Camillo di Christian RoccaBye, bye paese normale

Massimo D’Alema era noto perché voleva vivere in un “paese normale”, ma da ministro degli Esteri è diventato l’alfiere di un “paese impazzito”, l’unico del mondo occidentale a essere governato da due partiti comunisti e ad aver delegato la politica di sicurezza nazionale al primo procuratore della Repubblica che voglia giocare al piccolo antiamericano, magari chiedendo l’arresto degli agenti Cia e Sismi impegnati in operazioni antiterrorismo e capace di trasformare i reclutatori di kamikaze nei nuovi fratelli Rosselli.
Non bastava la sit-com farnesiniana spacciata per politica estera discontinua né la comica del voto parlamentare contro la relazione del proprio ministro della Difesa. Non erano sufficienti nemmeno le passeggiate a braccetto con gli Hezbollah, gli incontri con Ahmadinejad, l’equidistanza con Israele e i bye bye Condi sussurrati al porto di Marettimo. C’era, in effetti, da aspettarsi di tutto da un paese impazzito che ha perfino cercato di scaricare sul consiglio di quartiere di Vicenza la gestione di un trattato internazionale e che è così surreale da aver ricevuto il rimbrotto pubblico dagli ambasciatori di mezzo mondo. Ieri, infatti, ne è capitata un’altra: l’ordinanza di rinvio a giudizio del soldato americano che aveva sparato sull’auto di Nicola Calipari e Giuliana Sgrena ha definito l’uccisione dell’agente italiano “un omicidio politico”. Sì, politico.