Mentre leggete è in corso una crisi sanitaria, un’emergenza addirittura epocale. Probabilmente non ci avete fatto caso, perché ci si abitua in fretta al mutare delle circostanze. Ma immaginate di tornare all’epoca della regina Vittoria e di trasportare nel mondo di oggi due o tre suoi sudditi della prima metà dell’Ottocento. Chissà che effetto farebbe loro il Ventunesimo secolo, con i suoi schermi luminosi, le strade piene di auto, gli aerei in volo e l’abbondanza di cibo nei supermercati! Resterebbero a bocca aperta. Ma poi non mancherebbero di osservare che in quei duecento anni l’aspetto della gente è molto cambiato. Siamo in media più alti dei contemporanei della regina Vittoria, ma siamo anche più… robusti.
E non occorre neppure la macchina del tempo per ritrovare un mondo popolato di figure più longilinee, molto più longilinee. Ripensiamo solo agli anni Sessanta: all’epoca la gente in sovrappeso era un’eccezione. Oggi, per contro, in Italia quattro adulti su dieci sono in eccesso ponderale (tre sovrappeso e uno obeso), anche se a livello di Unione Europea ce la caviamo ancora abbastanza bene, posizionandoci tra i paesi più attenti alla linea.
Nelle scuole primarie italiane, però, gli allievi in sovrappeso sono il 19 per cento, quelli con obesità il 9,8 per cento, con i maschi che presentano livelli leggermente superiori alle femmine. Le differenze sul territorio confermano poi un gap Nord-Sud consolidatosi nel tempo, in base al quale le regioni meridionali contano più persone obese e in sovrappeso rispetto a quelle settentrionali. Non è un buon segno, se si osserva la società nel suo insieme. Eppure l’epidemia di obesità non ha ancora raggiunto il suo culmine: anno dopo anno, sulla bilancia, stabiliamo sempre nuovi primati.
Se poi guardiamo al di là dell’Europa, i dati spaventosi non mancano di certo. Il paese più colpito, prevedibilmente, sono gli Stati Uniti, dove il problema interessa addirittura il settanta per cento della popolazione, e i cittadini in sovrappeso grave sono poco meno della metà. Ma questo non significa che la situazione non possa peggiorare ancora, anzi, è in progressivo aggravamento. Anche gli americani, anno dopo anno, fanno registrare nuovi record negativi.
Gli Stati Uniti non godono di buona fama, eppure esistono casi anche peggiori. L’ambiguo primato per la popolazione più grassa del pianeta va ad alcune repubbliche insulari del Pacifico. Un tempo queste isole distanti da tutto erano viste come paradisi terrestri: spiagge di sabbia candida, palme slanciate, coralli di ogni genere. Robert Louis Stevenson, il romanziere scozzese, scriveva: «Pochi degli uomini che visitano queste isole fanno ritorno. […] Nessun altro luogo al mondo esercita una seduzione più forte.»
Oggi, però, lo stato di salute degli abitanti induce a relativizzare non poco questa reputazione idilliaca. Su certe isole del Pacifico, tecnicamente parlando, non ci sono quasi più persone normopeso. La media regionale è inferiore al 20 per cento. Sull’isola di Nauru, addirittura, nove persone su dieci sono obese. Il record assoluto! L’ex paradiso del Pacifico ci lancia un segnale di allarme. È come una spia rossa che lampeggia per mettere in guardia il resto del pianeta: attenti! Per quanto male siate già messi, le cose potrebbero aggravarsi ancora! E infatti, nel complesso, peggiorano un po’ dappertutto.
Tra non molto l’intero pianeta avrà superato il discrimine fatale del cinquanta per cento, e allora gli individui normopeso saranno l’eccezione. L’elenco dei paesi problematici è distribuito in modo uniforme a livello geografico: Turchia, Messico, Arabia Saudita, Cile, Bahamas, Nuova Zelanda, Iraq, Malta, Israele e via discorrendo.
L’emergenza riguarda tutte le etnie, tutte le religioni, paesi grandi e piccolissimi, quadri climatici e livelli di benessere molto diversi tra loro. Perfino in Africa l’obesità avanza a passi da gigante. In diversi paesi africani la popolazione media è ancora al di sotto del peso forma, ma anche nel continente più povero del mondo ci sono aree dove predominano i soggetti in sovrappeso. Nei casi più eclatanti, come per esempio il Sudafrica, l’obesità si sta allineando ai livelli degli Stati Uniti.
Per cui è inevitabile domandarsi: che cosa sta succedendo di preciso? La salute e la linea non ci interessano più? Al contrario! I nostri amici del primo Ottocento troverebbero incomprensibile la nostra ossessione per il peso forma. Non facciamo che parlare di calorie e integratori alimentari, saltiamo da una cura dimagrante all’altra. Gli studi mostrano che circa la metà dei soggetti adulti cerca di perdere peso almeno una volta all’anno. Senza riuscirci quasi mai. Perfino chi ottiene risultati poi tende a ricadere nella situazione di partenza. In media, il soggetto recupera metà del peso perduto nel giro di due anni al massimo. A distanza di cinque anni ne riprende l’ottanta per cento. Qualcosa, decisamente, non torna.