"Dio ci ha creati liberi e ci porterà la libertà"
Lunedì era il Martin Luther King day, festa nazionale negli Stati Uniti. Il presidente George W. Bush ha commemorato il reverendo dei diritti civili con una cerimonia intitolata "Let Freedom Ring", durante la quale ha premiato Colin Powell come la persona che nel 2004 ha rappresentato al meglio gli ideali di King. Bush ha detto che "ogni anno, in questo giorno, ricordiamo la storia dei diritti civili in America. E’ la storia dei nostri padri fondatori, alcuni dei quali erano anche padroni di schiavi, che dichiararono uno standard di uguaglianza e giustizia che un giorno sarebbe stato usato per mettere fine alla schiavitù. E’ anche una storia di una guerra terribile che ha liberato uomini e donne dalle catene, ma non dall’oppressione e dalla segregazione". Ma, ha ricordato Bush, è anche una storia di americani come Martin Luther King Jr. che si sono battuti per far diventare legge quegli standard di uguaglianza e libertà. Bush ha sottolineato un aspetto del messaggio di King che spesso viene dimenticato nelle rievocazioni politicamente corrette: "Martin Luther King sapeva che il diritto dell’uomo a essere libero alligna ben oltre le costituzioni di un paese. Credeva e sapeva che l’immagine di Dio è la fonte della nostra dignità come esseri umani e la base della nostra uguaglianza. Credeva e sapeva che gli insegnamenti di Gesù hanno abolito il castigo eterno dell’oppressione. Credeva e sapeva che lo stesso Dio che ci ha creato liberi ci porterà la libertà". I have a dream, ma anche I have a prayer.
Gingrich, un modello per i liberal
Newt Gingrich improvvisamente è diventato un modello per i democratici. L’ex deputato della Georgia, che negli anni Novanta fu la bestia nera di Bill Clinton e che iniziò una campagna populista e libertaria senza precedenti contro la corruzione al Congresso di Washington, oggi è tornato di moda anche tra gli eredi del clintonismo. Nel 1994, con il suo celeberrimo "Contract with America", Gingrich portò i repubblicani a controllare sia il Senato sia la Camera, una cosa che non succedeva da 40 anni. Oggi, dopo anni all’American Enterprise e con due romanzi storici all’attivo, Gingrich sembra pronto a candidarsi alla successione di George W. Bush nel 2008. Il nuovo libro, "Winning the future: a 21st century contract with America" (Regnery), è considerato un vero e proprio manifesto politico elettorale. Dentro ci sono tutti gli elementi del suo successo degli anni Novanta: la riforma della sanità, la privatizzazione delle pensioni, la responsabilità fiscale e una certa idiosincrasia nei confronti delle rigidità ideologiche del partito. "Sono un Henry Kissinger in versione politica interna", ha detto di sé l’ex speaker della Camera. Ma Gingrich stavolta ha fatto un passo in più. Nel quarto capitolo del libro, intitolato "Riportare le Corti a rispettare la Costituzione", Gingrich si lancia in una tirata contro l’interventismo antireligioso dei giudici, un chiaro tentativo di conquistare la simpatia dei social conservatives che non l’hanno mai amato e di cui lui non si è mai occupato. Gingrich nel libro si dilunga sul divieto di pregare e di giurare fedeltà alla nazione "under God". La strategia per far rispettare questo diritto è, come capita sempre a Gingrich, aggressiva e innovativa: suggerisce un percorso costituzionale per mettere in stato di accusa (impeachment) quei giudici che lo negano. Il settimanale liberal The New Republic, la rivista che negli otto anni di Clinton era lettura obbligata per capire le mosse dell’Amministrazione, nel numero in edicola pubblica un lungo saggio con cui si suggerisce ai democratici di prendere esempio da Gingrich. "Imparare da Newt", questo il titolo, invita la leadership del partito a utilizzare la radicale proposta di riforma della previdenza sociale preparata da Bush per organizzare una vigorosa battaglia parlamentare. Il modello dovrà essere l’ossessiva e vincente campagna di Gingrich contro la riforma sanitaria di Bill e Hillary Clinton. L’idea piace, si fa strada. Ieri, sul New York Times, David Brooks ha chiamato i suoi sostenitori i "Gingrich democrats".
Kofi Annan nomina un ministro di Bush
Il segretario generale delle Nazioni Unite continua la sua strategia per allentare le tensioni con George W. Bush. Dopo aver sostituito il pakistano Iqbal Riza, come capo del suo staff, con il britannico filoamericano Mark Malloch-Brown, Annan ha nominato Ann Veneman alla guida dell’Unicef. Veneman è stata ministro dell’Agricoltura nei primi quattro anni di Bush. All’Unicef sostituisce la contestatissima ex parlamentare del partito democratico, Carol Bellamy.
Nuove firme bipartisan al New York Times
Il magazine domenicale del New York Times ha assunto due nuovi giornalisti e scrittori. Il primo è il neocon Christopher Caldwell, un opinionista del Weekly Standard e del Financial Times molto attento alle cose europee. L’altro è Nicholas Confessore, un giornalista liberal prima al Washington Monthly poi al settimanale American Prospect. Entrambi hanno esordito con lunghi articoli sui temi di loro competenza. Caldwell con un ritratto del britannico Robert Kilroy-Silk, il leader del partito antieuropeo Ukip. Confessore, invece, ha raccontato i pericoli dell’ossessione anti tasse del presidente Bush.