelte politiche sottomettendole alla loro furia etica. 

Quindi calma e gesso. Combatteremo per la separazione delle carriere contro le prevaricazioni del potere giudiziario contro lo stato di diritto. Con la stessa determinazione ci opporremo a chi pretende la sottomissione della giustizia al potere esecutivo nel nome del primato della politica esercitato sullo Stato di diritto.Un primato che giunge fino a negare che vi fossero elementi di valutazione rilevanti dopo la liberazione e riconsegna al proprio paese, e alla propria terrificante mansione, di un crudele ufficiale omicida. 

Non basta a questo governo, e ai giuristi che ne avallano i comportamenti, che il giudizio finale sulla scelta compiuta, che ha motivazioni su cui concordo (la ragion di Stato, ovvero la tutela degli interessi delle aziende italiane e della vita di chi vi lavora) e altre da cui ogni persona civile dovrebbe dissociarsi (il buon funzionamento dei lager libici “a tutela dei nostri confini”), non basta dunque che il giudizio ultimo sull’avvio di un procedimento contro il governo spetti al Parlamento, cioè alla maggioranza, cioè alla Politica? Se non vi basta osservatevi per un attimo nello specchio delle toghe giustizialiste: quelle sguardo, quelle rughe, quel ghigno sono i vostri.

X